In occasione del quindicesimo anniversario del ROBOT Festival, tra i protagonisti spicca la vocalist e compositrice Lyra Pramuk, autrice del Manifesto del ROBOT15. Durante la seconda giornata del Festival, ha presentato in esclusiva il suo spettacolo inedito “Communion” presso l’Oratorio San Filippo Neri.
Il ROBOT15: Transition – Gender, Digital, Green
Il termine chiave scelto per quest’anno è “transizione“, una parola che sempre più spesso sentiamo nel dibattito quotidiano, soprattutto in relazione alla questione ecologica che caratterizza il nostro tempo. Tuttavia, la transizione di cui si fa portavoce il ROBOT festival nella sua quindicesima edizione non è solo legata agli aspetti ideologici dell’ecologia, ma si estende anche alla transizione di genere e digitale. In questo spazio-tempo ritagliato dal ROBOT festival, l’umano entra in sintonia viscerale con le sonorità elettroniche prodotte dalla vasta gamma di artisti presenti.
Lyra Pramuk diventa così un’icona e portavoce del festival, essendo un’artista che si muove nel substrato digitale, impegnata politicamente su tematiche ecologiche e che ha vissuto sulla propria pelle il lungo processo di transizione di genere.
L’incontro, ormai consolidato nelle varie edizioni, tra l’umano, il post-umano e il più-che-umano in una simbiosi ibrida, ci invita a riflettere sulla natura stessa dell’umanità contemporanea. Citando le parole della stessa Pramuk presenti nel Manifesto del ROBOT15, alla fine dei conti, il concetto di transizione è intimamente legato all’interrelazione tra gli esseri — viventi e non viventi, animali umani e non umani, e così via — e ci pone una domanda che ci spinge a riflettere sulla condizione umana: “Che cosa siamo noi, se non una transizione?”
Il Festival propone una fusione tra umano e post-umano attraverso la sinergia tra musica elettronica e filosofia ecologica, intersezionale e transfemminista, in linea con i pensieri di Paul B. Preciado per esempio sul concetto di corpo. La “transizione” diventa così un concetto che riguarda non solo la trasformazione ecologica, ma anche l’evoluzione delle identità, delle relazioni e della soggettività umana che diventa sempre più ibrida.
Il live
Le lancette indicano le ore 19:30 e un pubblico diversificato per genere e generazione attende con trepidazione l’inizio dello spettacolo esclusivo di Lyra Pramuk. Le luci si spengono all’interno della suggestiva cornice dell’Oratorio San Filippino Neri, che aveva visto poco prima lo spettacolo della leggenda della musica elettronica sperimentale Drew McDowall.
Dopo un lungo minuto di attesa entra finalmente Lyra Pramuk avvolta da un’aura magica. Inizia lo spettacolo con un messaggio politico importante, soprattutto dovuto ai tempi di crisi in cui ci troviamo. Un messaggio di vicinanza chiaro verso tutti gli esseri viventi che stanno soffrendo in questo momento per mano dell’ignoranza dell’uomo. In un momento che si potrebbe definire quasi teatrale l’artista prima di iniziare la sua performance recita una poesia di Paul Celan.
Dalle parole di quest’opera inizia il suo spettacolo, un viaggio nei suoni elettronici e sperimentali accompagnati dalla voce ultraterrena di Lyra Pramuk. In questo spettacolo unico ed esclusivo per il ROBOT Festival sono presenti alcuni pezzi inediti, ma anche alcuni brani presenti nel suo album d’esordio “Fountain” rilasciato nel 2020 dalla label islandese Bedroom Community.
L’artista utilizza la sua voce come strumento di espressione, non tanto per comunicare attraverso le parole, ma impiegandola come un vero e proprio strumento musicale. I suoi vocalizzi sembrano provenire da un altro mondo, non terreno, e sono spesso manipolati attraverso l’uso di sintetizzatori e laptop.
In questo viaggio musicale e sonoro, veniamo catapultati nel mondo di Lyra Pramuk, in un percorso in costante ascesa e quasi catartico, con una perfetta fusione tra sonorità classiche ed elementi elettronici: un genere che l’autrice stessa definisce “folk futurista”.
Conclusione
Per concludere, è doveroso menzionare la presenza scenica di Lyra Pramuk e il suo modo quasi teatrale di muoversi sul palco. Il mix tra la cornice tardo-barocca dell’Oratorio San Filippo Neri, i giochi di luci e ombre, alcuni video mapping proiettati in vari momenti dello spettacolo e i movimenti corporei e catartici dell’artista hanno contribuito a creare uno spettacolo affascinante e mistico, culminato in uno standing ovation.
a cura di
Skipper Fonzy Amgao
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