Il Cinema Ritrovato, giorno 6 – Bellocchio in prima pagina!

Il Cinema Ritrovato, giorno 6 – Bellocchio in prima pagina!
Condividi su

Il sesto giorno de Il Cinema Ritrovato 2024 ci regala un pomeriggio speciale in compagnia di un ospite d’eccezione, ma non nuovo al Cinema Modernissimo: Marco Bellocchio! Prima chiamato ad aprire il suo film “Sbatti il mostro in prima pagina” – opera che ha segnato profondamente il panorama cinematografico italiano -, poi per una piacevole conversazione insieme al direttore Gian Luca Farinelli e all’attore-regista Sergio Castellitto.

Un giovedì che di tranquillo ha ben poco a Il Cinema Ritrovato 2024. Ore 16:45, caldo torrido, ma film “fresco di selezione”, se così si può dire: dalla rassegna Cannes Classic 2023, scelto da parte di Thierry Frémaux, ecco l’opera 52enne di Marco Bellocchio, spaventosamente attualeSbatti il mostro in prima pagina.

“Sbatti il mostro in prima pagina”, 1972 (82′)

Il regista ha aperto l’evento con una riflessione sulla genesi del film: “Sono entrato nel progetto in corsa, dopo che – probabilmente, ma non sicuro – Sergio Donati (n.d.r. sceneggiatore) si era ritirato dalla regia per motivi non del tutto chiari. È un film unico, in presa diretta sulla storia, fortemente combinata alla politica di quegli anni. Quella era l’idea di base”.

Il film, ambientato precisamente nel 1972 (due anni prima della nascita de “Il Giornale”, non da scambiare per l’ente presente nella pellicola), si addentra nei meandri della politicizzazione dell’informazione e delle dinamiche di potere che attraversavano l’Italia del tempo. In particolare, l’omicidio di una ragazza che diventa veicolo politico per la polarizzazione dei voti.

Non era ancora il vero terrorismo,” ha spiegato Bellocchio, “ma il germe c’era, eccome. C’era malumore dappertutto, anche sulla stessa estrema sinistra, polemiche nei confronti del PCI, detto revisionista e non rivoluzionario. Una miccia.”

E la stampa andava a nozze con la confusione sociale e politica totale. Lo vediamo perfettamente nelle scene di riunioni de “Il Giornale”, rappresentazione fittizia del “Corriere della Sera”, colosso editoriale che al tempo era un deus ex machina capace di influenzare le elezioni. Gian Maria Volonté, nel ruolo del capo cronaca, utilizza il giornale per condizionare le menti, questione particolarmente interessante considerando che durante le riprese si stavano svolgendo vere elezioni, visibili nel film stesso.

Foto dal funerale di Feltrinelli (1972)
Una coincidenza particolare

Un elemento simbolico potente è il funerale di Giangiacomo Feltrinelli, attivista morto in seguito ad un’esplosione, avvenuto casualmente nei giorni delle riprese e dunque incluso nel film. Si pensava fosse una morte politica, voluta dai servizi segreti,” ha commentato Bellocchio, quando invece – si seppe successivamente – fu una morte casuale perché esploso nel piazzamento di bombe per un attentato“. La storia di Feltrinelli è un gioco del destino che sottolinea l‘importanza di un fattore ormai all’ordine del giorno. Quello della bufala, le fake news.

La riflessione più profonda del regista bobbiese riguarda l’evoluzione dei pensieri sessantottini, e la loro eredità: A certe cose che credevo (e che ho creduto) diverse, ora non credo più. Un ammissione profonda, difficile, rammaricante, che mostra un cambiamento di prospettiva maturato nel tempo.

La presentazione si è conclusa con una nota di leggerezza. Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, ha scherzosamente detto al pubblico: “Vi interrogheremo tutti”, mentre Bellocchio ha aggiunto: “Ci direte cosa ne pensate? È una boiata, o è interessante? – Guardatelo, che dura poco!”, fra le risate.

Poco prima che le luci si spegnessero, il regista ha salutato due figure importanti presenti in sala: lo scenografo Andrea Basili, che ha contribuito alla ristrutturazione del nuovo cinema Modernissimo, e Gian Piero Brunetta, storico del cinema italiano.

Gian Maria Volontè in Sbatti il mostro in prima pagina (1972)
Dialogo tra Marco Bellocchio e Sergio Castellitto, moderata da Gian Luca Farinelli

Il dialogo per Il Cinema Ritrovato ha offerto al pubblico un’occasione unica per esplorare due grandi menti del cinema e la collaborazione artistica e istituzionale tra due giganti del settore.

Bellocchio e Castellitto hanno lavorato insieme in due film e mezzo (L’ora di religione (2002) e Il regista di matrimoni (2006), oltre che per un doppiaggio a Lou Castel in Gli occhi, la bocca (1982) – dove l’attore minaccio il romano per farlo desistere dal lavoro, fallendo.

Discutendo di quanto i dettagli apparentemente insignificanti della vita reale nel cinema diventino particolarmente importanti, Bellocchio ha raccontato un aneddoto sul film del 2002: “La scena della bestemmia. Mi interrogavo su come comportarmi. Da fare? Oppure no? Alla fine ho deciso che se era stata scritta – e l’avevo scritta io -, doveva essere fatta.” Per ammazzare la tensione, fu inserito un abbraccio consolatorio fra Sergio e il profano. Un abbraccio che nega un altro, mai avvenuto, fra Bellocchio e il fratello deceduto – “un rammarico”, discusso in Marx può aspettare (2021).

Tornando ad episodi di lavoro insieme, Castellitto ne ha tirato fuori uno simpatico dal cilindro: “Ero terrorizzato per una scena: avevo tre rottweiler addosso, e per farli calmare mi diedero dei croccantini da tenere in mano. E Bellocchio? Bellocchio rideva.. “Fu una scena molto riuscita.” ha risposto, “Sì, di terrore comico. ha poi concluso il romano, fra le risate del pubblico.

Castellitto in L’ora di religione (2002)
Due carriere (quasi) specchiate

Farinelli ha poi portato all’attenzione del pubblico una curiosità: Bellocchio voleva inizialmente fare l’attore ma è diventato regista, mentre Castellitto aveva il sogno della regia, iniziando poi però come attore. Un cammino (quasi) a specchio dei due. Castellitto ha spiegato il suo successivo avvicinamento alla regia: “Lo sono diventato solo per Margaret Mazzantini. La sua letteratura mi ha spinto a voler mettere in scena le immagini che mi faceva nascere in testa.

Il cineasta romano ha poi raccontato i primi anni nel settore: “Da giovane lavoravo in un’azienda. Seguii poi la scia dei ragazzi della mia età, un fiume che volle entrare in accademia. Quando annunciai alla mia famiglia di voler lasciare il lavoro per fare l’attore, i miei fratelli maggiori dal fondo della tavola non compresero le parole – eravamo davvero tanti in famiglia. Chiesero “Che ha detto? Dottore o attore? Attore”, e calò il gelo.”

Bellocchio invece fu ispirato da Marlon Brando, soprattutto dalla sua interpretazione de Il Fronte del Porto (1954). Ma, alla fine dei conti, la sua unica sua parte come attore fu in Marx può aspettare. Attorialmente sarei uno di quelli che si sarebbe sconcentrato nel vedere persone poco interessate sul set“, mentre per Castellitto impressionare “i primi spettatori” – elettricisti ad esempio – è sempre risultato fondamentale per notare la riuscita o meno della scena.

Quest’ultimo ha poi approfondito il concetto: “Per me la performance attoriale è totale. L’attore diventa penna: nella partitura il violino lo suono io, protagonista. C’è il regista, lo sceneggiatore, ma è l’attore che opera.” Cita poi due tipologie di attori: i Mastroianni, “sigaretta, caffè e recitazione”, e i Volontè, polemici che hanno da ridire su tutto ciò che è scritto. Di tutta risposta, Bellocchio ha aggiunto: Alcuni attori non recitano, parlano. Uno di questi è Mastroianni, l’altro è Castellitto, fra i ringraziamenti del collega e gli applausi della platea.

Prima attori e registi, ora anche presidenti

Parlando dei loro ruoli istituzionali, Castellitto ha menzionato il processo per l’ingresso nella Cineteca Nazionale – CSC, iniziato nel settembre 2023. Ha descritto la sfida di conciliare la vocazione culturale di conservazione e protezione con quella di formazione per il futuro: “È difficile e complicato, il tempo parlerà. Per Bellocchio, è un’altra storia – molte operazioni sono delegate a persone vicine, Farinelli in primis: “Magari in futuro qualcosa potrà cambiare, ha concluso poi.

Una riflessione sul trattamento della cultura in Europa e in Italia in rapporto alla politica ha avvicinato i due e le due istituzioni a cui sono a capo, aprendo a futuri sviluppi. E a proposito del Centro Sperimentale, Bellocchio ha ammesso la sua votazione finale al diploma di regia, 26/30. “Neanche il massimo?” ha scherzato Castellitto, suscitando ilarità e schiamazzi.

Cinema e giovani: la contagiosità

Il dialogo si è concluso con una riflessione sulla contagiosità del cinema. Castellitto ha raccontato di aver scoperto suo figlio Pietro, ancora adolescente, guardare La Notte (1961) di Antonioni sul cellulare. Un interesse che nei giovani nasce con il tempo e che bisogna far maturare nei canali che si vuole. “Questo è un mestiere che se un po’ lo odi, lo fai forse un po’ meglio”, ha osservato infine, aggiungendo che la capacità contagiosa del cinema deve essere aiutata.

Bellocchio ha parlato dell’interesse ritrovato della figlia Elena per il cinema, nonostante inizialmente fosse orientata ad altro (poiché laureata in architettura). L’attore e regista romano ha poi concluso: “Strana la cosa che i figli entrino poi nel cinema.”

Se io e Pietro ci incontrassimo entrambi trentenni, non ci capiremmo e ci staremmo sul cazzo. Ma se c’è talento, che per noi deve essere riconosciuto dagli altri, allora che cinema sia.

L’incontro, ricco di situazioni botta-risposta, si è concluso tra forti applausi e grande rispetto per due elementi stimatissimi nel panorama mondiale, lasciando il caldo pubblico del Modernissimo e de Il Cinema Ritrovato, pieno in un giovedì pomeriggio, con riflessioni e curiosità da sviluppare.

Bellocchio, Farinelli e Castellitto

a cura di
Francesco Pasquinelli

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – Il Cinema Ritrovato, giorno 3 – il magnetismo di Delphine Seyrig e la magia del cinema muto tra ieri e oggi
LEGGI ANCHE – Il Cinema Ritrovato, giorni 4 e 5 – in esplorazione di altre rassegne
Condividi su

Francesco Pasquinelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *