Goliardo e il brano “Amici”

Goliardo e il brano “Amici”
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Con un brano originale e curioso come “Amici”, Goliardo, pseudonimo di Riccardo Buono, prosegue sulla strada della pubblicazione del proprio primo lavoro.

Il giovane artista campano risponde ad alcune nostre domande.

Ciao Riccardo, tu hai iniziato suonando pianoforte “classico” e sei approdato al tuo attuale stile di scrittura: come si compie il viaggio da Satie all’hyperpop?

Credo non precludendosi nessun tipo di genere musicale se istintivamente piace. Almeno per me la musica si divide in: quella che piace ed emoziona, quella che non piace e non emoziona, che talvolta può anche essere molto stimabile ma non smuove nulla, penso a Stockhausen per esempio. Specialmente in ambito classico, secondo me, c’è un po’ di ipocrisia di fondo che tira gli estremi delle parole “emotivo” e “apprezzabile” solo per farle coincidere a tutti i costi. 

Qual è stata la tua reazione alla ricezione del pubblico del tuo primo singolo?

Nulla di particolare ahah, una persona elabora un’espressione personale e la condivide: ognuno può dire ciò che ne pensa, con la musica si gioca, specialmente ora che ce n’è troppa. Giochiamo giochiamo.

Come nasce “Amici”?

Dall’insofferenza che nutro fin da quando sono piccolo per un tema che è quello dell’adultizzazione dei bambini, se vogliamo dargli un nome, cioè quelle pressioni e mediazioni ipocrite degli adulti che interferiscono castrando o pressando la preziosità infinita dell’infanzia. Infinita e limitata, perché non ci sarà mai più un periodo del genere per tutto il resto della vita, ma a quanto pare a molti interessa solo non fare brutta figura sempre e comunque, cadesse il mondo. Non sia mai ridefinire cos’è realmente una brutta figura e dargli un’interpretazione personale. Gli amici di cui parlo io infatti sono amici d’infanzia. “Non insegnate ai bambini” di Gaber è esattamente ciò che intendo, oltre ad essere un capolavoro.

Raccontaci meglio della tua sfida a ciò che è “catchy” di cui parli presentando il tuo nuovo singoloCome vedi il prosieguo della tua carriera musicale? 

Semplicemente intendo che sfruttare sonorità e melodie  “catchy”, orecchiabili per riempirle però di contenuto sia secondo me sempre una bella trovata: basta pensare a Rino Gaetano con “Aida” o “Il cielo è sempre più blu”. Quando l’attenzione viene immediatamente catturata vi è una buona, quantomeno discreta possibilità che poi venga messa al servizio dell’approfondimento, della rilettura, e in quel momento non vi sarà il vuoto ad accogliere il soffermarsi dell’ascoltatore, ma contenuto. 

Il prosieguo della mia carriera è imparare  a tagliarmi i capelli da solo.

a cura di
Staff

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