“Imaginary” – la recensione in anteprima

“Imaginary” – la recensione in anteprima
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Oggi 14 marzo uscirà nelle sale l’ennesima fatica della Blumhouse Production, “Imaginary”, che si pone l’obiettivo di raccogliere l’eredità di M3gan e Five Nights at Freddy’s, cercando di portare paura e scompiglio nelle menti di chi lo guarderà. Ne sarà in grado?

Per quanto io ami i film horror, sono ormai anni che quel bambino spaventato che risiede ancora in me ne stia cercando uno che lo riporti a quella sera d’inverno lontana in cui, su canale 5, vide per la prima volta IT. A seguito della cui visione fece dormire i genitori in macchina, sprangando la porta di casa per la paura (forse non era proprio il caso che un bambino di dieci anni vedesse Tim Curry nei panni di Pennywise).

Da quel momento ho cercato con insistenza un film veramente spaventoso, senza trovare mai davvero qualcosa che mi appagasse appieno. Spesso, questi ultimi anni, ci sono più volte andato vicino, scontrandomi spesso con horror psicologici che, per quanto intriganti e degni di lode, non hanno mai soddisfatto la mia voglia di sana paura non imputabile ad un mero jump scare.

Questa mia ricerca sembrava aver trovato finalmente una conclusione quando, mentre ero in sala, mi sono imbattuto per la prima volta nel trailer di Imaginary, poiché l’idea di un orsacchiotto malvagio, se sviluppata bene, poteva rappresentare quella scintilla capace di portare l’oblio e la paura nel mio animo, Ma è stato veramente così?

Prodotto da Blumhouse Production e distribuito in Italia da Eagle Pictures, Imaginary sarà disponibile nelle sale italiane a partire da oggi 14 marzo. Un nuovo horror, che si candida come l’ennesimo di una lunga serie di film prodotti dalla casa americana, tra tanti bassi e pochi alti.

Questa recensione non presenterà alcun tipo di spoiler, ma descriverà le sensazioni e le emozioni da me provate nel corso della proiezione.

Il mio amico immaginario è cattivo

In seguito ad una serie di spaventosi incubi su un enorme ragno, Jessica (DeWanda Wise) torna a vivere nella casa della sua infanzia con il suo compagno e le figlie di lui, la piccola Alice (Pyper Braun) e l’adolescente Taylor (Taegen Burns). La protagonista vede in questo cambiamento la possibilità di creare un legame con le due figliastre, ma non sarà così semplice.

La donna è una scrittrice di libri per bambini e, a causa degli incubi, sta attraversando una fase di blocco che sembra insormontabile. Unitamente a questo, durante un gioco con la matrigna, Alice trova, nascosto nello scantinato, un orsacchiotto che sin da subito chiama Teddy. A tutti sembra che questo “nuovo amico” arrechi positività alla piccola, ma andando avanti il loro rapporto diventerà sempre più morboso.

L’orsetto, infatti, non è un semplice amico immaginario, ma un’entità maligna che si scoprirà voler rapire i bambini per acquisire la loro creatività. Ma quale rapporto unisce Teddy a Jessica?

Aspettative non mantenute

Partiamo dal presupposto che, almeno ad una prima visione del trailer, non si capisce che l’orsacchiotto viene visto dalla bambina come un amico immaginario, quindi l’idea iniziale del film cozza con la realtà dei fatti e le quasi due ore sono un mix di idee che potrebbero risultare geniali e causare – al contempo – cocenti delusioni.

Oltre a questo, la parte puramente horror si riduce a qualche jump scare (posizionato nemmeno troppo bene all’interno della storia) e ad un finale che, pur partendo da un’ottima idea di base, scema col passare del tempo a causa delle troppe parole.

In certi momenti del film, infatti, sembra quasi che gli sceneggiatori si vogliano rivolgere al pubblico per spiegare quello che sta succedendo, come se dall’altra parte della pellicola ci siano esseri non senzienti ed incapaci ad effettuare una mera critica di base.

Si passa, dunque, da un’idea dall’enorme potenziale ad un nulla di fatto. A ciò che poteva essere e che mai sarà. Ad un’idea che poteva diventare un franchise, o più semplicemente un film horror come non se ne vedeva da tanto tempo, risultando invece un semplice “What if“.

Non tutto è da buttare via

Tuttavia, non tutto Imaginary risulta da buttare: l’utilizzo di una CGI decisamente ridotta rende il film più vero. Il mostro sembra quasi preso dagli animatronici di Five Nights at Freddy’s e, per quando risulti a tratti eccessivo, contribuisce a conferire alla pellicola quel leggero senso di ansia utile alla trama.

Ma è la fotografia a rappresentare il vero punto di forza. Curata al punto giusto, sopperisce a molti dei problemi di sceneggiatura del film, mentre la color, invece, non riesce a dare il giusto senso alla pellicola. Forse troppo brillante per il genere e mai veramente centrata, a tratti tende quasi a distrarre dal vero scopo di Imaginary.

In definitiva, il film è da buttare? No, Imaginary risulta una pellicola godibile ed aperta ad un ampio pubblico, tanto da poter essere considerata come una horror comedy. Ecco, se contestualizzato in questo genere il film risulta completamente centrato e il fatto che negli Stati Uniti sia stato classificato PG-13 rafforza questa mia teoria.

Consiglio Imaginary a tutti coloro che vogliono passare quasi due ore a godersi un film con quel filo d’ansia dovuto alla ricerca della paura, che vi accompagnerà per tutta la proiezione e vi farà uscire dalla sala con un misto di appagamento e rabbia per il potenziale inespresso che scaturisce da questo film.

Buona visione.

a cura di
Andrea Munaretto

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Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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