“Kintsugi”: i Voina raccontano l’arte di riparare e ripararsi

“Kintsugi”: i Voina raccontano l’arte di riparare e ripararsi
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Il 23 febbraio 2024, a distanza di nove anni dal loro esordio con “Noi non siamo infinito”, i Voina pubblicano il loro nuovo e quarto album “Kintsugi” per V4V

I Voina ritornano in una veste diversa, ma tutt’altro che nuova. La disfatta e le disdette della band abruzzese diventano il punto di ripartenza per un album che elogia il continuo processo di assemblaggio di un percorso comune. Le cicatrici, oltre a segnare la maturità del progetto, diventano i tratti distintivi di una storia dal finale incerto, ma sicuramente unica e sentita. I suoni di “Kintsugi”, infatti, trovano un perfetto compromesso tra i tratti che compongono da sempre l’identità dei Voina e degli elementi di innovazione.

“Kintsugi” è stato definito come “un inno alla disfatta e all’infinita voglia di continuare ostinatamente a risorgere. Un inno alle sfide quotidiane, un inno ai Voina che da più di dieci anni si infrangono contro questo strano mondo e ogni volta rimettono insieme i pezzi sapendo che alla fine sono proprio le crepe a far entrare la luce”. Vi faccio una domanda abbastanza retorica: riparazione e risurrezione possono coincidere?

Ciao! Assolutamente sì. In realtà sono due fasi di uno stesso percorso. Prima ci si ripara e poi si risorge.

Perché vale la pena rimettere insieme i pezzi, anziché ripartire completamente da zero, sostituire?

Perché non troverai mai un pezzo che coincide perfettamente quanto quello che si è rotto. Troppo spesso vogliamo cambiare le cose rotte con cose nuove. Riparare dà molto più valore che cambiare.

Nonostante questo concept, molti brani affrontano dei temi ampi e collettivi, delle problematiche sociali o interpersonali, più che personali; questi fenomeni raccontati influiscono in qualche modo sul processo di disfatta e di resurrezione che accompagna questo lavoro?

È vero, questo lavoro ha uno spiccato sguardo verso l’esterno rispetto a quelli precedenti. Sicuramente c’è una certa spietatezza nel raccontare la nostra società ma credo ci sia anche uno sguardo ironico che svela un certo grado di speranza. In questo senso anche ciò che ci circonda può essere distrutto per essere riscostruito un po’ meglio.

La fretta descritta in “Meteorite” che effetti ha sulla vostra scrittura?

La fretta è un tema molto caro alla nostra generazione. Bisogna essere veloci, puntuali, efficienti. E questo genera una rincorsa verso standard molto spesso irraggiungibili. Anche nel mondo della musica la fretta è diventata una vicina assillante. Bisogna pubblicare tanto, subito e velocemente. Il timore dietro questo è l’oblio, la paura di essere dimenticati. Credo che in qualche modo bisogna combattere la fretta perché non è mai madre della soddisfazione e delle cose fatte bene.

Riguardo la quarta traccia, i “Fortini” sono solo un nascondiglio da un mondo irrimediabilmente in declino o possono essere un punto partenza per tentare di rendere “la vita un po’ meno di merda”? In generale, “Kintsugi” è un album più disfattista o agitatore?

I “Fortini sono un posto dove rifugiarsi quando il mondo fa troppo rumore. Il problema è che a volte diventano una prigione perché ci si sta troppo comodi. Bisogna affrontare il mondo, se è possibile almeno in due. Per quanto riguarda “Kintsugi”, credo che sia un disco pieno di speranza.  A volte si confonde la critica con il pessimismo, ma come si può costruire una speranza se non si ha il coraggio di vedere le storture di ciò che ci circonda? La speranza non deve essere una nuvola, deve essere ben piantata a terra.

Parliamo di “Mal di gola”: come mai avete scelto di inserire una ballad acustica nel disco? In che modo si lega agli altri brani?

“Mal di gola” è un brano che avevo scritto qualche tempo fa in cameretta, un brano che non aveva nessun tipo di arrangiamento. Abbiamo provato a lavorarla in qualche modo ma ogni cosa che aggiungevamo gli faceva perdere quell’intimità così caratterizzante. Per questo abbiamo deciso di tenerla in purezza. Una canzone semplice che tra l’altro ha il valore di spezzare un po’ il fiato ad un disco bello tirato.

A breve partirà il tour; cosa dobbiamo aspettarci? Ci saranno delle novità rispetto a quello che siamo abituati a sentire e vedere ai concerti dei Voina?

Assolutamente no. A parte il fatto che suoneremo queste nuove canzoni. Nel bene e nel male, i Voina sono una band che pesta i palchi di tutta Italia da molti anni. Suoniamo live come si faceva una volta. Un palco, poche luci e cinque stronzi che danno tutto quello che hanno.

a cura di
Lucia Tamburello

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