Con una lettera manifesto si chiede l’esclusione di Israele dalla Biennale di Venezia

Con una lettera manifesto si chiede l’esclusione di Israele dalla Biennale di Venezia
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ANGA (Art Not Genocide Alliance) è un’associazione di artiste, artisti, e operatori e operatrici del mondo della cultura, che si sono riuniti per richiedere l’esclusione di Israele dalla prossima Biennale

Il manifesto e la petizione

Con una raccolta di oltre 14.000 firme, l’associazione chiede all’istituzione Biennale la chiusura del padiglione israeliano, a causa della violazione dei diritti del popolo palestinese da parte di Israele.

“La più alta corte del mondo, la Corte Internazionale di Giustizia, ha affermato che Israele sta plausibilmente commettendo un genocidio contro i palestinesi a Gaza.”

ANGA sottolinea anche come Biennale sia stata plasmata e cucita su un modello prettamente Eurocentrico. Un modello che affonda sul pregiudizio raziale e soprattutto geopolitico e questo dovrebbe far riflettere sulla diversa percezione che abbiamo di paesi e interi continenti che non sono considerati, da Europa e occidente, il centro della storia e della civiltà.

Questa riflessione ci viene fornita da ANGA stessa che porta avanti un esempio di doppio standard, ossia il conflitto tra Russia e Ucraina. Nel 2022 infatti Biennale ha rilasciato diverse dichiarazioni a sostegno del popolo ucraino: “del diritto del popolo ucraino all’autodeterminazione, alla libertà e all’umanità. “

E ancora: “Dal 1950 al 1968 il Sudafrica dell’apartheid fu scoraggiato dall’esporre e messo da parte quando la Biennale assegnò gli spazi. Nel 1968, sulla base della risoluzione 2396 delle Nazioni Unite, fu introdotto un divieto ufficiale di sospendere “gli scambi con il regime razzista”. Il Sudafrica non fu riammesso fino all’abolizione del regime dell’apartheid nel 1993. “

La posizione di Biennale e delle istituzioni

Se il ministro italiano della cultura, alla notizia della richiesta da parte di ANGA, ha ribadito: “Israele non solo ha il diritto di esprimere la sua arte ma ha il dovere di dare testimonianza al suo popolo […]” Biennale non si è assolutamente espressa.
La domanda per il ministro della cultura e per l’istituzione culturale stessa è che cosa ne è invece della cultura e del popolo palestinese uccisi brutalmente dallo stato di Israele con il benestare dell’occidente?

Queste sono le domande di cui si fa portavoce ANGA e che dovremmo farci tutte.

L’idea che l’arte e la cultura siano “un ponte tra le persone e le nazioni, non un muro di divisione”, è vecchia e stantia, inoltre non regge più viste le azioni del passato e quelle contemporanee.
È evidente che esistano paesi a cui è concesso il privilegio di costruire ponti mentre per altri l’unica condizione possibile è quella di essere relegati ai margini.

Così facendo non solo impediamo a paesi altri di raccontare ed esprimere la propria cultura e la propria arte, a legittimare ancora una volta la superiorità dell’arte europea, tutto questo è inoltre una grande perdita da un punto di vista della conoscenza di culture altre, di tradizioni e modi di fare, sentire e restituire l’arte e tutto ciò che ne consegue.

La rappresentanza

Ad oggi, infatti, Israele parteciperà, ma l’arte e la cultura non possono trascendere la realtà, anzi sono strettamente legate a doppio filo e l’esclusione di Israele da questa Biennale racconta come sia urgente per l’occidente prendere una posizione e, domani, riflettere su nuovi modi di rappresentare e restituire la cultura.

“Qualsiasi rappresentanza ufficiale di Israele sulla scena culturale internazionale è un’approvazione delle sue politiche e del genocidio di Gaza.”

a cura di
Letizia Servello

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Letizia Servello

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