“Lettere a me stessa”, dopo “la mia prima volta” torna Kabi Nagata

“Lettere a me stessa”, dopo “la mia prima volta” torna Kabi Nagata
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Dopo il successo di La mia prima volta, la fumettista Kabi Nagata ritorna con la seconda parte del manga dedicato alla sua vita privata.

Dopo aver rappresentato i temi della depressione, l’autolesionismo, i disturbi alimentari e quello della sessualità, in questo volume, Nagata analizza il difficile rapporto con i suoi genitori e le conseguenze dovute al successo del suo primo libro.

La mia prima volta ha riscosso un successo planetario, tanto da meritarsi il premio come terzo miglior manga femminile del 2017 in Giappone. Inoltre la rivista Teen Vogue l’ha incluso nella sua lista di migliori libri queer del Pride 2017. Amazon l’ha riconosciuto come uno dei migliori fumetti del 2017 e l’opera si è aggiudicata il premio Anime Awards nel 2018.

In questo volume l’autrice riparte da dove ci aveva lasciati, spiegando al lettore che dopo la fama, il suo editor l’ha incaricata di realizzare una serie tratta dalla sua vita privata, fatta sotto forma di diario personale.

Quando Kabi Nagata era una ragazzina infatti, in Giappone era uso comune che le studentesse tenessero una specie diario “in comune” (Kokan Nikki) dove condividere pensieri e sentimenti. Il diario veniva scritto e decorato con disegni e stickers, poi passato alle compagne per fare lo stesso. Anche Nagata alle medie, ne possedeva uno, solamente che lo teneva solo per sé.

È bastato un tweet in cui veniva raccontata questa cosa per far venire l’idea al suo editor.

Ogni capitolo di questo seconda opera diventa così, una lettera indirizzata a sé stessa. In ogni lettera/capitolo l’autrice analizza i propri pensieri e i propri comportamenti, li ricollega a traumi passati e cerca di trovare una soluzione per guarire da essi.

In particolare viene fuori il forte legame che ha con la madre, il senso di solitudine costante, il tema dell’indipendenza e dell’andare a vivere fuori casa.

Dopo il successo del suo primo manga, l’autrice si trova a dover affrontare la popolarità e a rispettare molte scadenze per produrre un’opera che sia quantomeno alla pari della prima. Tutto ciò si ripercuote sulla sua salute mentale, sulla sua scarsa autostima e la costante sensazione di non essere mai all’altezza. Inoltre, in questa seconda parte, l’autrice deve fare i conti anche con le recensioni negative dei suoi lettori. Reazioni che incidono sul suo autolesionismo e la sua depressione.

In seguito deve affrontare l’ansia di dover mostrare la sua opera ai propri genitori. Ansia più che comprensibile se consideriamo che l’autrice si è rivolta ad un’agenzia di escort per ricevere un po’ di affetto. E oltre a ciò, nel manga viene rivelato anche il suo vero orientamento sessuale, del tutto sconosciuto ai genitori di Kabi.

In questo volume, la mangaka deve fare i conti anche con un appuntamento romantico, che la fa riflettere sul suo modo di amare gli altri e sé stessa.

Il tutto rappresentato con uno stile di disegno semplice e con un tono autoironico. Caratteristiche tipiche di un’autrice che continua a trattare temi molto pesanti.

Il risultato è un manga che, a mio avviso, non è all’altezza della sua prima opera, ma che risulta comunque estremamente intimo e realistico. Realistico perché racconta i drammi esistenziali dell’autrice, senza filtri o censure. Intimo perché Nagata rivela apertamente le sue più grandi insicurezze e i suoi traumi.

E forse è questa la vera chiave del suo incredibile successo.

a cura di
Silvia Ruffaldi

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Silvia Ruffaldi

Silvia ha studiato Scienze della Comunicazione a Reggio Emilia con il preciso scopo di seguire la strada del giornalismo, passione che l’ha “contagiata” alle superiori, quando, adolescente e ancora insicura non aveva idea di cosa avrebbe voluto fare nella vita. Il primo impatto con questo mondo l’ha avuto leggendo per caso i racconti/reportage di guerra di Oriana Fallaci e Tiziano Terzani. Da lì in poi è stato amore vero, e ha capito che se c’era una cosa che voleva fare nella vita (e che le veniva anche discretamente bene), questa doveva avere a che fare in qualche modo con la scrittura. La penna le permette di esprimere se stessa, molto più di mille parole. Ma dato che il mestiere dell’inviato di guerra può risultare un tantino pericoloso, ha deciso di perseguire il suo sogno, rimanendo coi piedi ben piantati a terra e nel 2019 ha preso la laurea Magistrale in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Delle sue letture adolescenziali le è rimasto un profondo senso di giustizia, e il desiderio utopico di salvare il mondo ( progetto poco ambizioso, voi che dite ?).

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