Cesare Pavese: “La bella estate” del cambiamento

Cesare Pavese: “La bella estate” del cambiamento
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Come ogni anno, con l’avvicinarsi dell’estate, le case editrici si rifanno il trucco e vanno incontro ai lettori con copertine nuove o rivisitate e con “offerte che non puoi rifiutare”.

L’occasione è buona e ghiotta per riscoprire titoli passati, ma tirati a lucido. E’ così che ho incontrato La bella estate di Cesare Pavese.

Non era in realtà il nostro primo incontro: quante volte questo titolo mi è passato tra le mani! Ma è il libro a chiamare il lettore dallo scaffale e non il contrario. Quindi eccomi qui…

La trama

L’opera è la storia dell’amicizia tra Ginia, adolescente ingenua ma pronta ad affacciarsi alla vita e a buttarsi a capofitto in situazioni sconosciute e affascinanti, e Amelia, di soli pochi anni più grande ma che ha già vissuto molto, anche troppo.

Amelia strapperà Ginia all’innocenza della prima adolescenza e la porterà in giro per Torino, tra bar e caffè e, nelle sue giornate da modella, tra salotti e scantinati di pittori più o meno bravi.

La vita libera, provocante e sfrontata di Amelia sarà proprio la scintilla del cambiamento di Ginia che, in un’estate, scoprirà la passione che accompagna l’amore, il desiderio trasportato dai corpi non più acerbi e la gelosia che scoppia improvvisa.

Tra le gite nei rifugi colorati degli artisti, impregnati di effluvi di alcol e sigarette, Ginia si innamorerà di un giovane e affascinante pittore da cui si lascerà sedurre e che le farà scoprire una morsa nuova che attanaglia le viscere.

Della mia infanzia non mi restava altro che l’estate.”

(Fonte Pinterest)
L’opera

Una trama all’apparenza così semplice ci dona un Pavese nuovo rispetto a quello che abbiamo imparato a conoscere ne La casa in collina, La luna e i falò e negli altri suoi romanzi ben più noti di questo.

Sicuramente si ritrova il tratto caratteristico dello scrittore nei personaggi “orfani”, lasciati sempre un po’ abbandonati a se stessi. Come la protagonista, che vive sola con un fratello sempre assente per lavoro e di cui non si sa nulla dei genitori.

Questo vuoto viene così colmato da un’amicizia nata all’improvviso, quasi in maniera violenta come lo sono tutti i cambiamenti della vita.

Anche la scelta del romanzo breve sembra fatta solo per ricordare al lettore che non ci sono grandi speculazioni da fare: la vita cambia all’improvviso, si cresce d’un tratto, si scoprono amori e dolori semplicemente in un giorno d’estate.

E come improvvisamente nasce una nuova fase, così violentemente finisce. Il romanzo si interrompe nel bel mezzo dell’amicizia ritrovata con Amelia e non è dato sapere più niente delle due giovani donne: inizia una nuova vita, tutto qui.

Questa brevità può lasciare il lettore poco coinvolto ed è per questo che non ho mai amato particolarmente il romanzo breve. Non riesco ad affezionarmi ai protagonisti, in circa cento pagine, e non mi alletta l’idea di lasciarli sul più bello. 

Ma Pavese non abbandona il lettore in modo sterile. Chiusa l’ultima pagina restano tutte le sensazioni nascoste tra le righe, magistralmente scritte.

La sensazione delle sere d’estate dove si resta in giro fino a tarda sera, la giovinezza che trasuda dai pori della pelle, scanzonata e ingenua.

Si era fermata e si era messa a piangere perché dormire era una stupidaggine e rubava tempo all’allegria

 La scoperta di ambienti più bui e di personaggi più navigati, della disillusione che portano. Il calore che emana un corpo vicino, il sapore salato della pelle sulla lingua. La forza delle prime passioni amorose, animalesca e brutale. L’odio feroce, senza freni, che ne deriva.

Pavese scrisse queste brevi pagine nella primavera del 1940 ma, consapevolmente, scelse di ambientare tutto in estate.

L’estate che è la stagione della giovinezza e della spensieratezza, portatrice di esperienze e di avventure che si sopiscono col freddo inverno. Ma anche quella più fugace.

Cesare Pavese (fonte Pinterest)

Il romanzo termina bruscamente e senza una reale conclusione. Amelia andrà a prendere Ginia a casa sua per uscire, come ogni giorno, per tuffarsi in nuove esperienze partendo da un buon gelato insieme.

L’espressione più romantica di Pavese è l’emblema di tutta l’opera:

E’ bello vivere perché vivere è cominciare”

a cura di
Rossana Dori

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Rossana Dori

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