The Whale: Essere il capitano Achab di se stessi

The Whale: Essere il capitano Achab di se stessi
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The Whale lo possiamo racchiudere in un numero: 11 minuti, tanti sono stati in due festival gli attimi di standing Ovation per l’ultimo capolavoro di Darren Aronofsky che, dopo 10 anni di estenuante ricerca, ha trovato l’attore che potesse esaltare il protagonista del film.

La nascita in una serata a teatro

Il 23 Febbraio 2023 è uscito nelle sale italiane The Whale ultima fatica del regista Darren Aronofsky basato sulla Piece del drammaturgo Samuel D. Hunter coinvolto direttamente nell’adattamento cinematografico per cui firma la sceneggiatura.

Correva l’anno 2012 e Samuel D. Hunter mostrava al grande pubblico la sua ultima fatica teatrale, The Whale, il luogo era il Denver Center for the Performing Arts e durante questa prima assoluta era presente Darren Aronofsky che, una volta vista la pièce, si innamorò all’istante di quel gruppo di protagonisti che ad un primo impatto sembravano non creare empatia nel pubblico.

Una scena della pièce teatrale nel 2014

Hunter fu subito contattato da Aronofsky per adattare lo screenplay al grande schermo, un’adattamento non semplice vista la natura dell’opera teatrale e qui si notano tutti i limiti del drammaturgo che traspone in maniera quasi del tutto identica l’opera dietro la cinepresa non adattandosi per certi aspetti agli stilemi tipici della settima arte e per rimanendo certi versi limitata nella claustrofobia della fotografia, ma grazie a questo riesce ad esaltarne alcuni temi e l’immedesimazione nei personaggi.

“Ciò che amo di The Whale è il suo invito a trovare l’umanità in personaggi che non sono né totalmente buoni né totalmente cattivi, che vivono nella zona grigia in cui ci troviamo tutti e che hanno delle vite interiori estremamente ricche e intricate. Hanno tutti commesso degli errori, ma li accomunano un cuore enorme e il desiderio di amare anche quando gli altri sembrano rifiutare l’amore. È una storia che si pone una domanda semplice ma fondamentale: possiamo salvarci a vicenda? È un tema cruciale oggigiorno, specialmente perché sembra che sempre più spesso le persone tendano a non guardare l’altro e a voltargli le spalle”.

Darren Aronofsky

Salviamo la Balena Bianca

Charlie (Brendan Fraser) abita a Moscow, in Idaho, è un professore che insegna per un’università online, ma le sue lezioni si svolgono solo via computer e a telecamera spenta. Lui si vergogna di essere non accettabile fisicamente a causa del suo peso di oltre 270 kg e quindi si è ormai esiliato a casa sua dove non esce più da diversi anni e vive isolato dal mondo con la sola assistenza dell’infermiera e amica Liz (Hong Chau).

Dietro a questo suo atteggiamento autodistruttivo e a questa autoreclusione c’è in realtà un grave dramma nel passato del personaggio, che solo col passare del tempo e con l’invadenza giovanile del curioso Thomas (Ty Simpkins), un giovane propagandista religioso con un segreto che non vuole svelare, viene ad essere scoperto.

Quando Charlie capisce che il suo tempo sta per giungere al termine cerca la redenzione nei confronti della figlia Ellie (Sadie Sink), abbandonata 8 anni prima, cercando di dimostrare a sé stesso e non solo che qualcosa di buono nella sua vita lo può davvero fare.

Vista la tragicità della storia da più parti ci si è chiesto se fosse una storia vera questo The Whale ma, come detto dal regista e dallo sceneggiatore è pura finzione anche se gli elementi biografici nei confronti di Samuel D. Hunter ce ne sono eccome.

L’autore del dramma teatrale nonché sceneggiatore della pellicola ha molti punti in comune col protagonista: ha vissuto a Moscow, in Idaho, ha insegnato alla Rutgers University, è dichiaratamente omosessuale e in passato ha sofferto di gravi disturbi alimentari. Forse è proprio grazie a questa esperienza diretta che il messaggio del film non perde di potenza anzi, l’amplifica.

Una ricerca lunga 10 anni

Ci sono voluti 10 anni, come detto dallo stesso regista, per trovare l’attore adatto ad interpretare Charlie, poi il caso ha voluto che Aronofsky si imbattesse in un trailer di un film brasiliano con protagonista Fraser e lì capì che era lui l’attore che avrebbe fatto al caso suo.

Per l’attore è stata certamente una redenzione e una rivalsa su quel mondo che l’aveva fagocitato e risputato quando nel 2003 accusò pubblicamente Philip Berk, a lungo membro e presidente della Hfpa (Hollywood Foreign Press Association), di averlo palpeggiato durante un pranzo. L’uomo negò le accuse, ma poi inviò una lettera di scuse alla star de La Mummia.

La forza di un personaggio nel volto di un attore

Questo fatto allontanò Fraser per anni e ormai dimenticato ai più, ma non ai fan di Scrubs, si è preso la sua rivalsa nei confronti di quel mondo che non lo difese, ma lo sfrutto finché potette.

Avevo problemi alla spina dorsale, alle ginocchia e persino alle corde vocali. Sono entrato e uscito dagli ospedali per 7 anni. Non stavo bene, allo stress fisico si è aggiunta la depressione.

Brendan Fraser

Questi anni sono stati formativi per l’attore che ha rivelato durante un’intervista che non avrebbe potuto vestire i panni di Charlie in precedenza in quanto non aveva l’esperienza di vita o del dolore per capire il personaggio o il rapporto nei confronti di un figlio ed apprezzare la sua presenza nella sua vita.

Si è  voluto anche soffermare sul fatto che questo personaggio è legato ad altre sue interpretazioni su un aspetto che può sembrare strano: la fisicità. Questo perché come per il suo Rick O’Connell ne La Mummia l’obiettivo era usare il fisico per arrivare all’obiettivo finale, cosi anche per Charlie arrivare alla fine del corridoio era un obiettivo per non farsi vedere piangere da sua figlia.

Brendan Fraser alla premiazione dei Critics Choice Award

Questo suo percorso formativo ha creato un personaggio pressoché perfetto: Charlie è un padre, un professore, un malato, un’amante perduto; tutto questo lo si riesce a percepire chiaramente in ogni scena del film.

Le emozioni che riesce ad esprimere col volto ci porta ad immedesimarci nella sofferenza del personaggio e a chiederci se è veramente giusto quello che decide di fare a se stesso per redimersi, per far vedere a se stesso che in fondo è una bella persona.

https://youtu.be/Pn46ZZyzegc
Brendan Fraser alla premiazione dei Critics Choice Award

Se tu, come Charlie, che ho interpretato in questo film, stai lottando in qualche modo con l’obesità, o senti di trovarti in un mare oscuro… voglio che tu sappia che se anche tu riuscirai a trovare la forza di alzarti in piedi e andare verso la luce, succederanno delle cose belle.

Una Bomba di Emozioni che coinvolge tutti noi

Ad una prima visione superficiale il tema del film può essere ricondotto alla non accettazione del fisico, all’odiare se stessi e allo sconforto di non avere la forza di cambiare.

In realtà grazie, o forse a causa, della fotografia claustrofobica (i 4:3 aumentano il senso di soffocamento) dell’unica scena proposta, il divano di casa di Charlie abbiamo una serie di personaggi che esaltano i più disparati temi.

Con Liz abbiamo il tema dell’amicizia e della lotta a sopravvivere, con Thomas abbiamo il tema della curiosità, dell’accettazione ed in fine con Ellie il tema del perdono, della redenzione.

La visione del film da parte di persone diverse porta necessariamente ad esaltare uno o l’altro tema anche in base al vissuto personale.

Personalmente mi ha colpito profondamente il rapporto padre figlia proprio perché l’ho sentito direttamente rivolto a me questo ha portato, durante la visione della pellicola, le lacrime sul mio volto, ma anche un senso di vuoto inconsolabile dentro di me.

Tra queste parole si può arrivare a quello che il film ci vuole dare in un continuo intersecarsi di pessimismo e fiducia nel prossimo, inquietudine e bisogno di riscatto, pura cattiveria e accoglienza arriviamo a quello che è il vero fulcro del film che ci porta ad una riflessione sul senso del fare qualcosa per noi stessi e per gli altri che possiamo racchiudere in una frase del film: ”non credo che nessuno possa salvare qualcuno”.

Moby Dick è stato riscritto

The Whale è un film ricco di emozioni, sentimenti, lacrime, che può essere letto in molteplici modi, ha una costruzione letteraria di notevole qualità con attori che grazie a prove magistrali hanno meritato candidature all’Oscar sia come miglior attore protagonista che miglior attrice non protagonista.

Una reinterpretazione in chiave moderna del classico di Melville, da cui tra l’altro prende ampiamente spunto e viene citato a più riprese nella lettura della tesina che calma Charlie.

È un film commovente e assolutamente da vedere, ma non è un film perfetto, Aronofsky e Hunter hanno fatto un lavoro magistrale, ma non sono riusciti a scrollare di dosso alla sceneggiatura l’abito del teatro, cosa che limita necessariamente alcune scelte nel film che forse avrebbero dovuto essere differenti.

Director Darren Aronofsky, from right, Brendan Fraser and screenwriter Samuel D. Hunter pose for photographers upon arrival for the premiere of the film ‘The Whale’ during the 2022 London Film Festival in London, Tuesday, Oct. 11, 2022. (Photo by Vianney Le Caer/Invision/AP)

Il consiglio è di vedere questo film per uscirne completamente distrutti, ma con la consapevolezza di essere pieni di domande e fare una profonda introspezione per migliorare sé stessi.

Il 12 marzo ci saranno le premiazione degli Oscar, ricordiamo che la pellicola ha conquistato 3 nomination alle statuette dell’Academy rimanendo esclusa però da quella più ambita, il miglior film. L’augurio di tutti è che la rivalsa di Fraser passi dalla conquista della statuetta dorata per dimostrare a tutti, ma soprattutto a se stesso quale meraviglioso attore sia.

Buon cinema a tutti.

a cura di
Andrea Munaretto

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Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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