Iodegradabile, il nuovo album di Willie Peyote

Iodegradabile, il nuovo album di Willie Peyote
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“Il tema portante della puntata di oggi è il tempo e il rapporto dell’uomo con esso. Cercando di rispondere alla domanda: sapessimo il tempo che resta, sapremmo davvero usarlo meglio?”

Introdotte dagli accordi di una chitarra da accompagnamento, sono queste le parole, a mo’ di presentazione televisiva, con cui viene presentato il nuovo album del rapper torinese Willie Peyote, Iodegradabile.

È un lavoro di ampio respiro che conferma la penna sagace e irriverente di Peyote e segna una nuova fase che si sviluppa in continuità ai due precedenti lavori: Educazione Sabauda e Sindrome di Tôret.

Questi lavori costituiscono una delle fasi di “bildung” di Willie Peyote che ora allunga il suo sguardo su tutta la società, uscendo dai confini del rapporto con la sua città, Torino. Non che prima non fossero presenti spunti di riflessione sui fenomeni sociali, ma erano comunque in secondo piano rispetto all’esigenza del rapper di definirsi come persona. Ora in Iodegradabile, tutto questo trova maggior organicità grazie a questo tema del rapporto con il tempo che trova diverse declinazioni. Il tempo che fa da fil rouge al disco è quello dell’obsolescenza programmata che non rimane relegata agli aggeggi tecnologici ma si ripercuote anche sulle relazioni personali, come in La Tua Futura Ex Moglie, Quando Nessuno Ti Vede e Che Peccato.

I legami affettivi vengono infatti caratterizzati dall’ansia e dal timore di affezionarsi, perché si vive con la consapevolezza che tutto è fugace. Tutto scorre, direbbe qualcuno, ma in questo caso non si tratta del divenire dell’essere ma di legami che non riescono a lasciare un segno, di persone che vengono messe da parte con un pollice che ‘scrolla’ su uno schermo.

«Meglio se mi lasci stare subito e non ti affezioni/ non ho idea di come funzioni/ Con l’età si fa esperienza/ e con criterio impari a fare gli stessi errori/ ma molto meglio//» (Quanto Nessuno Ti Vede)

Proprio sulle dinamiche create dai social network si esprime tutta la sagacia di Willie. A furia di condividere la propria vita su internet, si è finiti per essere in una perenne e affannosa ricerca di consenso. Dietro un gesto banale come un like, si cela il morbo di una società interamente mercificata, in costante apprensione per la propria immagine sul Catalogo:

«Facciamo parte di un catalogo/ e siamo noi stessi a vendere il prodotto/ con le foto in primo/ in bella posa con la descrizione sotto/ Facciamo parte di un catalogo, sfogliamo sorridenti/ cercando recensioni negative dei clienti/ Tutti in vendita e tutti acquirenti//» (Catalogo).

A questo segue, quasi inevitabilmente, l’incapacità di accettarsi e la pretesa di voler sembrare ciò che non è davvero consono a noi stessi, ostentando i nostri lati peggiori, come in Miseri:

«Vi sentite importanti/ tutti con uguale diritto a provarci/ per lasciare un segno al mondo, incuranti dei danni//».

Il rapper non ci va leggero nemmeno con le realtà e politiche e giornalistiche del nostro paese spesso troppo impegnate nella sensazionalistica ricerca dei colpevoli piuttosto che in quella di soluzioni concrete. In Mostro ne ha per tutti: da Diego Fusaro a Toninelli (“quello più scemo coi ricci e gli occhiali anche un po’ mi somiglia”), dal Governo del Cambiamento (“a me sembra l’adattamento in italiano di ‘Scemo più Scemo’ chiamato Governo del Cambiamento”) alla piattaforma Rosseau, passando anche per i ‘blastatori seriali’ di Facebook (come non pensare a Enrico Mentana e Burioni).

Attori di un clima politico e culturale, che come denuncia in Cattività, non promuovono dialogo ma nutrono quel vuoto di empatia presente nelle persone che è come una gabbia in cui molte persone crescono in ‘cattività’, per l’appunto. Una gabbia dorata e ben arredata quel vuoto che chi si ostina a non confrontarsi e discutere, affidandosi a semplici slogan, nutre ogni giorno con la banalità.

In Mango, brano dedicato all’omonimo cantante, Willie Peyote ne ha anche per i suoi ‘colleghi’ artisti troppo impegnati a curare i propri profili social piuttosto che impegnarsi davvero nella musica. Inoltre, nel brano il rapper è come se racchiudesse il ‘manifesto’ della sua ‘poetica’, una consacrazione e una promessa fatta sia alla musica che a se stesso:

«Io mi sento responsabile di ciò che scrivo/ e non vi devo niente in cambio in più di ciò che scrivo/ Non voglio fare il divo però sputo finché campo/ Finché morirò sul palco chiedendo scusa come Mango».

Semaforo è infine il brano d’amore che chiude il lavoro e stempera le atmosfere mordaci e sarcastiche che lo hanno animato. Le energie negative si disperdono lasciando spazio a una disillusione che non è il frutto della rassegnazione ma della consapevolezza che certe esperienze e certi sentimenti vanno colti nella loro unicità. Vissuti ma non consumati:

«Preferisco quando l’arte arriva inaspettata/ Che non serve un palcoscenico, basta la strada/ E non serve un pentagramma o sceneggiature/ La routine serve soltanto per chi ha paura/ della libertà//».

Iodegradabile, le scelte musicali

A differenza di quanto sembrerebbe raccontare la copertina, Iodegradabile non è un disco che si presta ad essere scartato, ascoltato e poi gettato ma anzi è ricco di spunti di riflessione sull’attualità e si presta ad un ascolto approfondito. Ci poche parti rappate e vira verso linee melodiche molto più cantate, anche grazie al pregiato lavoro degli ALL DONE (Dario Panza, Luca Romeo, Danny Bronzini, Kavah e Frank Sativa, gli ultimi storici producer di Peyote) che creano il giusto, ricco e moderno accompagnamento musicale: tra funk, soul ed elettronica, passando anche per le trombe spagnoleggianti di Miseri.

Iodegradabile non presenta featuring, scelta in controtendenza rispetto all’attuale scena rap in cui su tendono molto a pubblicizzare i featuring. Segno di un’artista al quale inizia a star stretta l’etichetta di rapper. Non perché sia negativa in sé, sia chiaro, ma perché poco efficace a descrivere la sua musica.

Dopo aver superato l’educazione sabauda e la sindrome di Tôret, Gugliemo Bruno è diventato un autore a pieno merito.

a cura di
Angelo Baldini

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Angelo Baldini

Nato a Napoli nel 1996 studia Giornalismo e cultura Editoriale presso l'Università degli studi di Parma. Collabora con Eroica Fenice di Napoli e con ParmAteneo. Crede in poche cose: in Pif, in Isaac Asimov, in Gigione e nella calma e nella pazienza di mia nonna Teresa.

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