Diario di una Band – Capitolo Dieci

Diario di una Band – Capitolo Dieci
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“La strada che non ha strisce
Sarà la rotta sotto questa luna
Coi suoi problemi e coi suoi compromessi
E che ogni volta non ritrovi mai la stessa”

Litfiba

Sveglia alle 6:30 dopo aver chiuso il pub alle 4 stanotte e dopo aver bevuto qualche Guinness di troppo, un impresa che sembra impossibile vista la mia attitudine al sonno ma salto in piedi col sorriso e con qualche bestemmia tra i denti perché ci aspettano due giorni di concerti in terra svizzera. Tornare in tour è come andare in vacanza o alla gita delle superiori, l’impatto del risveglio è praticamente lo stesso, un cocktail tra svenimento e capriole.

Ritrovo alle ore 7:45 in sala prove per caricare il furgone e giocare cosi di prima mattina con strumenti, amplificatori e valigie al più classico “Tetrix”. Infatti vedo, ancora assonnato, i miei colleghi di scorribande in formato 8 bit.

Il “Tetrix” per l’appunto è divenuto ormai una sfida ardua e ogni volta diversa, insomma ogni volta una partita nuova. Puoi fare mille fotografie agli incastri millimetrici per far quadrare dopo la serata tutto al suo posto ma ci sarà sempre qualcosa che non torna all’appello e cosi l’obbligo di reinventarsi mille mosse alternative per inserire ogni componente del bagaglio da viaggio al proprio posto diviene inevitabile. Un cava e metti frenetico tra stanchezza e adrenalina, tra chi va al bar a prendere i caffè per tutti e chi controlla che alla valigia merch non manchi nulla: “magliette ok, felpe ok, spille ok, cd ok, vinili ok”, si sembra esserci tutto.“Dobbiamo trovare il modo di spendere questi cazzo di franchi svizzeri ragazzi, girano in cassa da due anni”. Metto la muta di corde nuove nella tasca della custodia della chitarra e mi chiedo dove siano finiti tutti i plettri che ho perso in questi anni perché anche ieri ho dovuto comprarne altri dieci. Penso che forse da qualche parte crescano alberi di plettri, non so quanti ne avrò seminati nel corso degli anni ma senza esagerare a un migliaio credo di esserci arrivato. Tra mille peripezie partiamo alla volta del lontano nord, dopo una veloce spesa al Conad per sopperire la fame di metà mattina e garantirci un dignitoso whisky per il palco ad un prezzo ragionevole.

E cosi la fase iniziale del viaggio parte tra chi ancora come me, non sa nemmeno dove si trova, in preda a un dormiveglia passivo, chi banchetta già avidamente rendendo il proprio sedile un’ inevitabile porcilaia, chi sistema gli ultimi cavilli lavorativi a telefono prima di staccare la spina e godersi la meritata tranquillità che solo il tour può regalarti.

La “lotta” che più preferisco, dalla quale però sono sempre esiliato perché prediligo l’ultima fila del furgone e guida praticamente mai, rimane quella del dj di giornata. Nobile e delicato compito che solitamente premia il temerario o i temerari che affrontano il sole in faccia nella primissima fila, affiancando e sostenendo il martire pilota che si immola per la causa. La magia parte dopo i primi insulti, immaginate in otto persone con influenze diverse, quale tipo di giungla possa essere decidere la musica da ascoltare. E qui si spazia in un illogico universo di generi e paradossi, un juke box alla cieca che sa tanto di roulette russa. E nella goliardia più completa però si afferra un concetto, si legge un’opportunità grande di assorbimento e immagazzinamento involontario. Avere a che fare da tanti anni con gusti diversi ed essere positivamente obbligato a conviverci, amplia il raggio d’azione d’ascolto, rendendo anche il più svogliato e menefreghista degli ascoltatori un forbito esperto di musica ad amplio raggio.

Sono passate ore e qualcuno dorme, qualcuno si isola in cuffia coi suoi pensieri, qualcuno guarda i Blues Brothers sul telefono e se la ride da solo, ovviamente comprensibile…maledetti nazisti dell’Illinois!

Il confine con la Svizzera è stato valicato, ma al contrario di tante volte passate questo giro le guardie hanno deciso di fermarci, farci accostare, controllare i documenti, scambiare qualche domanda e in poco tempo lasciarci andare congedandoci con “ah ma qualche settimana fa suonavano i Rumjacks in Belgio”. Rimango spiazzato da questa cosa e dal fatto che abbiano capito che genere suoniamo, ma un sorriso è bastato per smorzare gli animi e capire che l’abbiamo scampata senza la canonica “perquisa”, altrimenti poi sarebbe stato drammatico tornare a giocare a Tetrix, e di tempo di giocare per arrivare in tempo a Lucerna non ce n’è proprio.

Meno male che oggi abbiamo avuto la cortezza tutti di portarci appresso il documento di identità. Estate scorsa in tre abbiamo fatto due giorni di concerti, sempre in Svizzera senza il pass per il confine. Da veri “cazzoni” che siamo nei periodi di pre ferie i pensieri erano concentrati su altro ed è emersa la lacuna solamente all’altezza di Milano, ormai troppo tardi per compensare il danno con qualsiasi mossa. Fortunatamente nessuno ci ha fermato altrimenti ci sarebbe stato da ridere.

Dietrologie a parte ci rimettiamo in strada con Ivan Graziani e la rituale “Lugano addio”, cosi iniziano a intravedersi le montagne, il verde in tutte le sue splendide sfumature, laghi, tetti a spiovente e vallate rigogliose. Amo la Svizzera e la pace che trasmette, nonostante la loro metodica e rigida intransigenza verso ogni regola è sempre una cartolina in movimento che bilancia i caldi soffocanti di Cesena in questo luglio drammaticamente afoso. E la Svizzera garantisce alla band una multa garantita a passaggio, che sia per eccesso di velocità o sia per parcheggio in sosta vietata, oramai siamo fieri di questo personalissimo record.

Mi piace vivere questa realtà tanto inseguita, dando sempre un occhio a quanto sognavo da piccolo di poter fare cose come queste. Il tempo e la costanza però ti appoggiano inevitabilmente su di una abitudine meccanica che a volte ti fa perdere il senso della “missione”. Ma poi mi ricordo che sono in giro per l’Europa a fare quello che di più amo a portare alto il nome della mia terra e della mia gente. Per un Romagnolo avere la possibilità di lasciare un ricordo buono a chilometri da casa e lasciare pillole di dialetto, di goliardia e di animo buono è fonte di vita che rende inesauribile anima e corpo. I modi forse un po’ rudi ma diretti, il sorriso, la collaborazione, l’intesa e la positività legata a un piccolo esubero di volgarità rende i viaggi e le esperienze legate alla musica un vero e proprio prodigio, una pacchia, un privilegio.

Contando però che non è sempre facile mantenere equilibrio quando si è in tanti. Ma, per scaltrezza, attitudine e fortuna siamo ancora noi da otto anni, riuscendo a prendere decisioni più o meno importanti in breve tempo, mantenendo un’integrità di spirito sempre alta e un rispetto reciproco degno delle migliori famiglie. La chiarezza del rapporto, il lavoro svolto sul rapporto per l’appunto è stato l’innesco per far si che la musica sia il collante e il valore aggiunto di un’amicizia e non il contrario, e questo ha fatto la differenza mentre stiamo andando, come nell’ennesima gita scolastica verso il 300esimo concerto della nostra fondamentale storia di vita.

Il resto sarà storia, ormai siamo arrivati e da lontano intravediamo il palco.

Non si smette mai di imparare e conoscere sensazioni nuove e scrivere e raccontare in diretta sul furgone è una di quelle cose che rende il racconto un’ esperienza a se stante, un genuino Grande Fratello, una foto ricordo di un viaggio che nei momenti di débàcle potrà essere rispolverata come un piccolo salvagente. In fondo la musica è proprio questo, un appiglio per restare a galla.

a cura di
Vasco ‘Bartowski’ Abbondanza

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