Dalla parte degli ultimi per sentirmi primo
C’è un ragazzo nato nel 1996, di nome Niccolò, in arte Ultimo, che scrive canzoni.
Mi lego alle sue parole sin dal suo esordio. Nasce una sorta di chimica tra il mio mondo ed il suo. Un mondo fatto di parole, un mondo di sognatori cronici che credono, appunto, nei propri Sogni appesi.
E così le parole di questo giovane ragazzo diventano mie, poiché ogni testo potrebbe essere un capitolo di un mio libro. Come se potessi finalmente posare la penna o magari lasciare a qualcuno il compito di scrivere per me e di me.
Perché è questo che fa: descrive perfettamente le mie sensazioni. Mi tocca l’anima. Lui canta e io mi perdo in quelle frasi.
Un ragazzo fuori dagli schemi in questi anni così poveri di cuore, di una sensibilità che tocca corde troppo profonde per non rimanerne folgorati.
Un ragazzo umile che ringrazia il proprio pubblico in continuazione, ora come tempo fa, quando in totale erano dieci o venti persone al massimo. Ma non ieri.
Ieri a Roseto degli Abruzzi presso il Pala Maggetti c’è stato il suo primo concerto in un Palazzetto (sono 227 chilometri da Rimini, ma sono dettagli. Tanto ormai conosco a memoria tutte le aree di servizio della A14).
Previste inoltre altre due tappe, entrambe sold out, a Roma e a Milano che fungono da anticipo a quello che sarà poi il tour del 2019. Tour che prenderà il nome del suo prossimo album Tutta colpa delle favole.
Comunque ci siamo, è il 30 ottobre e mi metto in macchina, attivo la modalità me, myself and I e mi sparo due ore di viaggio, per un concerto che aspettavo da mesi.
Fazzolettini in borsa (con me non ne ho mai) pronti per l’occasione unica. Io e la mia consapevolezza, due best friend come sempre.
Arrivo un quarto d’ora prima e parcheggio nell’unico posto libero che riesco a trovare, uno con una cicogna disegnata a terra. Ne deduco non sia per me, ma procedo ugualmente.
Ci siamo. Ci sono. Sono da sola solamente in apparenza.
C’è un’atmosfera difficile da spiegare, perché spiegare la magia credo sia impossibile e quindi non resta che viverla, perché l’unica cosa possibile con la magia è una: respirarla.
Inizia il mio centosessantesimo concerto in trentun anni di vita. So tutte le canzoni a memoria e oggi ho poca voce.
Quasi tre ore di musica, tre ore intense, come ogni singola parola venuta fuori da quel microfono. Una scaletta ricca di tutti i suoi successi fatti di paure, sogni, speranze e amore.
Da Il ballo delle incertezze a Ti dedico il silenzio e ad una delle mie preferita Stasera. Cazzo quanto amore c’era! E quanto ne trasmette!
Ultimo non è solo un cantante e i suoi concerti non sono solo concerti. Le sue canzoni hanno un’anima come tutte le persone presenti.
Anime rare, probabilmente, che hanno il coraggio di credere in cose impossibili e nei sentimenti come base della propria vita. Disgraziati come me, insomma.
Tanta emozione da parte mia, e anche lacrime, perché di fronte a canzoni come L’eleganza delle stelle, Farfalla bianca o Cascare nei tuoi occhi la commozione è inevitabile.
I suoi testi sono poesie che non si limitano a parlare d’amore, perché Ultimo con le parole, l’amore lo fa. Lo crea. Lo scolpisce. Lo infligge. Tipo lezioni che non puoi dimenticare.
Quando si siede al pianoforte, si spegne il mondo e si accende solo lui. E nasce la magia nella magia.
Pieno di vita, ecco come definirei Niccolò, che ha cantato ma anche lasciato e lanciato messaggi di speranza su quanto a volte sia fondamentale lottare con le unghie e con i denti per ottenere ciò che si desidera.
E su come la felicità costi anche dei sacrifici ma che non è giusto mollare solo per la paura di farli.
Ne è valsa la pena tornare a casa a notte fonda, non solo per quello che mi ha lasciato dentro e addosso, ma soprattutto perché mentre tornavo a casa ho visto anche una stella cadente.
E forse era quella La stella più fragile dell’universo e ho espresso un desiderio.
Non venitemi a dire che la meraviglia non esiste.
Io la vedo ovunque.
Claudia Venuti