È arrivato il 14 marzo su Netflix The Electric State, l’ultima opera dei fratelli Russo. Un budget smisurato e un cast di stelle, guidato da Millie Bobby Brown e Chris Pratt, hanno generato una grandissima attesa nei confronti del film. Il risultato? Una cocente delusione.
Un mondo distopico. Un mondo dove la tecnologia ha preso il sopravvento sull’umanità, dove le macchine sono sfuggite al controllo dell’uomo, fino a sfociare in una guerra per la supremazia. No, non è la trama di Terminator, bensì quella di The Electric State, il nuovo film dei fratelli Russo, sbarcato su Netflix il 14 marzo.
I registi, che hanno fatto la fortuna del (e col) Marvel Cinematic Universe, tornano a collaborare con Netflix, dopo The Gray Man. Nessuna celebrazione del machismo di Ryan Gosling e Chris Evans questa volta, ma la forza dell’amore fraterno e le speranze per un’umanità più compassionevole.
Le speranze erano anche quelle di Netflix che, come successo per The Gray Man, ha affidato ai fratelli Russo un budget esorbitante. Dopo i 200 milioni di dollari investiti nel loro precedente film, per The Electric State si è raggiunta la modica cifra di 320 milioni. Uno dei budget più alti di sempre. Divertimento e fuochi di artificio assicurati? Purtroppo no, anzi: il risultato è a dir poco deludente.

The Electric State è, infatti, un film banale, scontato, prevedibile oltre ogni misura e, cosa ancora più grave, senza una vera personalità. Eppure, le premesse erano rassicuranti: un’opera tratta dalla graphic novel dello svedese Simon Stålenhag (uno dei maggiori illustratori di fantascienza), il budget delle grandi occasioni e due registi affermati e di successo. Sebbene i primi due fattori spingessero la pellicola nella giusta direzione, il terzo ne ha inevitabilmente compromesso la resa.
Anthony e Joe Russo avranno pur sbancato i botteghini mondiali con i loro film Marvel, ma non sono certo una garanzia in termini di qualità. Lo avevamo già visto con Cherry e, successivamente, con The Gray Man. Uno scenario che si è nuovamente verificato con The Electric State.
Se tre indizi fanno una prova…
L’eterna lotta tra uomo e macchina
Siamo negli anni ’90, in una realtà alternativa dove gli uomini vivono a fianco di robot senzienti. Macchine costruite per lavorare e assistere l’uomo (utilizzate persino da Walt Disney), finché non si sono ribellate. Una rivolta soffocata nel sangue da Ethan Stake (Stanley Tucci), CEO della Sentre e creatore del Neurocaster: un dispositivo capace di collegare la mente umana a droni da battaglia. Un’invenzione che nel giro di due anni ha portato alla vittoria dell’umanità e alla pace.
Una pace (firmata anche dal Presidente Clinton) che ha confinato i robot e il loro leader, Mr. Peanut, nella Zona di Esclusione, esiliati dalla società umana.
Proprio uno di questi robot, Cosmo, si presenta misteriosamente alla porta di Michelle (Millie Bobby Brown). Egli sembra essere controllato da Christopher (Woody Norman), fratello della ragazza, creduto morto anni prima insieme ai genitori. La nostra protagonista parte così alla ricerca del fratello, aiutata dal contrabbandiere Keats (Chris Pratt).
Cercasi identità
Cosa non funziona in The Electric State? Il problema principale, come suggerito in precedenza, sono proprio i fratelli Russo. Sebbene la resa visiva sia indiscutibile (con tutti quei soldi era il minimo), è proprio la regia che manca di originalità, di inventiva, di una qualsivoglia visione artistica. Non ci aspettavamo certo lo Spielberg o il Nolan della situazione, ma trovarsi davanti un film così labile è sconcertante.
Un’inconsistenza registica che si riflette anche sul modo in cui viene narrata la storia: senza ritmo e mordente. Una narrazione piatta e inefficace, così come incolore sono le prove attoriali, a dimostrazione di come disporre di un cast di stelle (o presunte tali) non sempre sia una mossa vincente. A partire da Millie Bobby Brown, spremuta anno dopo anno da Netflix con risultati sempre peggiori (vedi Damsel), e Chris Pratt, che qui ripropone lo Star-Lord de I Guardiani della Galassia, ma con un paio di baffi e un po’ di panza.

Una coppia con pochissima chimica, che invece di far empatizzare il pubblico con i loro personaggi non fa altro che irritarlo. Proprio Michelle e Keats sono un altro tasto dolente: scontati e banali, esattamente come la storia. Due protagonisti condannati a una superficialità tale da portare lo spettatore a non essere mai davvero interessato alla loro missione o alle motivazioni che li muovono.
A completare il cast, in presenza o come doppiatori, troviamo Stanley Tucci, Giancarlo Esposito, Ke Huy Quan, Anthony Mackie, Woody Harrelson, Colman Domingo e Brian Cox.
In conclusione
The Electric State è un film vuoto, anonimo e senza un’identità ben definita. Eccezion fatta per la sua resa estetica, resta ben poco da salvare. Tra interpretazioni impalpabili e un’impostazione artistica scadente, il film sa tanto di occasione sprecata.
Viene da chiedersi se, dopo ben due film di poco spessore, Netflix deciderà ancora di affidare i suoi progetti (e i propri soldi) a due registi che chiaramente non sono in grado di valorizzarli. Solo il tempo ce lo dirà. Nel frattempo, vi consigliamo di NON guardare la loro ultima “creazione”.
a cura di
Alessandro Michelozzi
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