“L’Erede” – La recensione in anteprima del thriller francocanadese di Xavier Legrand

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Dopo la vittoria del “Leone d’argento per la migliore regia” alla 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, nel 2025 Xavier Legrand si appresta a venire consacrato con la sua seconda opera, “L’erede”, una pellicola che tenta di catalizzare l’interesse attraverso i temi trattati. Avrà fatto centro?

Correva l’anno 2014 quando agli Oscar, nella sezione dei cortometraggi, tra i candidati era presente la pellicola francesce Avant que de tout perdre, l’avventura iniziale del regista Xavier Legrand. Un’opera che lo pose per la prima volta sotto i riflettori, costituendo l’avvio di una carriera che con il 2025 potrebbe definitivamente sbocciare.

Prima di quest’anno, però, il regista francese si è fatto anche notare col suo primo lungometraggio, L’affido, che gli valse il “Leone d’argento per la regia” alla 74esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 2017.

Uno sguardo su “L’erede”

A distanza di 8 anni, il grande schermo diventa il palcoscenico per la seconda opera di Legrand, L’erede. Una pellicola che, pur presentando lo stesso titolo di quella del 1973 con Jean Paul Belmondo, non ne è il remake, trattandosi invece di un thriller che vuole indagare uno degli argomenti più in auge nella società contemporanea: la violenza maschile e un latente patriarcato.

Ammetto che la prima volta che vidi il trailer del film pensai erroneamente che il tema centrale fosse il rapporto malato che può esserci in una dinamica famigliare tra genitore e figlio; situazione che può dare vita ad una spirale di odio e distanza (credo anche di aver visto nella spirale della sfilata dall’alto una simbologia a cui nemmeno il regista aveva pensato).

Quando un oceano non basta

Ellias Barnès è uno stilista di successo: la sua prima sfilata è solo l’inizio di una carriera sfolgorante, in quella che viene considerata una delle big four della moda mondiale.
Parigi.

Fin da subito, però, iniziano i problemi di salute, che portano a galla la prima verità: il nostro protagonista non parla più col padre da molto. Ma quando pensa di scrivergli per sapere se la malattia potrebbe essere ereditaria, una notizia sconvolge la sua vita. Quella persona che non vede e non sente da molto tempo è morta.
Costretto a tornare nella sua città natale in Canada per il funerale, Ellias deve fare i conti con un passato doloroso e un’eredità familiare ingombrante.

Durante la sua permanenza, l’uomo scopre segreti inquietanti sulla vita del padre, che lo portano a mettere in discussione la sua stessa identità. Questo viaggio nel passato si trasforma in un’indagine angosciante, in cui Ellias dovrà affrontare le proprie paure e i suoi demoni interiori, ma non solo.

Saprà il nostro protagonista far fronte a tutti questi avvenimenti o ne sarà risucchiato, facendo affiorare la fragilità umana e rompendo quel sottile equilibrio in cui tutti noi, in fondo, ci possiamo riconoscere?

Perfezione angosciante

Legrand riesce a creare una regia precisa e curata, concentrata sui dettagli e sulle espressioni dei personaggi. Infondendo un senso di claustrofobia e disagio nello spettatore, mediante l’utilizzo di una fotografia che, attraverso scelte di illuminazione, obiettivi e movimenti di macchina, contribuisce ad evocare un’atmosfera suggestiva, fatta di colori freddi e contrasti marcati ricchi di tensione e mistero.

La scenografia, curata nei minimi dettagli, risulta realistica e credibile. Le riprese interne sono anguste e sporche, mentre quelle interne risultano fredde e desolati, rispecchiando a pieno lo stato d’animo dei personaggi.

Il montaggio è serrato, con un ritmo incalzante che tiene lo spettatore con il fiato sospeso fino alla fine. La colonna sonora originale di Martin Wheeler risulta altrettanto efficace, con musiche inquietanti che sottolineano i momenti di suspense e dramma, ricolmi di un’angoscia sempre in crescendo.

L’Erede è un film tecnicamente impeccabile, in cui ogni elemento contribuisce a creare un’esperienza cinematografica intensa e coinvolgente, confermando il talento del regista francese e facendolo entrare a pieno diritto nel novero dei nuovi talenti da tenere d’occhio.

Buona la prima, ottima la seconda

Con questo film Xavier Legrand conferma quindi la sua abilità nel raccontare storie complesse e intense che mettono a nudo le fragilità e le contraddizioni dell’animo umano. La pellicola è un thriller psicologico che scava nel profondo delle dinamiche familiari, portando alla luce segreti inconfessabili e traumi del passato.

La sceneggiatura è costruita con maestria, giocando con la suspense e i colpi di scena e tenendo lo spettatore con il fiato sospeso fino alla fine, nonostante un ritmo lento tipico dei film francesi.

Altro punto di forza del film è l’interpretazione magistrale di Marc-André Grondin, che dà vita ad un personaggio complesso e tormentato in cui molti potrebbero immedesimarsi. Un protagonista fragile e insicuro dal passato doloroso e catartico, che lo porterà a confrontarsi con le proprie paure e i segreti della sua famiglia.

L’erede invita a riflettere su temi importanti come la violenza, la famiglia disfunzionale e il peso del passato.

Un’opera intensa e disturbante che non lascia indifferenti, un film da vedere assolutamente, soprattutto per gli amanti del genere e per chi apprezza le storie che scavano nel profondo dell’animo umano.

Un’opera che conferma il talento di Xavier Legrand e che regala emozioni intense e durature, portando il pubblico a riflettere anche dopo la proiezione, per lungo tempo.

Il film vi aspetta in sala da domani, giovedì 20 febbraio.
Buona visione!

a cura di
Andrea Munaretto

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di Andrea Munaretto

Nato nell'84 e fin da quando avevo 4 anni la macchina fotografica è diventata un'estensione della mia mano destra. Appassionato di Viaggi, Musica e Fotografia; dopo aver visitato mezzo mondo adesso faccio foto a concerti ed eventi musicali (perché se cantassi non mi ascolterebbe nessuno) e recensisco le pellicole cinematografiche esprimendo il mio pensiero come il famoso filtro blu di Schopenhauer

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