Le sonorità elettroniche del trio giapponese “Black Boboi”

Le sonorità elettroniche del trio giapponese “Black Boboi”
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Il trio formato da Utena Kobayashi, Julia Shortheed e ermhoi sotto l’etichetta discografica “BINDIVIDUAL”, emergono nel panorama musicale giapponese grazie a una perfetta sintesi tra le sonorità elettroniche e le loro voci profonde e fluttuanti.

Biografia

Le tre musiciste operano nel panorama musicale singolarmente da numerosi anni, ma nel 2018 si uniscono come gruppo musicale con il nome “Black Boboi” a seguito del lancio della community ed etichetta musicale “BINDIVIDUAL” fondato proprio da loro assieme ad altri artisti del panorama indie giapponese. 

Ermhoi è track maker e cantante con radici, oltre che giapponesi, che affondano in Irlanda. Conosciuta per i suoi lavori eterogenei che non conosce barriere di genere, ermhoi ha creato il proprio microcosmo musicale lavorando per diversi progetti che includono film, pubblicità televisive e lavori più di digital art. Oltre a far parte del gruppo “Black Boboi” è anche membro del collettivo di Tokyo “Millenium Parade” diretto da Daiki Tsuneta, uno dei fondatori della celebre band rock giapponese King Gnu. 

Così come ermhoi anche la cantautrice e musicista Julia Shortreed ha radici anche al di fuori dal paese del Sol Levante, in particolare nel Canada. Il suo strumento prediletto è la chitarra che mescola assieme alle sonorità più elettroniche e una voce soave e trasognante.

Utena Kobayashi è compositrice e musicista, esperta nel particolare dell’utilizzo dello steelpan, strumento a percussione metallico originariamente nato a Trinidad nei Caraibi. La presenza di questo strumento all’interno delle canzoni delle Black Boboi rimarca una certa originalità nel saper dosare bene strumenti più analogici ma comunque innovativi e non tradizionali a quelli digitali.

Il primo progetto: “Agate”

Il loro primo progetto collaborativo è l’EP “Agate” e viene rilasciato su tutte le piattaforme digitali nel 2019. Composto da 6 brani per un totale di 30 minuti d’ascolto questo EP è una perfetta introduzione alle sonorità che caratterizzano questo gruppo al femminile. Durante l’esperienza di ascolto ci troveremo catturati dalle texture sonore che compongono i loro brani caratterizzate da tonalità oscure e profonde, a tratti cupe e con una certa dose di inquietudine.

Il brano di apertura è “Between US 2”, caratterizzato da un incipit melodico con il piano, seguito dai ritmi della drum machine e dalla voce di Julia Shortreed. I layers che compongono questo brano sono molteplici, ma ciò che riescono a trasmettere attraverso l’armoniosa mescolanza tra i beat elettronici e il canto quasi surreale di Julia ed ermhoi risulta interessante nella loro produzione artistica.

Un altro brano molto interessante e scelto come singolo dell’EP è “Ogre”.Al contrario di “Between Us 2“, un brano che risulta essere un racconto intimo, una sorta di narrazione sussurrata che l’ascoltatore esperisce in solitaria, in “Ogre” troviamo un brano collettivo dove i rimandi all’immaginario sonoro dei canti rituali sono abbastanza espliciti, soprattutto grazie al ritmo dato dalle percussioni accompagnato dai vocalizzi del ritornello.

Inoltre, il testo della canzone invita proprio a partecipare a questo rituale collettivo di unione tra chi vive la stessa esperienza, invitando coloro che vedono il mondo attraverso le stesse lenti delle artiste a unirsi in un cerchio liberatorio e sprigionare la loro libertà attraverso il ballo.

I’m just into” è il quinto brano che compone l’EP e che trovo intrigante in particolare per la sua sezione ritmica, soprattutto verso le parti finali della canzone dove troviamo un mix interessante tra i beat e la parte melodica che li accompagna in sottofondo.

Per un continuo: “Silk”

Nel 2020 dopo il successo di “Agate” e la loro partecipazione alla 19esima edizione del Fuji Rock, uno dei festival musicali più importanti in Giappone e non solo, le tre artiste pubblicano il loro primo album dal titolo “Silk”.

Questo secondo lavoro musicale nasce durante il periodo pandemico e, anche se può sembrare paradossale, l’ambiente restrittivo che caratterizzava questo periodo è stato di stimolo per la loro creatività musicale.

In “Silk” troviamo una complessità sonora e testuale maggiore rispetto ad “Agate”, seppur mantenendo le stesse tonalità marcatamente oscure e dai ritmi che non eccedono troppo in velocità ma dando il giusto respiro all’ascolto. “Silk” come suggerisce il titolo, è come un tessuto di seta liscio, fluido nella sua composizione. 

La lirica delle Black Boboi

Per quanto riguarda l’aspetto autoriale, i testi delle Black Boboi sono innanzitutto caratterizzati dal fatto di essere sempre in inglese, una scelta stilistica sicuramente particolare visto che il mercato musicale a cui fanno principalmente riferimento è quello giapponese. In questo album troviamo però una complessità simbolica maggiore nei loro testi, a tratti da risultare talvolta criptici e forse anche intelligibili al solo ascolto. Prendiamo per esempio il brano di apertura “gd612”, il cui titolo già preannuncia un brano enigmatico e che nasce proprio con l’obiettivo di essere incomprensibile a livello testuale. Tuttavia, questo ci permette di concentrarci di più sui suoni più che sul significato del testo così da poter notare l’ottimo lavoro di produzione e arrangiamento musicale. Come al solito troviamo un’ottima mescolanza tra tonalità cupe, ritmi che richiamano al minimal techno e al deep house, e un canto surreale e ultraterreno. 

a cura di
Skipper Fonzy Amgao

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