“Operazione Underscore”: il libro sulle colonne sonore di James Bond

“Operazione Underscore”: il libro sulle colonne sonore di James Bond
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Oggi su The Soundcheck vi parliamo di un libro unico nel suo genere: “Operazione Underscore – Il mondo delle colonne sonore dei film di James Bond”. Il volume, disponibile in pre-order, è stato fortemente voluto dagli autori Andrea Natale e Massimo Privitera, entrambi professionisti nel mondo discografico e cinematografico, e si preannuncia come una pubblicazione decisamente interessante non solo per i fan di 007 ma per tutti coloro che attribuiscono alla colonna sonora il giusto ed importante merito nella riuscita di un film. 

Abbiamo quindi raggiunto virtualmente Andrea e Massimo per approfondire la genesi del loro libro e per capire in che modo hanno lavorato alla sua riuscita.

Ciao Andrea e Massimo, benvenuti su The Soundcheck! Dal 5 ottobre è in prevendita Operazione Underscore nel quale descrivete e recensite le colonne sonore di tutti gli 007 del grande schermo. In copertina musica, film e lo stesso Bond si fondono perfettamente. Come è nata questa immagine e chi l’ha creata?

Grazie a voi per l’accoglienza e l’interesse. L’immagine – e siamo assai lusingati per il vostro apprezzamento – è nata da idee e suggestioni che abbiamo trasmesso al grafico incaricato per la sua realizzazione, Pietro Rustichelli.

Gli elementi che convivono in questa cover art sono il visual dello spy-action movie, rappresentato dalla pistola, la sensualità e l’erotismo, con il visual della silhouette femminile (come da manuale nei titoli di testa animati da Maurice Binder per gran parte dei film della saga bondiana), ma con l’aggiunta della componente musicale, ovvero il rigo del pentagramma tracciato sul corpo femminile discinto (quale sorta di foglio musicale) e la chiave musicale abbinata alla pistola. Il tutto sempre disposto in salsa 007, con il fondale infuocato (che rimanda al poster di GoldenEye) e il corpo femminile dorato e in posizione prona che cita e tributa palesemente il celeberrimo cadavere di Jill Masterson nel film Goldfinger (o anche il successivo reboot celebrativo del corpo esanime dell’Agente Strawberry Fields nel film Quantum of Solace).

Ovviamente, e anche questo da cliché bondiano, la pistola eretta diviene un simbolo fallico. Il titolo del libro è un omaggio agli spy movies in generale.

Una volta aperta la copertina, cosa troviamo sfogliando le pagine di questo libro? Sappiamo che avete accuratamente scelto come dividere capitoli e argomenti…


Possiamo anticipare che i titoli dei singoli capitoli sono concepiti come fossero titoli di fantomatici film di spionaggio, con giochi di parole che connettono il contenuto del saggio a illusioni di matrice cinematografica. I saggi trattano delle colonne sonore dei film della saga di Bond (i 25 film ufficiali della EON più i due apocrifi), con analisi dello stile e dell’applicazione filmica di ciascuna soundtrack. 

Si parla poi delle canzoni dei titoli, con una carrellata espositiva, del celebre James Bond Theme e di come è nato dalla penna di Monty Norman (scomparso lo scorso luglio); un’escursione nell’Eurospy anni Sessanta e Settanta e nel revival firmato Gaumont dell’Agente OSS 117; non mancherà la voce di alcuni protagonisti diretti della musica al servizio di 007.

Questo è il primo libro interamente dedicato agli scores dell’agente segreto con licenza di uccidere come mai concepito e strutturato prima d’ora nell’editoria libraria del nostro Paese; a dire il vero, cosa che come autori di Operazione Underscore ci ha sempre un po’ stupito: perché mai trattare la materia bondiana senza soffermarsi (tranne in rari casi) su ciò che l’ha resa ancora di più tale, ovvero la musica? Noi, con questo volume, vorremmo sopperire a tale carenza.

Musica e cinema da sempre vivono in simbiosi, nel senso che un buon film non può non avere anche un’ottima colonna sonora. Cosa, secondo voi, rende quelle di 007 così interessanti da essere raccontate in un libro?


Le musiche dei film di 007 sono come armi speciali in mano a Bond perché sono diventate parte del personaggio “Agente Doppio Zero”, quasi delle gimmicks che ne tracciano e delineano le imprese, la personalità e anche l’interiorità. La musica può tradurre l’estetica, l’azione ma anche l’etica di un personaggio e così, di pellicola in pellicola, l’analisi e il racconto della percezione di queste colonne sonore e della loro partecipazione alle storie delle avventure bondiane sono elementi che possono essere tradotti, esposti e argomentati, contribuendo a una migliore e più efficace comprensione e apprezzamento dei film stessi, dove la parte sonora diventa assolutamente essenziale e redentrice.

In ultima analisi, il nome stesso “James Bond” o la sua raffigurazione numerologica spionistica “007” sono entrambi già di per sé “musicali”.


Quelle di James Bond sono anche state spesse volte candidate agli Oscar e tre brani originali in esse contenute hanno vinto la prestigiosa statuetta. Ultima in ordine cronologico “No Time to Die” di Billie Eilish. C’è, a vostro avviso, qualche altra canzone che avrebbe meritato il premio più ambito di Hollywood?

Sicuramente la più prestigiosa statuetta è arrivata un po’ tardi e forse non per le canzoni che la meritavano di più. La sfiorò Paul McCartney agli Oscar 1974 per la sua iconica Live and Let Die (che senz’altro l’avrebbe meritata) e a sottrargliela fu Marvin Hamlisch con la nota The Way We Were; quello stesso Hamlisch che poi venne ingaggiato a sua volta per la colonna sonora del Bond movie La spia che mi amava e che “rischiò” l’Oscar ’78 come Best song per la sua Nobody Does It Better (su liriche di Carole Bayer Sager).

Lo avrebbe meritato anche la canzone For Your Eyes Only di Bill Conti (e testo di Mike Leeson) per l’omonimo film. Perlomeno però queste tre canzoni entrarono in nomination. La bellissima We Have All the Time in the World di John Barry dal film Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà, pur essendo una delle migliori Bond songs in assoluto (e interpetrata dal leggendario Louis Armstrong), non venne nemmeno candidata agli Oscar 1970 (benché l’autore delle parole, Hal David, lo vinse comunque quell’anno con Raindrops Keep Fallin’ on My Head di Burt Bacharach).

Così come Goldfinger di John Barry (e liriche di Anthony Newley e Leslie Bricusse) che avrebbe meritato almeno la nomination agli Oscar 1965. Oppure You Only Live Twice dal film Agente 007 – Si vive solo due volte, che avrebbe meritato secondo noi anche l’assegnazione dell’Oscar ’68, che fu vinto da Leslie Bricusse (autore del testo della song di Barry) con la sua Talk to the Animals, dal film Il favoloso dottor Dolittle. 

Quello stesso anno era candidata The Look of Love di Bacharach-David, dall’apocrifo bondiano James Bond 007 – Casino Royale. Infine avremmo assegnato almeno una nomination alla Goldeneye di Bono & The Edge per la splendida voce di Tina Turner e i titoli di testa dell’omonimo Bond movie 1995 con il debuttante Pierce Brosnan. Per non dimenticare la grintosa e crescente Licence to Kill da 007 – Vendetta privata del 1989, con il testo e la musica di Narada Michael Walden, Jeffrey Cohen e Walter Afanasieff, interpretata magnificamente da Gladys Knight (lo score originale fu del compianto Michael Kamen).

Questo ci fa anche capire che l’universo di Bond, musica compresa, ha il potere di calarsi perfettamente nei tempi presenti, a volte anche anticipandone le tendenze. Voi che ne avete studiato la storia, cosa potete dirci dell’evoluzione sonora dal primo film ai giorni nostri?

Un’evoluzione sicuramente in perfetta sintonia con la produzione sonora per il cinema, sia dal lato compositivo, che rispecchiava la grammatica tipica di ogni epoca, sia per l’impiego di organici e tecniche di produzione sincronizzati con la maturazione e trasformazione tecnologica e generativa del sound in generale. Così anche un compositore ricorrente e habitué dei film della saga bondiana come John Barry, impegnato nel musicare ben 11 pellicole fra il 1963 e il 1987, ha vissuto una sua personale evoluzione di stile, raccogliendo sempre l’eredità di un suono e un approccio generativo, ma non rinunciando a sonorità e sperimentazioni più in linea con i tempi dei film e anche della produzione discografica extrafilmica.

Non è un caso che nelle OST dei film di 007 (generalmente pensate per organici acustico-orchestrali-sinfonici) si facciano strada la musica dance e l’elettronica, con un ricorso sempre più sapiente e dialogante con l’organico orchestrale della scuola tradizionale, cui i vari Bond-composers sono saldamente legati, pur con un’apertura verso le tendenze stilistico-produttive e le tecniche avanguardistiche di sonorizzazione, spesso molto standardizzate e meno caratterizzanti e identificatrici.

Non ci resta che attendere la pubblicazione di Operazione Underscore, iniziando a ordinare la nostra copia. A voi chiediamo di concludere questa chiacchierata con una citazione…. bondiana!


Andrea: Una delle citazioni bondiane che preferisco è tratta dal film Octopussy, quando il villain Kamal Khan dice a 007: “A quanto pare lei ha l’odiosa abitudine di sopravvivere…”; e Bond risponde: “Beh, io la trovo un’abitudine simpatica…”.


Massimo: Ve ne menziono due, la prima tratta dal film al quale sono più affezionato, ovvero 007 – Bersaglio mobile, quando James Bond-Roger Moore dice a un tassista, mentre cerca di inseguire la cattiva May Day-Grace Jones, sfuggitagli paracadutandosi dalla Torre Eiffel: “Taxi… Segua quel paracadute!”; e l’altra molto Spaghetti Western, tratta da Solo per i tuoi occhi, sempre con Bond-Moore: “Prima di cominciare una vendetta, è meglio che scavi due fosse…”, rivolta alla Bond girl di turno, la bellissima Carole Bouquet-Melina Havelock.

a cura di
Redazione

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