The Walt Disney Company: Storia di un rollercoaster lungo 100 anni
Walt Disney per tutti sigifica magia, divertimento, cartoni animati bellissimi e più di recente saghe mitiche come Star Wars e l’MCU, ma un tempo non era così; oggi andremo a scoprire come chi e come ha portato il gruppo ad essere la più grande company multimediale al mondo.
Quando si parla di Walt Disney si possono trovare due macrogruppi di persone: chi pensa subito a Topolino e chi, invece, pensa a Disney +, alla Marvel e Star Wars, Ma perché tutto questo?
I “vecchi”, come me, avranno pensato a topolino perché è stato il giornalino della propria infanzia, ai cartoni che ci hanno formato perché i cartoni Disney fanno piangere, veramente tanto e ai Ducktails; chi come me si ricorda la sigla a memoria?
I giovani invece conoscono la Disney per quella che è ora: il più grande gruppo multimediale al mondo.
Come siamo arrivati a tutto questo? È incredibile come in questa mia ricerca mi sono continuamente imbattuto in un nome: Steve Jobs.
Facciamo un po’ di storia:
La compagnia nasce dal genio e dalla Follia di Walt Disney e di suo fratello Roy il 16 ottobre 1923 in quel di Burbank, luogo in cui quasi tutte le riprese di quasi tutti i film e serie tv sono state girate fino ai giorni nostri.
Il successo per la Disney arriva nel 1928 grazie a Topolino o meglio, grazie al suo primo corto con audio sincronizzato: Steamboat Willie. Grazie all’enorme successo di Topolino e di tutti i personaggi a lui collegati, Disney inizia ad elaborare la strategia del futuro: i Lungometraggi.
E il 1937 è l’anno dell’uscita sul grande schermo di Biancaneve e i Sette Nani, il primo di una lunga serie di capolavori cinematografici per la casa di produzione californiana.
Il Primo cambio di rotta
Ma anni di successi sembravano poter essere distrutti dalla Morte di Walt Disney nel 1966, inizialmente sembrava poter reggere il colpo la compagnia, ma dopo qualche anno di Roy Disney al comando sostituito dopo la sua dipartita da Card Walker sembrava che lo spirito e la creatività della compagnia stesse sparendo, in conseguenza a questo tutta la Disney ne risentì anche economicamente, ma avendo una base solida di cortometraggi e lungometraggi, molti mai ritrasmessi si iniziò a pensare alla creazione di un canale tv e fu così che nel 1983 nacque Disney Channel.
La casa di Topolino, dopo una vera e propria età dell’oro con dei veri e propri capolavori su pellicola iniziò un lento, ma inesorabile declino, negli anni la qualità dei lungometraggi Disney andò sempre più scemando.
Nonostante alcuni film d’animazione che adesso vengono considerati assolutamente belli, Lilo & Stitch e Mulan su tutti, le entrate erano sempre minori, l’allora AD Michael Eisner (ricordatevi questo nome) quindi cercò l’accordo con quella che in quel momento era la vera padrona della scena dei prodotti d’animazione, lo studio d’animazione di proprietà di Steve Jobs: La Pixar.
Ma prima di raccontarvi di quest’accordo, cos’è la Pixar?
Quando Steve Jobs venne “cacciato” dalla sua creatura Apple Computers, si dovette reinventare, creò dapprima la Next computer nel 1985 e successivamente colse l’occasione di acquisire quella che era solo una divisione della Lucasfilm, la Pixar Animation studios.
Correva l’anno 1986, il giovane Steve rimase colpito dalle parole di Ed Catmull, uno dei due fondatori di Pixar, “Mi parlò del suo sogno di realizzare il primo lungometraggio animato digitale”, disse Jobs, “e finii per fare mio quel sogno, sia spiritualmente, sia finanziariamente”.
I primi periodi, la società, non si occupava ancora di animazione, ma aveva come scopo principale quello di vendere hardware. Essa usava i cortometraggi animati con lo scopo di pubblicizzare i computer dell’azienda, mostrarne le prestazioni e sviluppare nuovi software.
10 Milioni di buone intenzioni
Con un investimento di 10 milioni di dollari acquisì la società creata da John Lasseter e nel giro di poco tempo tutti coloro che lavoravano per Pixar e Jobs condivisero la stessa visione, nel 1987 grazie a quel capolavoro di corto che è Luxo Jr, ricevettero la loro prima nomination agli Oscar; quel personaggio ebbe talmente tanto successo che di li a poco divenne il simbolo della pixar che tutti noi conosciamo, la lampadina che schiaccia la I ad ogni apertura di ogni film della casa produttrice.
Questo è l’inizio di una serie di cortometraggi che porterà alla vittoria dell’oscar con Tin Toy, quello che a tutti gli effetti può essere considerato come il preludio di Toy Story, infatti in questo corto possiamo osservare un bambino che tortura i propri giocattoli che hanno una vita propria, vi ricorda quacosa?
Da questo periodo in poi Steve Jobs decise di eliminare la parte hardware dell’azienda, in quanto fonte di perdita constante, tante da far dire a Jobs che se l’avesse saputo prima non avrebbe mai acquisito Pixar, concentrandosi unicamente sull’animazione.
Preludio di un accordo
La lungimiranza di questa scelta fece crescere sempre più l’azienda fino a farla notare dal colosso con le orecchie tonde.
Michael Eisner allora CEO Disney provò a più riprese a contattare Pixar per tentarne l’acquisizione, ma la risposta è sempre negativa finchè Lasseter non propone a Disney di produrre un lungometraggio, correva l’anno 1995 e sui grandi schermi di tutto il mondo uscì Toy Story ed fù subito un successo.
Tra i riconoscimenti per questo primo lungometraggio possiamo includere un Oscar speciale per John Lasseter, l’inserimento nella classifica dei 100 migliori film di sempre del New York Times oltre ad essere stato uno dei pochi film ad aver preso il 100% di consensi su Rotten Tomatoes.
Il 24 febbraio 1997, Disney firmò un accordo con Pixar per una durata di 10 anni dove si impegnavano a co-produrre cinque film d’animazione, incluso il già uscito Toy Story, completamente in computer grafica. I costi di produzione ed i profitti sarebbero stati divisi tra le due compagnie con la Disney che avrebbe ricevuto il 12,5% del reddito ed i diritti del film (compresi quelli per il merchandising) oltre al 5% di capitale di Pixar.
Dall’accordo all’acquisizione
Passati i 10 anni, 5 film prodotti ( Toy Story, Toy Story 2, Alla Ricerca di Nemo, Mosters&CO e Wall-E ) con un guadagno di oltre 2 miliardi le due controparti con Eisner da una parte e Jobs dall’altra iniziarono un braccio di ferro per il rinnovo dell’accordo che saltò per la ferma posizione del numero uno di Pixar.
Questa situazione indispettì e non poco i vertici Disney che, come naturale conseguenza e grazie anche all’associazione creata da Roy Disney JR, presero la decisione di tagliare la testa di Eisnen in favore di Bob Iger. Il passaggio di consegne è stato il primo tassello della fortuna attuale di Disney, La prima azione attuata dal nuovo AD è stata l’acquisizione di Pixar, una stretta di mano che prevedeva l’ingresso nel board Disney di due figure di spicco di Pixar, Lasseter e Catmull, ai quali venne affidato tutto il repato d’animazione della Disney, mentre Jobs entrò nel consiglio di amministrazione della casa dalle orecchie tonde con una quota azionaria pari al 7% che lo rese anche l’azionista unico con la quota maggiore.
I dati dell’acquisizione sono monstre per l’epoca, fu un’operazione da 7,4 miliardi di dollari che confrontati ai 10 milioni spesi da Jobs per l’acquisto di Pixar nel 1986 fanno scalpore.
E adesso è ora dei supereroi
Dopo l’acquisizione di Pixar, Disney diventò il più grande studio d’animazione al mondo continuando a sfornare capolavori qual Gli Incredibili, Ratatuille e i sequel dei primi capolavori nati dal primo accordo dalle due aziende.
Bob Iger ha quindi una visione, il più grande gruppo multimediale al mondo, il secondo tassello di questa scalata avviene nel 2009 con l’acquisizione della Marvel ed anche questa volta c’è stato lo zampino di Steve Jobs, grazie alla grande amicizia tra questi due geni e il fatto che Jobs avesse parecchio peso politico all’interno del consiglio d’amministrazione Disney .
Il 31 dicembre 2009 Disney annunciò l’acquisizione di Marvel per 4 miliardi di dollari della Marvel. In un intervista del 2021 il Presidente di Disney, ha parlato così dell’argomento a Vanity Fair:
“Nel 2009, dopo la nostra acquisizione della Pixar, eravamo interessati all’acquisizione della Marvel, quindi ho incontrato Steve Jobs e l’ho inserito nell’affare. Affermò di non aver mai letto un fumetto in vita sua, odiandoli più di quanto odiasse i videogiochi, quindi ho portato con me un’enciclopedia dei personaggi Marvel per spiegargli l’universo e mostrargli cosa avremmo potuto comprare.
Trascorse dieci secondi a guardarlo e poi disse ‘Questo è importante per te? Lo vuoi davvero? Questa è un’altra Pixar?’. Gli dissi che non ero sicuro fosse un’altra Pixar ma avevano un grande talento nell’azienda. Gli ho chiesto se fosse disposto a contattare Ike Perlmutter, CEO della Marvel e azionista di controllo, garantendo per me. Più tardi, dopo aver concluso l’affare, Ike mi confessò che aveva ancora qualche dubbio e che la telefonata di Steve fece grande differenza. Gli disse che ero un uomo fedele alla parola data ed ero grato a Steve perché lo faceva come amico e non come membro più influente del nostro consiglio”.
Dopo i supereroi le spade laser
Dopo alcuni anni di silenzi, ma tanti, tantissimi successi Bob Iger torna alla ribalta delle cronache nel 2012 per la acquisizione della Lucasfilm e più in generale del mondo di Star Wars per una cifra di 4 miliardi di dollari, nell’accordo dell’acquisizione Disney si impegno a produrre nuovi capitoli della saga oltre che una serie di produzioni correlate e il resto, nel bene o nel male, è storia.
Fa specie pensare che, dopo essersi divise nel 1986 Lucasfilm e Pixar, le due compagnie si ritrovarono sotto l’egida di Disney quasi come se questo quarto di secolo non fosse mai esistito.
Questa acquisizione portò sulle piattaforme Disney una serie di contenuti interessati come Star Wars Rebels, le prime due saghe cinematografiche, oltre alla creazione dell’ultima, poco fortuna, saga e tutte le serie uscite negli ultimi anni che hanno dato profondità ad un mondo fantastico forse troppo ancorato alle sue origini.
Ma arriviamo ai giorni nostri
Il 2017 è l’anno in cui Disney decide di fare il passo definito per la consacrazione a primo gruppo mondiale dello spettacolo, quindi inizia a trattare con Fox per l’acquisizione di quest’ultima. Trattative estenuanti che durarono quasi due anni quando, nel marzo 2019, venne ufficializzato l’accordo tra le due company per la cifra record di 54 miliardi di dollari per l’acquisizione degli studi cinematografici e televisivi della ormai ex 20th Century Fox, i canali FX e National Geographic oltre che il 60% di Hulu (servizio di streaming conosciutissimo negli states) e Sky.
Dopo la creazione di questo incredibile gruppo totale alla Disney mancava ancora un tassello, l’attacco a quella che era l’unica piattaforma di streaming in posizione dominante sul mercato: Netflix.
Grazie al Know-how di Hulu e a un portfolio di prodotti praticamente illimitato il 12 novembre 2019 venne ufficialmente lanciato nei maggiori mercati mondiali Disney +, il servizio di streaming dell’azienda creata da Walt Disney che ogni anno che passa ruba quote di mercato ai suoi competitor.
Ma cosa sarebbe Oggi Disney se Jobs fosse ancora vivo?
Il 5 Ottobre 2011 Morì ,dopo una lunga malattia, Steve Jobs, secondo Bob Iger se non ci fosse stata questa perdita ad oggi, probabilmente, Disney farebbe parte di Apple, negli anni i due parlarono molte volte dell’acquisizione della casa delle orecche da parte del colosso della mela morsicata, ma a causa della sua dipartita non se ne fece nulla.
Probabilmente anche con Jobs in vita non sarebbe successo nulla, a causa di probabili problemi sulla concorrenza visto il conglomerato che si sarebbe creato, ma è bello pensare a quello che sarebbe potuto essere e non sarà mai perchè l’immaginazione è anche questo.
Viva Viva Walt Disney
Oggi The Walt Disney Company è il più grande gruppo entertainment al mondo, con un valore di oltre 71 miliardi di dollari e asset in moltissimi ambiti è riuscito, grazie alla visione del suo fondatore e all’impegno e la passione di uomini e donne che si sono succeduti fino ad oggi a mantenere viva la magia che il 6 ottobre di quest’anno compirà 100 anni.
Ci sarebbe ancora molto da parlare di questa company, dai parchi divertimenti al merchandising, ma questa è un’altra storia.
Rimanete connessi sulle nostre reti per nuovi approfondimenti e magari chissà, forse parleremo proprio della vostra storia preferita. A presto
a cura di
Andrea Munaretto
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