4321: quante vite potremmo avere?

4321: quante vite potremmo avere?
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Nonostante ami leggere da sempre, ho un problema con i cosiddetti “mattoni”, in quanto il protrarsi di una stessa storia per mille o più pagine, per quanto ben costruita, spesso finisce per annoiarmi. A farmi cambiare (parzialmente) idea ci voleva, complice l’estate e più tempo a disposizione, un mattone che fosse una storia ma al tempo stesso ne fosse anche tante.

Di 4321 di Paul Auster si è già parlato a lungo, in particolare quest’anno in cui l’autore è venuto a mancare. Una sorta di summa, di opera ultima in cui si ritrovano tutti in temi cari allo scrittore in una amalgama che convince, più spesso stupisce, a volte rallenta, a volte confonde.

Le 4 vite di Archie Ferguson

Il protagonista è Archie Ferguson, unico figlio di Rose Adler e Stanley Ferguson, due ebrei di seconda generazione a New York, e quella che viene raccontata è la storia delle sue vite.

Sì, al plurale: chi non ha mai avuto la sensazione che se avesse percorso un’altra strada, le cose sarebbero andate in maniera diversa (leggi: sliding doors). La storia di Archie è la massima espressione di un quesito che tutti prima o dopo ci poniamo. Partendo da un’unica storia comune che riguarda le sue origini, la sua vita e quella di chi lo circonda si dipana in seguito in 4 modi differenti.

Il che non risulta subito chiaro: passando dalla “prima versione di Archie” alla seconda, si crea un certo spaesamento nel lettore nel momento in cui, ad esempio, la zia Mildred “non trova un compagno” mentre nel capitolo precedente era sposata; oppure la casa in cui vivono non si trova nello stesso posto, ma non si capisce quando sia stata cambiata, e così via. Fintanto che un rimando nel testo ci suggerisce implicitamente che la sua vita potrebbe essere anche un’altra:

 Se i suoi genitori si fossero trasferiti in uno degli altri posti dove avevano cercato la casa giusta, lui non avrebbe conosciuto Chuckie Brower, non avrebbe nemmeno saputo che Chuckie Brower esisteva, e non sarebbe stato uno stupido, perché si sarebbe arrampicato su un albero di un altro giardino. Interessante, si disse Ferguson, immaginare che le cose potevano essere diverse anche se lui era lo stesso. Lo stesso bambino in una casa diversa con un albero diverso.

Un persona, infinite possibilità

Da lì in poi risulta chiaro che si tratta di 4 binari diversi e paralleli e non saremo più stupiti se leggeremo di un Archie particolarmente portato per il giornalismo, mentre un altro lo è per la scrittura creativa e un altro ancora per la critica cinematografica (con un evidente rimando all’autore, di cui Archie è una sorta di alter ego).

Di fatto le caratteristiche di base di Archie rimangono inalterate: ciò che cambia sono le persone intorno a lui, e le scelte compiute (in particolare i genitori, ma anche gli zii, i cugini, gli amici) che inevitabilmente si riflettono su di lui. L’unica costante di queste infinite possibilità è Amy, la ragazza che Archie incontrerà sempre, a prescindere da come vadano le cose.

La narrazione di 4321 è un’opera titanica e un incredibile gioco di riflessi, di incastri di storie sullo sfondo del secolo scorso e degli innumerevoli eventi storici e politici avvenuti nel continente americano. Tantissimi i temi trattati, dall’ebraismo alla letteratura, dalla fotografia alla televisione, fino alla sessualità, tutti sviscerati come solo un grande romanziere sa fare. La pecca è – forse – solo quella di aver talvolta riservato poco spazio per eventi storici di grande risonanza.

Solo un grande scrittore come Auster poteva portare a termine con maestria una creazione così complessa, che a tratti tende effettivamente ad arenarsi, ma lascia sempre in fondo il desiderio – anche per chi è “anti-mattoni” come me – di portare a termine la conoscenza di quel personaggio, al quale – in qualsiasi tra le sue “forme” – ci affezioniamo e non poco.

a cura di
Martina Gennari

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Martina Gennari

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