Ecletticismo e sperimentazione in “B – Vita, Morte, Miracoli” di Francesco Sacco

Ecletticismo e sperimentazione in “B – Vita, Morte, Miracoli” di Francesco Sacco
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Il disco “B – Vita, Morte, Miracoli”, raccontato passo passo dall’artista. Francesco Sacco ci porta dentro la sua testa e ci spiega la sua creatività in questa inedita intervista.

Francesco Sacco è un cantautore e polistrumentista con base a Milano. Da bambino studia musica classica, da adolescente si appassiona al blues e alla beat generation, poi approccia la musica elettronica, la performance e il sound design: da uno spettro di influenze musicali e artistiche molto vasto nasce un progetto post-cantautorale difficile da inquadrare, fatto di incontri fra mondi musicali apparentemente lontani.

Il 19 maggio esceB – Vita, Morte, Miracoli”, il terzo lavoro in studio di Francesco Sacco, cantautore, compositore e producer milanese, resident al Plastic di Milano, fondatore di Cult Of Magic, collettivo di performer e musicisti basato a Milano che fonde diversi linguaggi e pratiche artistiche.

Pensato come completamento del precedente “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”, il nuovo “B – Vita, Morte, Miracoliè un disco ancora una volta improntato sulla sperimentazione, che vede la fusione tra cantautorato, techno e citazioni classiche. A livello tematico, diversamente dal primo capitolo del progetto che era un disco impregnato di critica sociale e di temi di attualità, indaga l’interiorità, i sentimenti e la magia.

Ciao Francesco, è un piacere intervistarti per The Soundcheck! Come prima domanda la più importante. “Non finirò in galera” in “Magia Nera” è un riferimento a Trucebaldazzi?

Assolutamente sì! Grandi che l’avete beccata. E grande Trucebaldazzi, precursore inconsapevole di tutta una certa scena.

Ho notato che hai una penna molto particolare. Il tuo stile non è così comune e non si trova spesso in tutti gli artisti, mi ricorda Tutti Fenomeni per certi versi. Ma ad ogni modo ti vorrei chiedere, cosa accade dentro di te quando scrivi una canzone, qual è il tuo processo di scrittura?

Innanzitutto, ti ringrazio per il paragone con Tutti Fenomeni, artista che ammiro molto. Scrivere per me è un processo veloce, tutto sommato semplice, anche se si porta dietro un bagaglio molto complesso: la maggior parte delle volte ho un’idea, un’intuizione o un’immagine che voglio trasmettere, così inizio da una frase, o addirittura da una parola. Poi inizio a scavare e tutto il brano prende forma. Ma è come se trovassi una storia che in un certo senso è già lì, io semplicemente la raccolgo e la racconto con la mia voce e il mio taglio.

Durante l’ascolto di “B – Vita, Morte, Miracoli” si notano dei rimandi a tanti autori diversi e a brani della nostra tradizione o altri più moderni. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?

“B – Vita, Morte, Miracoli” è un disco molto stratificato, credo che sia soprattutto una conseguenza delle mie influenze, che sono davvero tante e diverse fra loro. Diciamo che ho messo l’eclettismo in primo piano rispetto alla coerenza, che è una cosa che mi piace molto anche da ascoltatore. Se la musica deve essere fluida che lo sia anche a livello di contenuto: preferisco ascoltare e scrivere un disco che viaggia fra mondi musicali molto diversi piuttosto che uno che verticalizza un mondo e rimane lì.

Quali sono le tue influenze a livello musicale, sia dal punto di vista della scrittura che nella musicalità?

C’è davvero di tutto, molte anche non musicali: mi piace Cohen, i cantautori vecchia scuola, ma anche certi trapper. Mi piace la perfezione di Mozart e il rigore di Bach, ma anche il ruvido analfabetismo del blues. Poi c’è moltissima letteratura americana, autori come Roth o De Lillo, che risonò a essere emozionati e taglianti nello stesso momento. Influenze che normalmente farebbero a pugni fra di loro, ma che ho cercato di mettere d’accordo. 

Questo EP come si collega al precedente “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”?

Idealmente questo disco è il “lato B”, quello che si ascolta girando il vinile. Mentre “A” è un disco molto legato all’esteriorità e al mondo che sta fuori, questo disco cerca di tornare dentro l’individuo, senza però dimenticare i temi del suo predecessore. Sicuramente c’è più ironia e anche più sperimentazione sonora. Mi viene da dire che è un’ulteriore evoluzione, una nuova fermata del mio viaggio.

Per concludere, come riassumeresti “B – Vita, Morte, Miracoli” in tre parole? Unica clausola per questa domanda, le tre parole non possono essere vita, morte o miracoli…

Difficilissimo, sono prolisso! Posso provare a fare una specie di parafrasi: riflessioni, meme, emozioni.

a cura di
Matteo Cantergiani

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