“Babylon”: alle radici della cinematografia

“Babylon”: alle radici della cinematografia
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Uscito in sala il 19 gennaio, questo nuovo lungometraggio di Damien Chazelle, già apprezzato dalla critica e dal pubblico per “Whiplash” (2014) e “La La Land” (2016), ci trasporta con potenza nella Hollywood degli anni ’20. Divenuta da poco la base dei primi grandi Studios, è ora la patria dello Star System, con la nascita del fenomeno del divismo. Con esso, le molteplici luci ed ombre che l’accompagnano, ben tracciate dal regista nelle poco più di tre ore di durata di questo kolossal dell’era contemporanea. “Babylon” è candidato agli Oscar per la miglior scenografia, i migliori costumi e la miglior colonna sonora a Justin Hurwitz (già vincitore per “La La Land”).

Introduzione

Il film inizia a Bel Air, nel 1926. Già nei primi minuti vengono delineati i tratti salienti della vicenda, che coinvolge dapprima il giovane immigrato messicano Manuel Torres (interpretato da Diego Calva), incaricato di trasportare un elefante alla festa organizzata nella villa di un dirigente dei Kinoscope Studios, Don Wallach (Jeff Garlin).

La simbologia dietro all’immagine è chiara: per raggiungere la gloria rappresentata dal festino, in cui domina la totale dissolutezza, con alcolici, droga, sesso e piena mancanza di ogni regola o controllo, si deve intraprendere un’ardua salita, attraversando letteralmente un fiume di escrementi. Questo è il prezzo di Hollywood e della sua grandiosità, questo il costo dei sogni del grande Cinema dell’epoca: perdere se stessi è un rischio che sta dietro l’angolo, e per molti, pur di ottenere successo e di salire alla ribalta, è inevitabile.

Presentazione dei protagonisti

Alla festa si fa la conoscenza dei vari personaggi principali che viaggeranno lungo la narrazione del film. In particolare Nellie LaRoy (Margot Robbie in una magistrale interpretazione), icona della flapper, donna dandy e controcorrente che ama fumare, bere, vivere liberamente la propria sessualità e ascoltare il jazz. Nata diva, con un complesso passato familiare alle spalle, finirà per diventare una delle attrici di spicco del momento, attraversando da star un tumultuoso viaggio sui set, libera e indipendente fino alla fine.

In lei vengono trasposte varie figure reali, e specialmente nella rappresentazione del personaggio si trae ispirazione da Clara Bow. Una delle sex symbol più rappresentative dell’epoca, morì a soli sessant’anni per un attacco di cuore nel 1965. Da lei si prese spunto anche per altre figure significative della cultura cinematografica: Betty Boop e il personaggio principale di “The Artist” (film del 2011 diretto da Michel Hazanavicius).

Altro protagonista del film è Jack Conrad (Brad Pitt), superstar del cinema muto che fatica ad adattarsi ai tempi che cambiano, e attraversa un percorso di inevitabile decadimento nel passaggio ai film sonori. La sua parabola discendente è fortemente ispirata a quella di John Gilbert (John Cecil Pringle), famoso per la sua partnership con Greta Garbo, dedito all’alcol e morto per infarto nella sua casa di Bel Air, nel 1936.

Viaggio nella Storia del Cinema

Attraverso la rappresentazione di Hollywood, Damien Chazelle ci porta dunque dal 1926 al 1952, lungo sogni, illusioni e traumi, già raccontati da Kenneth Anger nei volumi “Hollywood Babylonia I e II”, da poco ripubblicati da Adelphi, vero e proprio manuale per gli amanti del Gossip.

Il film vive della memoria di un insieme di volti e personaggi della Storia del Cinema, velati sotto diversi personaggi, e altri inediti. In questo amalgama di vite, il cast è arricchito da molti nomi di spicco, come Spike Jonze, Samara Weaving, Tobey Maguire e Olivia Wilde.

Max Minghella interpreta Irving Thalberg, uno dei trentasei membri fondatori dell’Academy of Motion Picture Arts And Sciences (AMPAS), nel 1927, da cui venne creato due anni dopo il Premio Oscar.

Da ricordare anche la grande interpretazione di Jean Smart, nel ruolo dell’editorialista del Gossip e critica cinematografica Elinor St. John, e Jovan Adepo, volto del musicista jazz, e poi attore di colore Sidney Palmer, in cui si evidenziano i primi malriusciti tentativi di superare il razzismo allora dominante.

Conclusioni

In questo film, che rappresenta il cinema stesso in tutte le sue forme e sfaccettature, si sentono molto gli echi di altri lungometraggi, come “Il grande coltello” (1955), “Viale del tramonto” (1950), ed anche l’ultimo capitolo di “Downton Abbey” (2022).

Attraverso l’arte cinematografica, si viene portati a riflettere sulla vita stessa, sul senso dell’arte e sul significato del successo. Parecchie sono state le innovazioni e i cambiamenti, spesso drastici e brutali, che hanno condotto anche al crollo di molte carriere, nella Storia della settima arte. I sogni impressi nelle pellicole, e le avventure vissute restano però eterne, indelebili come i fantasmi e gli angeli, intaccabili dal tempo.

Grazie a Babylon ripercorriamo l’intera Storia di questa disciplina, nelle sue luci ed ombre che non cesseranno mai di incantarci e smuovere la nostra fantasia. La finzione e la realtà storica si mescolano, e il contrasto tra la rappresentazione della dissolutezza e la messa in scena della tecnica pratica della cinematografia, resa parte integrante della trama, rende l’insieme più autentico e vitale.

Gli ultimi minuti del film sono un vero e proprio inno e richiamo al cinefilo e allo spettatore celato nel cuore di ognuno di noi, e insieme al regista ripercorriamo circa sessanta film in un minuto di montaggio serrato, che porta lo sguardo a perdersi nell’incanto delle immagini.

a cura di
Matteo Sisti

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