“Motherhood” di Marta Jovanović
L’opera intitolata “Motherhood”, maternità, è la mutazione dell’omonima performance tenutasi dall’artista Marta Jovanović nel febbraio del 2016 a Belgrado. Sarà visibile, fino al 20 gennaio 2023, alla galleria Maja Arte Contemporanea di Roma
Marta Jovanović nasce a Belgrado in Serbia; è una performance artist, docente e coordinatrice delle Arti Visive per il RUFA (Rome University of Fine Arts), con l’obiettivo di facilitare il progresso della disciplina.
Con le contestazioni del 1968, e successivamente negli anni settanta, la Jugoslavia ha conosciuto un decennio di produzione artistica talmente originale da farle guadagnare un posto in prima fila nel panorama artistico internazionale.
Nata in questo contesto, Jovanović porta nelle opere la memoria e le contraddizioni della sua terra che in ambito artistico fu la patria del Radicalismo.
La Performance
Nella performance eseguita a Belgrado nel 2016, l’artista colpisce con un martello, rompendole una ad una, 246 uova appese al soffitto; tante uova quanti giorni fertili, dal primo menarca dell’artista alla data della performance.
Dice l’artista: “ Ogni uovo che ho rotto durante la performance è un’opportunità di maternità mancata in favore dell’arte”.
Jovanović vuole posare lo sguardo sullo status della “donna artista” in una società fortemente patriarcale. Passando dalla performance alla scultura, l’installazione assume un una connotazione profondamente catartica.
Sculture dorate
I gusci frantumati vengono restaurati e trattati, diventando sculture in rame, numerate e placcate in oro. In questo modo le cosiddette “occasioni di maternità mancate”, non solo cambiano forma e assumono le sembianze di nuove opportunità, ma vengono letteralmente trasformate in oro.
Ciò che ci troviamo davanti è una costellazione di uova dorate che affiorano da un fondale nero: ancora più suggestivo è osservare l’opera a luci spente.
La vista necessita di tempo per abituarsi ma, lentamente, le uova, le opportunità, emergono da un’oscurità non solo letterale ma anche metaforica.
L’opera diventa, dentro all’oscurità sempre più intensa, sempre più viva, in una sola parola vibrante.
La società fortemente patriarcale riveste la donna del peso di dover non solo procreare ma anche di dover coltivare dentro di sé il senso materno e, nel luogo in cui questo non succede, arriva la condanna accompagnata dal senso di colpa.
Ma è in questo stesso posto che l’artista si posiziona, scegliendo di “utilizzare la propria presenza fisica nel corpo in modo politico“; rivendicando l’obbligo di dover scegliere tra il lavoro e la famiglia, una condanna che pretende di dire sempre tutto sulla singola donna che deve farsi carico della reputazione del gruppo a cui appartiene.
Lo sguardo
La superficie dorata delle uova permette, inoltre, la partecipazione attiva di chiunque la osservi.
L’artista sceglie di portare non solo la propria narrazione ma accende, nella possibilità di vedere il proprio riflesso moltiplicato in ogni scultura, l’opportunità di porre al centro la storia di ognuno.
L’installazione diventa un monito di coscienza, un motivo per porsi domande, per cambiare prospettiva: tutto ciò che consideriamo un’occasione mancata è davvero tale? Può assumere altre sembianze? E se invece si tramutasse in opportunità?
Jovanović con quest’opera non sta solo compiendo, attraverso l’arte e la performance, un atto politico, ci sta invitando a riflettere, ad intraprendere un viaggio che parte da noi stessi, dove si raccoglie ciò che si perde, o più semplicemente ciò che si trasforma.
a cura di
Letizia Servello
Seguici anche su Instagram!
…