Davide Catinari e il suo primo romanzo “White Light”

Davide Catinari e il suo primo romanzo “White Light”
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Davide Catinari, frontman dei Dorian Gray, al suo esordio letterario con il romanzo White Light

La realtà è che non esiste la

realtà. La realtà è che non esistono

altre porte, ma quelle da aprire

sono infinite. La realtà è che le ho

attraversate tutte, per ritrovarmi

ogni volta dentro una vita che non

conosco, senza riuscire a tenerla

fuori dalla porta. Questo è sempre

stato il mio vero problema.

Davide Catinari

Così inizia White Light il primo romanzo dell’autore e musicista Davide Catinari. Attraverso una prolessi, ci mostra quello che sarà il viaggio del protagonista. Un musicista, ex tossicomane, che accetta di lavorare come farista su un’isoletta a poche miglia dalla costa.

In seguito al ritrovamento di alcuni scritti lasciati dal precedente occupante del faro, il protagonista si lascia coinvolgere dalla lettura immedesimandosi progressivamente nelle storie raccontate. Attraverso l’utilizzo di sostanze stupefacenti e i bagni di luce del faro, che si alternano ogni otto secondi, darà vita ad un mondo dove realtà ed illusione diventano difficili da decifrare.
In seguito alla lettura del libro ho provato a conoscere meglio l’autore e, attraverso una breve intervista, sono riuscito a soddisfare le mie curiosità che ci mostrano ancora meglio l’intenzione di Davide Catinari.

Davide Catinari, autore di White Light
Davide Catinari
White Light è il tuo primo romanzo, da dove nasce l’idea che ti ha spinto a mettere su carta un viaggio che getta le sue fondamenta nella mistione tra il reale e l’illusione?

Credo che la realtà e l’imitazione di essa siano elementi strutturali per comprendere la sottile dicotomia tra ciò che è rispetto a ciò che sembra. La digitalizzazione delle emozioni genera l’illusione di un’altra realtà parallela, esattamente come il desiderio di perdersi quando resta tale e non si trasforma in azione, in scelta.

In White Light racconto la condizione umana in equilibrio tra catarsi e sopravvivenza, il costante distacco dalla certezza dell’utero materno, la solitudine di un predestinato dentro un infinito che lo inganna affettuosamente, come se non volesse condannare il protagonista ad essere sempre uguale a se stesso. Se pensi a tutte le certezze che si sono sbriciolate in questi ultimi due anni viene quasi naturale trovare affinità tra il confinamento in un appartamento da quaranta metri quadri con la solitudine di uomo che abita un faro a due miglia dalla costa.

Il protagonista sente spesso la sensazione di essere messo alla prova da chi l’ha scelto per quel lavoro. Questo continuo disagio dà vita ad un equilibrio precario che rende il racconto avvincente e ricco di mistero. É possibile leggere in questa caratterizzazione del protagonista una delle “ 12 fatiche” dà affrontare prima dell’ultimo viaggio dal quale non farà più ritorno?

In realtà l’obbiettivo è quello di proiettare il lettore oltre la sua comfort zone, cercare di trasmettere la tensione di questo rapporto misteriosamente complesso tra il protagonista e il personale di servizio, in cui è facile cogliere schegge di schizofrenia paranoide abbastanza evidenti. Tutto questo progredisce con lo svilupparsi del racconto, attraverso un crescendo di interrogativi che definiscono i contorni di uno scenario in cui il potere della luce del faro e le alterazioni dimensionali generano un livello di conoscenza che ibrida visioni di luoghi e personaggi, simile ai flashback narrativi tipici di certo cinema indipendente degli anni settanta.

L’ esperienza con le sostanze stupefacenti è una galleria piena di immagini già viste, che insieme al gioco ritmato di luce bianca del faro, creano una sorta di “passaporta” verso un infinito che diventa sempre più caro al protagonista. Otto secondi sembra quasi essere la parola chiave per un mondo tutto suo. Secondo te, la sua continua voglia di viaggiare al di la della luce alla ricerca dell’identità di Emet, è semplicemente curiosità o è un modo per scappare definitivamente dalla realtà, verso un illusione che lo attira sempre di più?

Quelli che il protagonista definisce “generi di conforto” sono essenzialmente protesi di una vita disordinata quanto abitudinaria, in un continuo alternarsi tra il desiderio di perdersi inseguendo la speranza di un cambiamento che, sostanzialmente, non sarebbe diverso da un’eterna corsa tra due vertici, due capolinea. La sensazione di un viaggio incompiuto, di un destino ancora non accettato, è il fil rouge che lega il protagonista al suo alter ego. Emet è una parola che significa “verità”, per questo motivo il suo nome resta inconoscibile, quasi sino alla fine del racconto.

Copertina del romanzo White Light di Davide Catinari
Copertina del libro White Light
La musica fa la sua comparsa più volte nel romanzo, e in alcune parti del racconto il ritmo sembra essere un elemento fondamentale per poter appassionare il lettore. Oltre alla musica ci sono altri elementi autobiografici che ti legano al protagonista?

Mi serviva un carattere che si muovesse all’interno di un’attività dipendente dal consenso, perché non esiste dipendenza più solida del cercare di essere se stessi rimodellandosi secondo i gusti del pubblico, una trasformazione necessaria per sopravvivere in un ambiente dove l’oblio è peggiore della morte. Ho scelto la musica perché si tratta di un mondo che conosco bene, in cui ego, avidità, esaltazione e cinismo fanno parte del percorso di chi, prima o poi, arriva a trattare con le grandi aziende che decidono ciò che dovrai ascoltare o subire in qualsiasi luogo sia presente un sistema di riproduzione sonora.

Dietro la scrittura di questo romanzo qual è la metafora che lega il protagonista con il finale?

Se non ti perdi non ti trovi. Questa è l’unica, vera, realtà che possa ritenersi tale quando tutti intorno a te si proiettano dentro il desiderio di assomigliare a qualcun altro, di spiare la sua vita, di volerne almeno un pezzetto. Sotto questo aspetto la nostra è una società incompiuta e infantile, dove tecnologia e bisogni indotti ci allontanano sempre di più dalla grammatica sociale, emotiva e esperienziale che dovrebbe renderci umani. In questo senso la perdita dell’innocenza è il più grosso regalo fatto al potere, ma questo ci protegge dallo scegliere di rischiare di vivere anche un istante di libertà, perché potremmo non riconoscerla e averne paura.

a cura di
Cesario Cesaro

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