Doggerel: il nuovo disco dei Pixies

Doggerel: il nuovo disco dei Pixies
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Uscito il 30 settembre e prodotto da Tom Dagelty presso i Guilford Sound in Vermont, è uscito il nuovo album dei Pixies, Doggerel. I più informati sanno che è l’ottavo capitolo della loro nuova vita che li ha consacrati definitivamente come una classic alt-rock band

Dal cassetto dei ricordi

Era il 2004, esattamente il 19 giugno. Heineken Jammin’ Rock Festival a Imola (Bo) oggi definitivamente scomparso. In cartellone, in successione, un’esplosiva PJ Harvey, i Pixies (per me sconosciuti), un imbolsito Ben Harper e degli affaticati The Cure come headliner. Sembra che in origine PJ Harvey avrebbe dovuto suonare dopo i Pixies, ma lei non se la sia sentita. Non voleva suonare dopo la band che ha ispirato la sua carriera. Dopo che li ho ascoltati ho capito che aveva ragione lei.

Così mi si è aperto un mondo. Durante quel live set mi sono divertito come non succedeva da tempo. Che bellini poi mentre si facevano i selfie col pubblico dietro, come ragazzini al loro primo live, con quello spirito di “camerata” e condivisione che dovrebbero avere tutte le rock band del pianeta.

Il verbo “Pixies”

Pixies è un nuovo modo di intendere il rock. Acido, con accordi di chitarre non scontati. Melodie raffinate che si sposano ad assoli di chitarra (Joey Santiago) taglienti come un rasoio. Il basso pulsante, punk e dinamico di Kim Deal. Il canto di Black Francis sospeso fra il lunatico e il disperato. Testi fra il demenziale, lo psicopatico con citazioni da intellettuale. Due album che hanno fatto la storia del rock alternativo negli anni 80: Surfer Rosa e Doolittle.

Possiamo dire, senza ombra di dubbio, come per PJ Harvey anche per numerose band formate negli anni 80 e 90 i Pixies sono stati un riferimento importante. A differenza di altre band americane, come ad esempio i REM, nate in quegli anni, i Pixies hanno apportato una freschezza e un’originalità uniche. Sospesi fra il disagio e tentazioni pop i Pixies, con canzoni come Where is my mind, Hey, Gigantic i Pixies tagliano a pezzetti frammenti di Velvet Underground, garage-rock, Pere Ubu, Husker Du e Neil Young. Li infilano in un frullatore e il gioco è fatto. Ma è un gioco unico e inimitabile.

La band preferita di Kurt Cobain

“Abbiamo usato il loro senso della dinamica, inizialmente calmo e poi duro e rumoroso”.

A parlare è Kurt Cobain che non ha nascosto l’ispirazione dei Pixies durante la realizzazione del leggendario Nevermind. E ancora Cobain: ” Devo ammetterlo, ho copiato i Pixies. La prima volta che li ho ascoltati mi sono piaciuti così tanto che ho pensato: dovrei far parte dei Pixies, oppure almeno di una cover band dei Pixies” Ma potremmo citare i Radiohead, sopratutto in Pablo Honey e The Bends. Quelle chitarre rumorose unite ad arpeggi sognanti erano figlie delle inventive di Joey Santiago.

E ancora, David Bowie era un loro fan. E ancora Weezer, Smashing Pumpkins. I Pixies sono stati una fonte di ispirazione per la band degli ultimi anni. Originali e mai derivativi, duri ma con aperture melodiche inaspettate. Negli anni 90 chi frequentava club alternativi come il Velvet di Rimini si ricorderà sicuramente di brani “riempipista” come Debaser.

E con immenso onore quindi che sono qui a recensire l’ultimo disco dei Pixies. Dal 2013 i Pixies sono tornati ad incidere dischi con regolarità. Dopo Head Carrier del 2016 e Beneath the Eyrie del 2019 tornano con Doggerel, titolo che cita le filastrocche popolari. Il cantante e leader Black Francis ha scritto circa 40 canzoni nel periodo Covid e ne ha raccolte 12 per il disco. Alle composizioni ha contribuito anche il chitarrista Joe Santiago.

Il disco

L’inizio non da adito a dubbi con Nomatterday. Siamo in pieno Pixies-style e la pelle d’oca è garantita. Tappeto di chitarra distorta e basso con plettro che introducono uno spoken-word di Black Francis. Poi il tempo aumenta come una giostra, e noi dietro senza fiato. I cori puntuali della bassista Paz Lenchantin.

Vault of Heaven si apre con chitarra alla Morricone e l’andamento è palesamente da film western ma tipo Il mondo dei robot con Yul Brinner (vi prego googolatelo e cercatelo).

Dregs of the vine ha un’inizio lento e arpeggio di chitarra lugubre, con Francis che dichiara al microfono che preferisce la versione originale di You Really Got Me dei Kinks. Il brano poi si apre in orchestrazioni rumorose efficaci e potenti. Sicuramente uno dei brani migliori del disco.

Haunted House riprende un’altra tradizione dei Pixies. L’uso della chitarra acustica come intro. Il brano prosegue in pieno stile Pixies con ritornello melodico trascinante. Joe Santiago qua e là inserisce la sua penna inconfondibile.

Chitarra acustica d’apertura anche in Get simulated. Poi la batteria di David Lovering e la chitarra di Santiago mette tutti sull’attenti. Accordoni pieni e ah ah ah come ritornello, come simulare una bella giornata di sole in un paesaggio lunare.

The Lord Has Come Back Today ha un’inizio beatlelsiano imprevisto. Il ritmo accellera, fra i cori precisi e preziosi di Paz Lenchantin. Un pop acido e solido scritto con la mano sicura dei Pixies.

Thunder and Lightining le oscure trame della chitarra di Santiago che si scontra con il pop. Come un rapporto d’amore fra amanti perduti. Sempre un piacere ascoltare le trame vocali di Francis e Lenchatin.

There’s a Moon On potrebbe essere la colonna sonora di un remake de Un lupo mannaro americano a Londra. Con la band che viaggia spedita, i bending di Santiago che ti stendono a tappeto.

Pagan Man suona pop ma richiama Neil Young. Procede con un motivetto da fischiettare sotto la doccia.

Who’s More Sorry Now ha anch’esso un andamento western. Una chitarra-mandolino nel finale a chiudere un brano insolitamente melodico.

You’re Such a Sadducee accordoni pieni e tensione melodico già da subito. Echi bowiani che suonano quasi come un omaggio. La chitarra che non manca di fare il suo ruolo. Un finale corale che proietta i Pixies in una ricerca sonora che va aldilà dell’impatto punk dei brani, spesso sotto i tre minuti di durata. Potremmo quasi parlare di finale epico.

Il disco si chiude con Doggerel. Suona come un funky sulla luna. Anche qui il bano prende un’altra direzione più pesante per poi planare in altri lidi. La chitarra che ricopre di glassa la torta di un finale quasi toccante.

Considerazioni

Sono un nostalgico, lo ammetto. Un nuovo disco dei Pixies personalmente mi provoca piacere. Non credo, come qualcuno ha dichiarato, che i Pixies siano tornati a fare disco per cavalcare l’hype di band seminale creata negli anni. Certo, i dischi migliori forse non torneranno più, ma questa è una cosa che vale anche nei rapporti d’amore più sani, di qualsiasi entità e umore. Ascoltateli, un pò invecchiati, certo, ma con un suono ben definito e rotondo. Un suono che è una certezza in un mondo che sembra averne persa.

a cura di
Beppe Ardito

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Beppe Ardito

Da sempre la musica è stata la mia "way of life". Cantata, suonata, scritta, elemento vitale per ridare lustro a una vita mediocre. Non solo. Anche il cinema accompagna la mia vita da quando, già da bambino, mi avventuravo nelle sale cinematografiche. Cerco di scrivere, con passione e trasporto, spinto dall'eternità illusione che un mondo di bellezza è possibile.

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