IDLES – Parklife Festival, Padova – 15 luglio 2022

IDLES – Parklife Festival, Padova – 15 luglio 2022
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E “the importance of being IDLES” oggi: la band inglese, nella seconda tappa italiana del tour, porta al Parklife Festival di Padova, in una calda serata di luglio, riff duri, batteria pesante e ruggiti punk. 

Gli IDLES non hanno bisogno di grandi presentazioni. Sono una delle band più interessanti dell’ondata post punk in arrivo dall’Inghilterra di questi ultimi anni. Sono brutti e arrabbiati come scimmie in gabbia, quindi praticamente perfetti per chi fa questo genere di musica, ma fermarsi alla superficie non rende loro giustizia.

Andiamo con ordine.

Quando salgono sul palco, alle nove e mezza spaccate, con la loro Colossus il colpo d’occhio è notevole. Mai viste cinque persone così diverse tutte insieme. Joe Talbot in una inedita versione sobria ed elegante, ma sempre con l’aria di chi insegna boxe ai ragazzini dei quartieri popolari, Mark Bowen con un delizioso vestito a fiorellini, Adam Devonshire e Lee Kiernan, lo yin e lo yang. Infine Jon Beavis, che sembra averli accompagnati in gita.

Il palco è senza fronzoli. Solo l’enorme scritta IDLES alle loro spalle, e qualche luce.

Talbot, in camicia, dopo il primo pezzo ruggisce alla folla di separarsi nel mezzo per quando inizieranno a fare sul serio. “Scontrati, ma sii gentile”, sembra voler dire. Violenza e delicatezza, sono questi i tratti che rendono gli IDLES diversi da tutte le altre band in circolazione. Ossimori, contrasti. Tutte cose intriganti, non c’è dubbio.

Questa band, così muscolare, colpisce però per la sua urgenza. Chi non si ferma all’apparenza e va a leggere i testi scoprirà una condanna al machismo, al razzismo e agli stereotipi. Nelle canzoni degli IDLES gli uomini piangono, la derisione diventa una sfida – come raccontato in Scum – e nessuno è un’isola. Ci dicono che è bello essere fragili e la gioia – parafrasando il titolo del loro secondo album, il disco perfetto – è il più importante atto di resistenza che possiamo mettere in pratica per salvarci. 

Il “no Future” che caratterizzò il punk agli albori non potrebbe essere oggi più lontano. Gli IDLES, per contro, ci fanno sapere che la bruttezza è meravigliosa e il dolore è un terreno dal quale possono nascere fiori.

È bellissimo vedere qui le vostre facce stasera“, urla Talbot “sono due anni che stavamo aspettando questo momento“. E il pubblico sembra essere dello stesso avviso. 

Con Never Fight a Man With a Perm il Parco della Musica prende il volo. Difficile definire quello che fa Talbot “cantato”. Ringhia, si batte un pugno sul petto, spinge, pesta. Potrebbe essere uno qualunque tra il pubblico e invece è sul palco. Il suo carisma però è indiscutibile.

Il chitarrista Lee Kiernan, già dopo i primi pezzi, decide di saltare giù, dentro – o sopra – la folla. Nel frattempo, uno dei roadie si assicura che la sua chitarra possa ancora suonare, tendendo un lungo filo.

Canzone dopo canzone, la sensazione è che la musica degli IDLES abbia bisogno di nemici, il dubbio è che ci sia un po’ di retorica. Ascoltando i loro racconti in musica, di anni passati al pub, di spaccio e di dipendenze di vario genere è difficile però mettere in dubbio la loro buona fede. 

Sul palco Talbot scandisce ogni sillaba come se stesse piantando un chiodo. Ogni canzone dei loro quattro dischi è un grido di battaglia. Molti i pezzi tratti da “Crawler“, il loro ultimo album: Car Crash, Meds, Crawl. Un lavoro meno politico rispetto ai precedenti, ma più personale. Si parla della dipendenza da alcol e droghe. 

Con Denny Nedelko il concerto volge verso la fine e il pubblico esplode, saltando e inondando la band d’amore. Per Mark Bowen è il momento di concedersi un po’ di sano istrionismo, lanciandosi sul pubblico e distogliendo brevemente l’attenzione dal frontman.

Il concerto si conclude con Rottweiler, lo stesso brano che chiude anche l’album “Joy as an Act of Resistance“. Gli IDLES, al termine di questa ora e mezza circa, senza encore, confermano la loro ferocia. Noi, qui sotto al palco, ci siamo fatti scuotere, abbracciare e anche prendere a schiaffi. E il ricordo di questa notte, c’è da esserne certi, vivrà a lungo nei cuori dei presenti.

a cura di
Daniela Fabbri

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Daniela Fabbri

Sono nata nella ridente Rèmne, Riviera Romagnola, nel 1985. Copywriter. Leggo e scrivo da sempre. Ho divorato enormi quantità di libri, ma non solo: buona forchetta, amo i racconti brevi, i viaggi lunghi, le cartoline, gli ideali e chi ci crede. Nutro un amore, profondo e viscerale, per la musica, in tutte le sue forme. Sono fermamente convinta che ogni momento della vita debba avere una colonna sonora. Potendo scegliere, vorrei che la mia esistenza fosse vissuta lentamente, come un blues, e invece sono sempre di corsa. Mi piacciono gli animali. Cani, gatti, procioni. Tutti.

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