“Tutti morimmo a stento” – Chi è Fabrizio De André?

“Tutti morimmo a stento” – Chi è Fabrizio De André?
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Fabrizio De André era un ribelle e un genio. Con la sua musica ha lasciato un segno indelebile nella storia musicale. Le sue canzoni provocatorie e scottanti sfiorano temi ostili, riuscendo così a rivoluzionare la canzone d’autore

Fabrizio De André, tra i più grandi artisti della nostra storia e della storia mondiale, è il cantore dei poveri, di coloro che sono emarginati e messi agli angoli

Le sue canzoni erano rivoluzionarie per l’epoca, difatti nei suoi testi sono presenti riferimenti scomodi e taglienti ad una società broghese, ma allo stesso tempo pregni di umanità.

Brevi cenni

Fabrizio De André nasce a Genova il 18 febbraio del 1940 da una famiglia di piemontesi. 

La sua adolescenza ebbe momenti altalenanti a causa del cattivo rapporto con il padre e con la scuola, per questo, appena diplomato, scelse di andare via di casa a diciotto anni per iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza. 

La scelta degli studi universitari fu influenzata dal suo caro amico Paolo Villaggio e dal fratello Mauro. Faber si allontanò dal mondo universitario a soli sei esami dalla laurea, proprio nel momento in cui prese piede la sua carriera musicale.

Appassionato di musica e poesia fin dalla giovane età, in particolare legato a Georges Brassen e al jazz anni ’50 e ’60, incise un legame che fu rafforzato e influenzato dal rapporto di amicizia con grandi della musica come Luigi Tenco e Gino Paoli.

La poetica e alcuni temi portanti

La sua carriera artistica, mai scontata e banale, cominciò nel 1961. I testi, dedicati agli emarginati, alle prostitute, a i ribelli, ai persi, disegnano Faber come il poeta maledetto degli ultimi della società.
Si impone, quindi, fin da subito come rappresentate degli sconfitti, penetrando in vite dolenti ma sempre con molta delicatezza

La sua affinità alla poesia e a poeti come Pascoli, Gozzano, Ungaretti o Montale è ben rintracciabile nelle rime e nelle assonanze, le quali ricreano il tessuto principale delle sue canzoni. 

Definito come uno dei più grandi cantautori italiani ed europei del ‘900, Faber con i suoi testi riporta idee e concetti sempre attuali. Con l’ascolto di Bressens e le letture di Bakunin e Stirner, si avvicina all’ideologia anarchica e appena diciottenne decide di iscriversi alla fondazione anarchica.

Nei suoi testi mostra un’insofferenza nel rientrare all’interno di alcuni schemi pre impostati. È sicuramente con “se ti tagliassero a pezzetti” e “la cattiva strada” che notiamo un rimando al pensiero politico dell’artista.

Gli scritti di Faber vengono studiati oggi come vere e proprie poesie per via della loro grande complessità e dei suoi rimandi a temi di fondamentale importanza. È interessante quindi notare come all’interno di ogni canzone si celino significati altri. I testi sono spesso criptici e mettono così in luce la complessità della sua poetica.

Tra i temi principali delle sue canzoni possiamo trovare il tema della religione. Questo aspetto è interessante in quanto De André, nonostante si fosse allontanato dal cattolicesimo, nelle sue canzoni non mancava di inserire molteplici riferimenti alla fede, i quali mostrano come fosse legato ad una religione panteistica. 

Altro tema ricorrente all’interno delle sue canzoni è quello del lutto. Non si può che far riferimento a “preghiera in gennaio”, dedicata a Luigi Tenco, suo caro amico, e “una storia sbagliata”, dedicata invece a Pasolini, ritenuta la massima espressione della poesia degli ultimi. 

Il tema della prostituzione non è di minor importanza. Sopratutto nel Volume I ci sono molti rimandi: non possiamo che far riferimento a “bocca di rosa” e “la canzone di Marinella”. È con quest’ultima canzone, tra l’altro, che arriva il vero primo e grande successo del cantautore. 

Per concludere, è d’obbligo far riferimento anche all’accaduto del rapimento del ’76 di De André e Dori Ghezzi, da cui poi è stato ispirato il brano “Hotel Supramonte”. 

“Tutti morimmo a stento”

Tutti morimmo a stento” è un disco registrato nell’estate del ’68, con il sottotitolo “cantata in si minore per coro orchestra”. I testi sono di Faber tranne che per “cantico dei drogati”, che vede la collaborazione di De André e Mannerini.

La formula di questo disco vede la scelta di undici brani uniti da intermezzi sinfonici e con la stessa tonalità. Tutti i brani sono legati dallo stesso tema: l’emarginazione e la morte, sia psicologica che morale.

De André dell’album diceva:

Parla di morte, ma di quella psicologica, morale, mentale, che un uomo normale può incontrare durante la sua vita.

Direi che una persona comune, ciascuno di noi forse, mentre vive si imbatte diverse volte in questo genere, in questo tipo di morte, in questi vari tipi, anzi, di morte.

Così, quando tu perdi un lavoro, quando perdi un amico, muori un po’; tant’è vero che devi un po’ rinascere, dopo.

È in queste undici tracce che Faber raggiunge la sua apoteosi per la prima volta. Il disco sembra quasi un viaggio nel girone dantesco, dove la morte viene rappresentata in tutte le sue forme.Pezzi come “cantico dei drogati” e “inverno” risultano essenziali per comprendere la poetica e l’immaginario di De André.

Con questo album, l’artista, frantuma le convenzioni sociali, denuncia la borghesia e la sua vigliaccheria, una classe di cui ha sempre fatto parte. 

Chi è Fabrizio De André?

Dal 1966 fino al 1996, Fabrizio De André ha inciso ben quattordici album in studio. Molte delle sue canzoni, oggi, sono ben ricordate e ascoltate anche dalle nuove generazioni. La permanenza della sua musica nella società mostra la grande eredità che il cantautore genovese ha lasciato, un’eredità da preservare, custodire e portare avanti.
I suoi testi, seppur facenti parte di un periodo storico ormai passato, rimangono sempre attuali, andando a definire Faber come un grande artista dalla spiccata sensibilità e attenzione verso temi universali.

a cura di
Valentina Vitrani

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