“Ciao amore, ciao” – Chi è Luigi Tenco?
Luigi Tenco nacque a Cassine il 21 marzo del 1938, fu il frutto di una relazione extra coniugale da cui forse nascono il suo non sentirsi accettato e la sua anima da rivoluzionario. La madre si sposò con Giuseppe Tenco, morto prima della nascita del cantautore, lui trascorse la sua infanzia tra i paesi di Cassine, Maranzana e Ricaldone con i nonni paterni, la madre ed il fratello maggiore. Fu in questo periodo che scopri assieme alle famiglie dei rispettivi coniugi che Giuseppe Tenco non era suo padre biologico, questo fatto portò ad un allontanamento delle famiglie. Nel 1948 il piccolo Luigi, in questo clima familiare teso, si trasferì a Genova.
La madre nutriva delle grandi aspettative nei confronti dei figli, per questo alla fine del periodo del liceo lo affidò ad una maestra privata, Sandra Novelli, che lo introdusse al pianoforte scoprendo un’attitudine naturale per la musica. Divenne così poli strumentista, si avvicinò al mondo del Jazz Genovese, entrando nel Modern Jazz Group, dove con Fabrizio De André divenne esponente di quella che noi oggi conosciamo come “scuola genovese”. La sua morte avvenne a soli 28 anni nell’albergo Savoy di Sanremo durante l’edizione del 1967 del festival della canzone italiana.
La carriera
Nel 1961 uscì il suo primo disco “Quando”, che mostrò per la prima volta lo stile inconfondibile del cantautore in quell’arrangiamento malinconico, anche se il testo manteneva ancora le caratteristiche della musica leggera italiana del periodo. La peculiarità è che il primo album usci con un nome falso, Dick Ventuno, poiché a causa della sua iscrizione al partito socialista Italiano e ai suoi studi universitari, non voleva che la musica venisse vista dal pubblico come una sua professione.
Successivamente quello stesso anno, probabilmente grazie al successo riscosso, incise il suo primo quarantacinque giri “I miei giorni perduti” e il suo primo trentatré giri “Mi sono innamorato di te” e “Cara maestra”, pubblicandoli col suo vero nome. A causa di quest’ultimo Tenco venne allontanato dalle trasmissioni RAI per due anni. Nel 1965 incide altri suoi brani celebri con la casa discografica RCA, come “Lontano lontano” e “E se ci diranno”. Fu per lui la svolta decisiva della sua carriera, ma precisò che non avrebbe cambiato il suo stile per diventare commerciale, il suo obbiettivo era quello di avere un riconoscimento, quello cui aspira ogni essere umano quando fa qualcosa in cui crede. Nel 1976 decise di partecipare alla diciassettesima edizione del Festival di Sanremo con la canzone “Ciao amore, ciao”, tristemente legata alla sua morte.
“Ciao amore, ciao”, la sua ultima canzone
“Ciao amore, ciao” è in realtà un grido di protesta nascosto dietro le note di ciò che sembrava una canzone d’amore. Infatti il testo tratta della differenza sociale ed economica tra nord e sud Italia. Il protagonista della canzone è un contadino che per necessità lavorative si trasferisce al nord, con la speranza di trovare una vita agiata e soddisfacente, che velocemente mutò in delusione e rimpianto per la realtà lasciata alle spalle. Una condizione che Tenco racconta in maniera diretta e cruda, come era solito fare.
Andare via lontano
A cercare un altro mondo
Dire addio al cortile
Andarsene sognando
E poi mille strade grigie come il fumo
In un mondo di luci sentirsi nessuno
Saltare cent’anni in un giorno solo
Dai carri dei campi
Agli aerei nel cielo
E non capirci niente e aver voglia di tornare da te
Tenco nel testo racconta e denuncia una realtà sociale impregnata di nuova mentalità, nuovi stili di vita, nuove priorità, poi i pregiudizi e la frustrazione. È in credibile quanto questa tematica fosse tanto vera al tempo tanto quanto lo è oggi. Il testo causò l’eliminazione del brano dal festival di Sanremo, l’autore ne fu talmente distrutto che quella sera decise di uccidersi per protesta, come scrisse in un biglietto lasciato nella stanza d’albergo dove si uccise.
Chi era Luigi Tenco?
Luigi Tenco era un giovane poeta costantemente in lotta con una realtà ed un periodo storico che fu incapace di accoglierlo, l’essere innovativo è stata la sua condanna. La sua unicità artistica non ha tempo, le tematiche che lui sceglieva di trattare nelle sue canzoni sono ancora tanto attuali da fare spavento. Questa sensibilità si può dichiarare quasi perduta o forse ha solo cambiato forma. Oggi ci rimangono solo i lavori portati avanti da lui e dagli autori della scuola Genovese, con un’impronta realistica ed estremamente sociale, la loro necessità di raccontare le ingiustizie sociali cambiò negli anni Sessanta il cantautorato Italiano. Per rispondere alla domanda, useremo le parole scritte da De André nella canzone dedicata al suo più caro amico, “Preghiera in gennaio”.
Signori benpensanti
Spero non vi dispiaccia
Se in cielo, in mezzo ai Santi
Dio, fra le sue braccia
Soffocherà il singhiozzo
Di quelle labbra smorte
Che all’odio e all’ignoranza
Preferirono la morte
a cura di
Margherita Castello
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