Il riflesso di una società con “Mine Vaganti”

Il riflesso di una società con “Mine Vaganti”
Condividi su

Mine vaganti” è un film di Ferzan Ozpetek distribuito dalle sale italiane nel 2010. Il film ruota intorno a due fratelli alle prese con una famiglia tradizionalista borghese, mettendo in risalto le difficoltà nel confessare la loro omosessualità.

Feste e manifestazioni saranno presenti nel mese di giugno, questo perché, come ben sappiamo, giugno è il mese del Pride e questo porta, a chi più o a chi meno, un moto di ribellione per la mancata accettazione del “diverso”, perché in realtà siamo tutti uguali.

Oggi parliamo di “Mine vaganti” in quanto mette in luce quelle che sono delle problematiche per l’accettazione della diversità, in una società troppo ancorata a tradizionalismi e bigottismi.

Parliamo di “Mine vaganti” perché è sbalorditivo pensare, in senso negativo, che ancor oggi discriminazioni e paura di esprimere il proprio orientamento sessuale possano essere un vero e proprio scoglio per la vita di molte persone, tra cui quella dei nostri due protagonisti, Tommaso e Antonio.

Il film di Ozpetek è quell’opera in cui ritornano tutti i temi cari al regista: amore, felicità e morte si mescolano e danno vita ad una narrazione con significati più profondi

L’opera, posizionandosi tra la commedia e il dramma, tenta infatti di entrare nella coscienza dello spettatore facendo leva sulla creazione di un sorriso amaro.
Bene e male confluiscono insieme creando una rappresentazione di una realtà molto vicina.

“L’unica cosa più complicata dell’amore è la famiglia”.

Ruolo dei personaggi

Il film si avvale di un cast corale in cui varie figure ben caratterizzate interagiscono e ricreano dinamiche che danno vita ad un disegno di grande fragilità emotiva, mostrando dei comportamenti ben presenti in una cultura che non riesce a staccarsi da concetti precostruiti

Interessante è l’uso dei personaggi al servizio della narrazione e attraverso i quali si snodano tutti quelli che sono i concetti fondamentali dell’opera. La loro morfologia va a far luce su quelle che sono idee, concetti e simboli di una società ancora troppo legata a pettegolezzi, luoghi comuni e omofobia. In questa prospettiva, quindi, si nota come ad ogni personaggio venga affidato un piccolo tassello di un grande mosaico. 

Tommaso

Tommaso, il protagonista del film, interpretato da Riccardo Scamarcio, mette in evidenza un personaggio passivo, timoroso di svelare la propria natura, cercando così di ricreare una vita parallela e ben distante dalle sue origini. Bloccato dalla paura di spiacevoli conseguenze familiari, evita il confronto riguardo il suo orientamento sessuale.

Personaggio interessante in quanto, nonostante la sua natura da protagonista, si può ben notare come la narrazione ruoti intorno alle sue scelte mancate, mettendo in evidenza quella che è la difficoltà di poter esporre la propria personalità per timore di un rifiuto da parte della famiglia.

La sfida maggiore era dar corpo a un protagonista che invece di agire, si limita a reagire a ciò che gli accade intorno. Avevo paura che lo spettatore non riuscisse a identificarsi con Tommaso, ma per entrare veramente nel personaggio non avevo altra scelta se non accettare la sua passività, il suo non reagire a una serie di piccole e grandi violenze.

Intervista di Riccardo Scamarcio per Coming Soon

Antonio

Antonio, fratello di Tommaso, interpretato da Alessandro Preziosi, è anch’esso un personaggio che allontana la propria vera natura. Diversamente da Tommaso, Antonio è un personaggio attivo, diviene infatti centro di uno scandalo prendendo un posto da “protagonista” durante una cena di famiglia.

L’attore mette in scena quella che è una realtà molto comune, la realtà di un uomo-mascherato: colui che ricerca l’accettazione dalla figura paterna cercando di rinnegare se stesso e i propri sentimenti. Diversamente da Tommaso, Antonio rifiuta la sua omosessualità per lungo tempo, fin quando, arrivato ad un punto limite, porta scompiglio all’interno di una famiglia retrograda mettendo in discussione ogni cosa.

Papà Vincenzo e mamma Stefania

Papà Vincenzo, interpretato da Ennio Fantastichini, rappresenta, insieme alla moglie (Lunetta Savino), il “nemico” contro il quale i due protagonisti lottano. In questo senso, le due figure genitoriali vanno a rappresentare quella che è la rigidità di un pensiero, quelli che sono i preconcetti di una società vecchia e poco incline al progresso.

Personaggi fondamentali in quanto mettono in scena quella che è una realtà ben presente ancora oggi, permettendo allo spettatore di comprendere le dinamiche di una famiglia tradizionalista in cui non vige libertà di espressione e delle conseguenze psicologiche che questo atteggiamento comporta.

Zia Luciana

Zia Luciana, interpretata da Elena Sofia Ricci, mette in mostra un personaggio con grandi difficoltà nel vivere la propria quotidianità. In un mosaico in cui tutti i personaggi si rincorrono, Zia Luciana, invece, cerca di perdersi, rimpiangendo delle scelte di una vita ormai passata. 

Personaggio essenziale in quanto in un quadro con stesse tonalità, dirotta la traiettoria e lascia alla narrazione il tempo di un respiro in una corsa urgente alla ricerca di se stessi.

La nonna

La nonna, infine, interpretata da Ilaria Occhialini, va a rappresentare il capitano di una nave. É lei che comanda il timone e in quanto “mina vagante” rischia di creare scompiglio in un tempo indefinito. É infatti questo il suo compito all’interno della storia: creare delle scosse di assestamento affinché tutto possa tornare al proprio ordine.

Fondamentale alla narrazione, in quanto è la stessa che al termine dell’opera impartisce ai protagonisti e agli spettatori un messaggio potente, un messaggio di lotta per i propri ideali, un messaggio di amore, un messaggio di forte accettazione su molteplici realtà.

Ci si chiede, in questo caso, quanto l’età e l’esperienza possano aver fatto la loro parte con una donna consapevole di aver vissuto, di aver amato e sofferto, di aver dato, capendo in realtà che ciò che conta veramente è solo quello che ci fa stare bene.

Tommaso, sei stato bravo a resistere. Fai così, sbaglia sempre per conto tuo.

È così che fanno i signori?

No, i signori non c’entrano. Fanno così le persone che vogliono essere felici. Buongiorno amore mio.

Mine Vaganti

Spazio aperto

Il finale del film lascia spazio libero alle interpretazioni. Che non ci sia una fine definita e circoscritta è un bene in quanto va a rappresentare quella che è la lunga strada che la nostra società deve ancora percorrere per far sì che chiunque possa sentirsi al sicuro nel proprio credo. Un finale aperto e non chiaro, va a rappresentare la possibilità per lo spettatore di poter riprendere il filo da dove è stato lasciato per dare vita a nuove consapevolezze.

Conclusioni

Compito dell’arte, in questo senso, è quello di riproporre tematiche importanti in chiave problematica. L’arte (in tutte le sue forme) ha il grande compito di raccontare e attivare parti della nostra mente affinché questa possa porsi dei quesiti e lasciare uno spazio aperto alla riflessione.

Abbiamo deciso di analizzare “Mine vaganti” in quanto l’autore riesce non solo a porsi come puro narratore, ma, tramite la sua poetica, porta lo spettatore ad un’interpretazione sempre differente, ricreando un finale con molti punti interrogativi ma anche nuove vie di partenza.

a cura di
Valentina Vitrani

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – I momenti più indimenticabili di The O.C.
LEGGI ANCHE – Intervista a Martina Fusaro – Carriera, progetti e sogni della giovane protagonista di “Criminali si diventa”!
Condividi su

Valentina Vitrani

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *