“Giuramenti” dei Ministri, come luci da rincorrere

“Giuramenti” dei Ministri, come luci da rincorrere
Condividi su

I Ministri tornano con nove tracce che descrivono subito uno scenario molto differente dall’EP e dagli ultimi album della band milanese

È il 2008 e sul proprio blog Federico Dragogna scrive che “il tempo c’è, ma non si trova. I Ministri hanno passato l’estate a scottarsi e a cercar carta per scrivere. Ora che l’estate è finita e a Milano arriva quel freddo che sembra farti bene – anche se ti cola il naso – i Ministri tornano a scrivere. Ogni giorno, o quasi, e con ogni mezzo.” L’autoprodotto I Soldi sono Finiti portava rock e rivoluzione già da due anni, con tanto di critiche al mondo discografico e il famoso euro nel booklet, La Piazza EP esce in risposta agli avvenimenti del G8 di Genova, poi Tempi Bui, Fuori e un sacco di altra musica per mantenere quella promessa.

La band milanese formata da Federico Dragogna, Davide Autelitano e Michele Esposito suona già da un paio d’anni e suonerà ancora a lungo. Si fa strada suonando dal vivo e si fa viva suonando per strada, fa lavorare i lettori CD delle macchine, gli impianti casalinghi e arriva a noi, dopo 15 anni d’attività, con il settimo disco: Giuramenti.

La coperta di Giuramenti, opera di Folp del weeattogetherstudio
Cronache, numeri e scatolette

Con la forma d’un saggio mai scritto, Cronaca Nera e Musica Leggera tuona nel pieno silenzio della pandemia, vuole dare peso alla fragilità e allo spaesamento che abbiamo provato, gridandolo con suoni violenti ed una profonda, mai assente, critica nel testi. Un rock duro per raccontare una realtà che non ha bisogno d’essere edulcorata, in un EP che già nel suo formato esprime un’urgenza ed un discorso da voler affrontare subito.

Due singoli anticipano l’uscita del disco. Da una parte, con Numeri, la band riprende l’EP e ribadisce come una narrazione di sole cifre ci stia facendo annegare, fino a sentire la necessità di scendere in strada a cercare qualcuno, fare rumore, farsi sentire. Poi Scatolette, scritta in quella calma che preannunciava l’inizio della pandemia, che racconta il rapporto musica e major, musica e fan, fan e major, in cui tutte e tre le parti inseguono un amaro compromesso. In entrambi i brani, però, una luce in fondo al tunnel ci indica una via da seguire. Una via fatta di suoni più dolci, chitarre acustiche, arcipelaghi da esplorare e ritornelli più distesi.

Giuramenti

E, finalmente, il disco. Le nove tracce descrivono subito uno scenario molto differente dall’EP e dagli ultimi album della band milanese. Radici che affondano in Per Un Passato Migliore e richiamano Fuori, se proprio vogliamo inseguirle, e si ramificano in qualcosa di diverso. “Il nostro settimo album sarà intitolato Giuramenti, quelli che silenziosamente facemmo molti anni fa quando scegliemmo di seguire la musica ad ogni costo, quelli che ognuno fa tra sé e sé quando decide di legarsi a un destino, a una sorte. Lo abbiamo lavorato negli ultimi due anni schivando l’ansia sospesa nell’aria e inventandoci, come tutti, una luce da rincorrere.” dichiara sempre la band.

L’arpeggio iniziale di Documentari ne è la prova, evolvendosi in un brano che mette in luce chi fugge dalle verità e dall’attualità, rifugiandosi in una qualche illusione. Le Vipere suonano come le Rane che un tempo piovevano, racconta d’una speranza dove noi, che “siamo piccoli ma siamo tanti”, possiamo insieme tornare a muoverci. Ma è il dolce inizio di Domani Parti, con il suo giro di basso e voce sussurrata, a mettere in luce un lato più sentimentale, romantico e malinconico come il riverbero ed il crescendo degli assoli finali.

Dopo brani più pop, semplici anche nella struttura e nelle scelte, come Ci Eravamo Detti ed Esploratori, arrivano il sintetizzatore ed il giro di batteria di Arcipelaghi, che assieme al cantato melodico richiamano le prime tracce di Fuori, un connubio meraviglioso che evoca immagini tristi e potenti, come “fumare una sigaretta in mezzo alla guerriglia” o “addormentarsi al sole come una conchiglia“. E poi Comete, che rincorriamo ancora fino alla fine dell’articolo.

Come luci da rincorrere

Comete, come il Bel Canto, lascia che sia la linea melodica a condurre il pezzo, seguita dalle sonorità leggere che contraddistinguono il disco ed il suo mix. Una ending track che funziona, perché nel suo rincorrere le comete riassume il senso del disco, esplode cinematograficamente in chitarre e voci riverberate e si chiude, elegantemente, con il suono di una chitarra acustica sola.

I testi dei Ministri mettono in luce le cuciture dell’animo umano e della società, raccontano scenari reali da prospettive cui non siamo abituati a osservare. Giuramenti racconta, forse senza volerlo, il risveglio. Senza accorgercene, non raccontiamo più la Cronaca Nera e La Musica Leggera, ma esploratori, partenze, arcipelaghi, vipere nascoste in giardino e rapaci dai mille colori che illuminano uno sfondo nero.

È difficile non cercare una continuità o un punto di rottura col passato, difficile non confrontarsi con le aspettative, anche se probabilmente superfluo. Comprensibile invece come qualche fan possa aspettarsi testi più complessi, suoni più duri, soluzioni più “ministriche”. Il mio giudizio sul disco, però, è assolutamente positivo: racconta una sfaccettatura musicale inedita, più semplice e pop, che non rompe però una tradizione di brani ben costruiti, testi che stimolano il pensiero e coerenza nei suoni e nel tema che pochi album possono vantare di avere.

Nel 2008 scrivevano “ogni giorno e con ogni mezzo“, nel 2022 di “seguire la musica ad ogni costo“, sottolineando un impegno che non è mai venuto a mancare, ovvero quello di fare la musica più autentica possibile. Ed ora che ci risvegliamo, occhi languidi s’aprono dopo anni di torpore, di nebbia. Non è ovviamente più il 2008, non è più pandemia, ma un nuovo giorno che tra le ombre lascia intravedere qualche luce, in alto.
Eccoli, i Giuramenti.

a cura di
Nicolò Angel Mendoza

Seguici anche su Instagram!
LEGGI ANCHE – “Chloë and The Next 20th Century”, il nuovo album di Father John Misty
LEGGI ANCHE – Fontaines D.C., “Skinty Fia” e la diaspora irlandese

Condividi su

Nicolò Angel Mendoza

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *