“Quando le canzoni finiscono”, il secondo album di Carlo Corallo

“Quando le canzoni finiscono”, il secondo album di Carlo Corallo
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Il 25 Marzo scorso Carlo Corallo ha rilasciato il suo secondo album: “Quando le canzoni finiscono” per OSA Lab. Siciliano di Ragusa, classe ’95, Carlo Corallo è uno degli esponenti più interessanti della nuova scena rap cantautorale. La sua scrittura è vivida, evocativa, raffinata nel lessico e puntuale nella sintassi.
Quando le canzoni finiscono racconta i diversi punti di vista di chi ha perso i propri punti fermi, il proprio equilibrio e ora si trova costretto a ricostruirlo.

Carlo Corallo aveva già trovato un personalissimo stile di scrittura nel primo album Cant’autorato – uscito a Dicembre ’19: con questo nuovo lavoro, l’artista conferma l’attenzione della scena Hip Hop italiana nei suoi riguardi.
Tra le 11 tracce di Quando le canzoni finiscono, figurano 5 featuring con artisti dello spessore di Roy Paci, Anastasio, Murubutu, Funk Shui Project, Mattak.

Ciao, Carlo, il 25 Marzo è uscito il tuo secondo album: “Quando le canzoni finiscono”. Otto tracce intense, vivide, accomunate da un comune fil rouge: il punto di vista di persone “normali” le quali si trovano ad affrontare l’improvvisa caduta dei rispettivi punti fermi.
Ci racconti la genesi di questo lavoro?

Ho iniziato a lavorare a questo album in un periodo in cui pensavo di aver perso la mia ispirazione e capacità creativa. Le vicissitudini della mia vita privata, mi hanno fatto rivalutare tanti punti fermi e ho dovuto riorganizzare le energie. Sapevo che la “fine”, riferita a diversi aspetti della vita, sarebbe stata il tema del nuovo progetto.

Ho iniziato a capire quanto questo elemento sia importante perché nuovi cicli nascano e, inoltre, credo non ci sia tema più uniformante, dal momento che ci accomuna tutti. In più, un’ottica opposta al tipico modus operandi in cui si parte dall’inizio e si termina con l’epilogo, è stata fonte di nuovi sentieri tecnici e contenutistici in cui non mi ero mai avventurato.

Le tematiche affrontate e le ambientazioni nelle quali sono ambientate le tue canzoni sono estremamente varie e disparate, quasi a sottolineare questa pluralità di voci e di punti di vista. Ce n’è qualcuna a cui ti sente più intimamente legato?

Mi sento molto legato alle atmosfere di Un giardino, dal punto di vista personale. Amo molto la natura e le descrizioni verosimili dei rapporti umani. Volevo descrivere l’andamento della mia relazione più importante e sentivo il cambiamento di essa come fortemente legato all’andamento delle stagione. È stato anche un espediente per parlare della metropoli e delle sensazioni che trasmette ad una coppia di giovani.

Un altro brano che sento vicino è Storia di Antonio, perché l’artista non compreso è una figura che ho molto a cuore e che ritengo in grado di scatenare veri e propri lampi poetici, per via dell’unione tra talento e sofferenza. La penna di Murubutu ha rafforzato il racconto delle vicende della vita del pittore ed ha gestito magnificamente la parte riguardante i momenti più delicati della sua esistenza.

Ho trovato la tua scrittura sorprendente per accostamenti, similitudini ed immagini. Ho particolarmente apprezzato anche alcuni riferimenti “alti” al mondo della letteratura e dell’arte in generale. A tal proposito, il tuo stile narrativo mi ha riportato con la memoria al flusso di coscienza particolarmente in voga nel Novecento. C’è un’opera, un artista o uno scrittore che ti abbia influenzato particolarmente?

Le mie influenze in ambito narrativo sono, senza dubbio, gli scrittori della beat generation, Salinger, Murakami, Ishiguro, Romain Gary, Rigoni Stern, Andre Aciman, Italo Calvino, Saramago. Un’opera che mi ha stimolato particolarmente riguardo la scrittura di questo disco è La promessa dell’Alba di Romain Gary. Potrei citare anche La mia vita di Uomo di Philip Roth, Le braci di Sandor Marai e L’identità di Milan Kundera.

Credo ci siano differenze sostanziali tra il tuo primo album “Cant’autorato” e “Quando le canzoni finiscono”: ti va di raccontarcele?

Sono due album che parlano della quotidianità, ma in modo opposto. Il primo sottolinea la noia della routine e la repressione di sentimenti e pulsioni. Il secondo rappresenta la fine della comfort zone e l’eslposione di tutto ciò che era in fase di stasi: ecco il senso del bus malfunzionante in copertina. Un piccolo sconvolgimento all’interno della sfera personale può dare vita ad una grande ispirazione e può far identificare la scrittura come mezzo di resistenza contro la sensazione di disorientamento causata da improvvisi cambi di rotta. Personalmente, l’ho usata anche per tenere la mente salda in questo mare mosso di cambiamenti e scompiglio, che il mondo sta vivendo dal 2020.

Tipica domanda di fine intervista: quali progetti ha Carlo Corallo per il futuro?

Il mio progetto è continuare a fare musica fin quando non sarò mediamente felice. Anche perchè una volta felice, non credo di aver più bisogno di fare musica; potrei limitarmi a godere di quella degli altri. Inoltre, credo di avere ancora tante sensazioni da esprimere tramite la scrittura e il mio proposito è quello di visitare più luoghi possibili e apprendere nuove storie di vita vissuta dalle persone reali o dai personaggi nei romanzi, al fine di assorbire sempre nuovi punti di vista e spunti per la creazione della mia musica.

a cura di
Donato Carmine Gioiosa

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