Intervista a Linda: un sogno di nome fashion styling

Intervista a Linda: un sogno di nome fashion styling
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Intervistiamo una giovanissima fashion stylist, Linda Barbiero, sul suo percorso di studi, il mondo della moda e i sogni.

Domenica pomeriggio, nella nostra Padova e con un aperitivo in mano, ho avuto il piacere di parlare con Linda Barbiero, giovanissima fashion stylist da poco laureata.

Linda Barbiero

Linda è dolce e simpatica ma anche seria e consapevole. Tra una risata e un sorso di Aperol Spritz le ho fatto qualche domanda.

A voi il risultato:

Com’è nata la tua passione per la moda e qual è stato il tuo percorso di studi nel settore?

Ho sempre avuto questo interesse. Da piccola prendevo pezzi di stoffa e creavo vestiti per le bambole oppure mi mettevo i vestiti di mia madre e giravo per il marciapiede facendo finta di essere in passerella, giocavo a “Giulia passione stilista” per Nintendo DS che ti faceva entrare in quel mondo e io lo adoravo. Non sopportavo che mi vestisse mia madre, mi vestivo già da sola, quando andavamo a fare shopping sceglievo i capi che volevo.

Una cosa che mi ha sempre affascinato fin da piccola erano le pubblicità di profumi: quando le vedevo impazzivo perché era come se ti facessero vedere per immagini quello che potevi sentire nel profumo e questo mi è rimasto tutt’ora. Alle superiori la passione non ha fatto altro che approfondirsi e dopo il liceo linguistico decisi di iscrivermi all’università di Tecniche e Culture della Moda a Rimini.

si è aperto un mondo: ho studiato la teoria essenziale per conoscere questo settore in tutte le sue sfaccettature, da quelle più tecniche alle più artistiche. Adesso faccio il master di moda e più ci sono dentro più mi appassiona, non mi stanca, anzi. Ho frequentato il triennio e per un motivo legato sì, al fatto che non mi sono trovata bene a Rimini (anche se mi ha formato molto l’esperienza) ma anche per fretta personale nel voler entrare nel settore, ho scelto di fare subito il master in una scuola di moda a Verona, la Moodart.

Avevo ovviamente considerato Milano ma è costosa e molto selettiva, anche per motivi logistici ho scelto invece Verona. In Italia sono molto valide tutte le scuole di moda comunque, dipende sempre dalla disponibilità della persona.

Come mai non hai scelto anche il liceo di moda, qua a Padova?

Semplicemente perché il liceo di qui ti da le basi per creare da zero l’abito. Infatti è un liceo di fashion design e ti insegnano quindi a farlo e disegnarlo, a me non interessa molto quell’aspetto. Quello che tutti confondono è la figura del designer/stilista da quella della fashion stylist. Sono due cose completamente diverse. Il designer appunto crea i vestiti, la stylist si dedica alla comunicazione di abiti già creati. Costruisce intorno al capo un gusto, mondo e atmosfera che finisce poi negli editoriali e in molti altri contesti perché non è esiste solo un tipo di stylist (c’è la celebrity stylist, quella per le riviste di moda, per le maison di moda..).

Come ti vedresti tra 5 o 10 anni? Insomma nel futuro.

Partiamo dicendo che non è semplice affermarsi come stylist in Italia. Non è una figura ancora molto conosciuta e se lo è, è perché ha un genio e una creatività incredibile che fa breccia nelle riviste. Bisogna anche dire che la stylist non è mai solo italiana o americana… deve poter andare dappertutto tranquillamente. Una me fra dieci anni…sicuramente non è in Italia (rimarranno sempre qui le mie radici e sarò sempre legata alla mia regione) perché non vedo molto futuro, per me, qui. La mia meta sarebbero gli Stati Uniti per lavoro e più in generale, come seconda scelta c’è la Francia perché è meravigliosa.

Avrò modo di avere un primo assaggio di NY a luglio, quando la visiterò con la Moodart. Sarà un workshop con progetti ma anche visite molto altro. Della città ne sono sempre stata attratta fin da piccola. Si dice che se si vuole fare moda bisogna andare a Milano per forza e non è vero perché molte piccole realtà valide sono sparse per il nostro paese che andrebbero valorizzate ma qui i giovani creativi non sono molto incentivati (per colpa di una serie di fattori come la poca comunicazione e lo scarso utilizzo di una buona fotografia ecc..) perché il talento, in questo paese, da solo non basta, devi anche pagare e tanto.

Che percorso consiglieresti ad una persona che vorrebbe approcciarsi al settore? Un ragazz* sui 20-30 anni che vorrebbe iniziare cosa dovrebbe fare?

Innanzitutto deve avere una base culturale molto forte: deve intendersi di arte, soprattutto, di musica, letteratura, cinema e cultura in generale. Perché devi avere qualcosa a cui ispirarti, da cui partire nei lavori. Conoscere le lingue è anche molto importante.

L’inglese va saputo super bene, soprattutto quello tecnico della moda. Se si ha la fortuna di sapere il francese ancora meglio. Dev’esserci il percorso universitario o magari il master subito dopo, dipende, come dicevo prima, dalle capacità economiche e se si è disposti a spostarsi. Quindi background e passione che ti fa subito emergere dalla massa sono essenziali. è un mondo esclusivo quindi per forza serve anche la disponibilità economica.

Qual è il tuo stile, il tuo gusto personale come fashion stylist?

La stylist declina i capi della passerella nel modo giusto per adattarli alle persone.

Linda

Domanda giusta ma che non ha una sola risposta. Uno stylist deve sapere creare un mood in qualsiasi contesto e capo che si ritrova, deve saper fare qualsiasi stile, sapersi rifare in qualsiasi tipo di epoca o cultura. Quando si è giovani ci si sta ancora sviluppando e si possono avere dei punti di riferimento personali. Io non ho uno stile personale però so di avere alcune caratteristiche che si ripetono. Una mia particolarità è l’utilizzo di combinazioni di luci negli studi fotografici e questo non me lo aspettavo all’inizio.

Avevo sempre un po’ svalutato la fotografia in studio, ho sempre voluto fare in esterna, poi quando ho scoperto gli shoot in studio, tutte le combinazioni di luci, i props (oggetti) che puoi portare per creare l’atmosfera… ne sono rimasta affascinata. Ad ora devo ancora fare uno shoot in esterna. [ride] Un’altra mia caratteristica è il non essere minimalista, assolutamente.

Traggo tantissimo ai grandi classici della moda: Armani, Yves Saint Laurent, Chanel… ma non sono la mia ispirazione. Sono molto massimalista quando lavoro con i capi, adoro abbinare tessuti e texture diverse, gioco tanto con gli accessori e adoro la cura dei dettagli… mischiare per rendere unico il lavoro.

Una cosa che adoro e che forse non ci si aspetta di questo lavoro è che la stylist deve avere sempre in mente le ultime passerelle, quelle della stagione prossima, deve saperle a memoria perché è lei che poi contribuisce a creare il gusto della stagione successiva. La stylist e i designer insieme fanno la moda del momento, non solo i designer.

Che tipo di esperienza hai fatto tu nella moda?

Ho iniziato quando a 17 anni, a Valencia lavorando per un mese in uno store multibrand, successivamente gli shoot fotografici con la scuola che entrando nel tuo portfolio personale di esperienze. Impari anche ad approcciarti con le modelle il che non è sempre semplice. Alcune sono molto amichevoli altre, per timidezza o vissuti personali, ti fanno faticare di più. Però è sempre importante rispettarle, la loro fisicità e la loro mente perché non si può mai sapere cos’ha vissuto, nel bene e nel male e perché stanno lavorando quanto te.

La migliore esperienza e la più emozionante in assoluto che ho fatto è stato però lavorare alla Milano Fashion Week per N°21. Ero vestierista nel backstage, la modella MJ, era fantastica, molto simpatica e gentile. Il mio compito era appunto quello di vestire la modella con i capi pre-selezionati dalla stylist.

outfit assegnato a Linda alla N°21
Outfit assegnato a Linda alla N°21

Ero molto nervosa perché il tempo per vestirle è pochissimo, hai paura di rovinare capi così costosi e perché ogni tanto le stylist affermate e lo stesso Alessandro Dell’Acqua (designer del brand) girava a controllare il lavoro di noi vestieriste, (è capitato di averlo dietro di me a controllare come stavo facendo il mio lavoro. Per fortuna non me ne sono accorta, me l’hanno detto dopo, altrimenti avrei fatto un casino) [ridiamo].

La sfilata è stata un successone tanto che Anna Dello Russo è venuta a congratularsi con Dell’Acqua. Io stavo morendo dal batticuore a vederla. Da questa esperienza so che mi farò tutte le sfilate la prossima volta!

Lati negativi e positivi del fashion system?

La mia professione consiste nel cercare la bellezza delle cose.

Linda

Se guardiamo la moda dal punto di vista prettamente artistico tutti i lati sono positivi. Quello che mi piace in assoluto è il momento dopo lo shoot dove realizzi che quel lavoro l’hai fatto tu.

Le parti negative sono altrettante. Il fenomeno del fast fashion che permettono di vestirsi a poco con una ripresa delle tendenze delle passerelle ma questo implica un altissimo inquinamento. L’industria della moda è tra le più inquinanti ed è bene esserne consapevoli.

Ma quello che mi tocca di più sono i problemi a livello culturale e sociale. Per esempio la body positivity che è da prendere molto con le pinze adesso. È nato come movimento, nella moda, per l’inclusività. Per renderla accessibile a molte più fisicità. È una causa per cui lottare ma a cui bisogna stare attenti perché spesso si promuovono tipologie di corpi non salutari come la modella con la malattia dell’anoressia o l’esatto opposto come la modella con la malattia dell’obesità. Sono entrambi problemi di salute.

Per me la body positivity è rendere accessibili gli abiti a corpi che non sono quelli di una modella ma comunque sani. Come la ragazza estremamente magra e poco formosa o il contrario, quella formosa e magra… e il limite dell’industria della moda è che non si possono creare taglie per tutti i corpi di questo mondo. Questo avviene dalla sarta, con i capi su misura.

Un altro aspetto negativo è la grande competizione che c’è come in molti altri settori. Alla fine è l’energia che muove le persone però questo in articolare è un mondo esclusivo in cui riesci se hai talento. Devi distinguerti dalla massa.

a cura di
Sara Sattin

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