“Nei Sogni Nessuno È Monogamo”: Dargen D’Amico ha la testa pesante di chi porta la corona

“Nei Sogni Nessuno È Monogamo”: Dargen D’Amico ha la testa pesante di chi porta la corona
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Nelle ultime settimane si è parlato tantissimo di Dargen D’Amico. Prima di Sanremo, durante, dopo. Interviste, ospitate varie tra Fabio Fazio e Mara Venier, Dove si balla come sottofondo ovunque, articoli di approfondimento su riviste, meme vari e ancora, ancora, ancora…

“Il successo non mi ha cambiato” rassicura Dargen con un post su Instagram. Ed è vero, non è cambiato. Jacopo è rimasto sempre lo stesso, ma la differenza è che ora tutti parlano di lui. Con Sanremo si è fatto conoscere dal pubblico generalista, forse qualcuno avrà sentito Bocciofili in passato e avrà pensato: “Ah ma è lui”. Già.
Dunque ora è chiaro a tutti chi sia (anche se è da più di vent’anni che Dargen regala emozioni), ed è chiaro anche che il suo nuovo album sia stato uno dei più attesi di queste settimane.

Dargen D’Amico – foto dall’ufficio stampa

Di recensioni su Nei sogni nessuno è monogamo ce ne sono tantissime, ma vorrei rischiare andando al sodo con un’affermazione un po’ azzardata: è molto difficile che nel 2022 possa uscire un album migliore di questo. Non perché per quest’anno non siano previsti progetti interessanti, ma perché Nei sogni nessuno è monogamo è anche il disco più bello che sia uscito in Italia negli ultimi anni, ed è quasi impossibile riuscire a fare meglio di così. Bomba sganciata!

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe servito un Sanremo a Dargen D’Amico – oltre ad un possibile addio alla musica (per fortuna mancato) – per realizzare un lavoro del genere. Lui stesso in un’intervista confessa che il festival sia stato una conseguenza – diretta o indiretta – di Katì, il primo singolo dell’album uscito a settembre.

“Non è stata in programmazione in nessuna radio, […] e mi dispiaceva abituarmi a dover lasciare andare il progetto”

Dargen D’Amico in un’intervista

Una mina vagante tra le parole

Se Dove si balla aveva fatto storcere un po’ il naso ai fan storici del rapper milanese, abituati a temi intellettualmente più alti, gli altri pezzi presenti nell’album hanno generato sospiri di sollievo. “Non è cambiato, menomale, è sempre lui”, ma probabilmente questi fan non sono stati abbastanza attenti. Tra una musica “furba”, orecchiabile e un testo apparentemente semplice si mimetizza un significato più profondo di quanto sembri. Non basta un’attenta analisi: ne servono due, tre, quattro…

Dargen D’Amico è allo stesso tempo autore empirico e lettore modello dei suoi testi, per citare Umberto Eco. Dove si balla non è solamente una critica alla società odierna, ma una lettera d’amore verso di sé. Mentre il mondo va a rotoli e la gente pensa solo a ballare, lui è contento di essere riuscito a rimanere se stesso e a staccarsi dalla frivolezza della società. La serenità di chi, raggiunti i quarant’anni, ha trovato una consapevolezza e ha smesso di ballare.

“Ogni tanto in lontanza sento ancora musica che fa pa, pa-ra-ra, pa-ra-ra, pa-pa”

Non è nemmeno necessario analizzare sempre i brani. Lo stesso Dargen sostiene che la musica vada ascoltata e non per forza interpretata. Quindi se la si vuole considerare come una canzone tamarra da discoteca anni ’90, magari in settimana bianca, va bene ugualmente.

Stiamo pur sempre parlando di Dargen D’Amico, eclettico per definizione. Chi lo segue da tempo avrebbe dovuto immaginarlo. La regola è che non ci sono regole: lui fa quello che vuole, sempre.

Così come la decisione di far uscire Katì, che molto si avvicina ad un tormentone estivo – e ingiustamente snobbata, proprio quando l’estate ormai era finita. Ma andando indietro, la sua tendenza all’anarchia la si può ritrovare in diversi lavori. Dalla collaborazione con Isabella Turso per l’intero disco Variazioni, al progetto Macrobiotics realizzato con Nic Sarno (fate un giro su YouTube, fidatevi).

Interessante anche la rivisitazione di La bambola, cover della canzone di Patty Pravo che l’artista milanese ha portato a Sanremo. In che modo rendere attuale un brano del genere se non ricostruendo il testo come se fosse un dialogo? Qui l’uomo gioca il ruolo della finta vittima, mentre la donna prende in mano la situazione e cerca di liberarsi di una relazione tossica. Non ve ne eravate accorti?

Tra i commenti di qualche video si può leggere un “Dargenio D’Amitico“, scelta emblematica.

Poeta, cantautore e rapper

I brani di Dargen sono come dei diari dove raccoglie i suoi pensieri (basti pensare a Nostalgia istantanea), ma parlano a tutti, e fanno male per questo. Tipico del rapper milanese – anche se non è propriamente corretto parlare di rap, meglio cantautorap, come lui stesso definisce il suo genere – passare da testi diretti, e per questo dolorosi e disturbanti, a testi dove il messaggio è occultato, dove le parole nascondono altre parole, dove i significati possono essere infiniti.

E qui Jacopo si riconferma una delle penne migliori che ci siano in Italia: Nei sogni nessuno è monogamo è un racconto poetico e personale. Il brano che chiude l’album (e che porta lo stesso titolo) è il più introspettivo e profondo, anche il più commovente se vogliamo. Dargen dialoga con se stesso e riflette su chi è diventato all’interno di una società da cui si distacca. Sulla falsariga anche della traccia che apre l’album, Patatine, malinconica e bellissima allo stesso modo.

Per tutto il disco si parla di rapporti e di relazioni chiuse (Sei cannibale ma non sei cattiva, Ma noi, Ustica), si critica la società in maniera per nulla velata (la “setta” di cui parla Dargen non è altro che il genere umano) e si fanno i conti con la vecchiaia, che non è vista in modo negativo. Non ci si prende più cura del corpo, ma della propria testa, della propria conoscenza e consapevolezza.

Siamo tutti d’accordo sul fatto che il punto di forza di Dargen siano le parole, ma in quest’ultimo lavoro la produzione ha giocato un ruolo fondamentale. Per questa parte il cantautore milanese si è affidato a D. WhaleDɅNɅ, Edwyn RobertsJVLI Marco Zangirolami, ma ha curato lui stesso le sonorità di quattro brani.

Tutto fila perfettamente, il passaggio da brani più intimi a pezzi da ballare a qualche festa in spiaggia (tipo Sangue amaro) non è così brusco. Unica pecca verso il finale con La benzina sapeva di tappo, ma niente di preoccupante.

Ora Dargen D’Amico appartiene a tutti, anche a chi probabilmente non capirà mai il suo genio. C’è un po’ di gelosia, quella che provi quando qualcosa che interessa solamente ad una cerchia ristretta di persone diventa di dominio pubblico, ma alla fine va bene così: la bellezza va condivisa.

a cura di
Valentina Dragone

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