Reality show da incubo: manuale di sopravvivenza su come evitare il peggio della “Trash TV”

Reality show da incubo: manuale di sopravvivenza su come evitare il peggio della “Trash TV”
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Dagli Anni ‘90, decennio in cui abbiamo visto apparire sul piccolo schermo il cosiddetto format dei Reality show, il loro successo non si è mai fermato, anzi, è cresciuto. Essi sono diventati parte integrante, e a tratti programmi di punta, di interi palinsesti televisivi.

Paladini della Tv spazzatura, i Reality, continuano a tenere incollati allo schermo milioni di curiosi voyeuristi del cattivo gusto. La domanda sul perché sorge quindi spontanea. Da dove nasce il loro potere ipnotico trans-generazionale?

Amati o odiati, i Reality hanno invaso le televisioni, e ora anche le piattaforme streaming, di tutto il mondo. Negli anni si sono declinati e riprodotti come un “mutaforma” dalle incredibili varianti e sfumature, mantenendo però sempre un unico comune denominatore: la spettacolarizzazione della vita quotidiana sotto l’occhio vigile della telecamera sempre accesa. Un redivivo universo orwelliano 2.0 insomma.

L’illusione della “vita in diretta”

Trasmettere la vita in real time. È questo che i reality si impegnano a farci credere. Sì, proprio così, farci credere. Nulla di ciò che viene mostrato è spontaneo, ma al contrario ogni elemento ed azione seguono uno schema ben definito da una regia che tutto sa e tutto decide.

Coloro che seguiamo sullo schermo non sono soggetti scelti a caso o semplicemente fortunati vincitori di un’opportunità per accrescere la loro notorietà. È vero l’esatto opposto. I partecipanti sono selezionati attraverso casting mirati alla ricerca di specifiche qualità e caratteristiche. Se solitamente il troppo stroppia, in questo caso solo chi presenta tratti sovra-dimensionati viene preso in considerazione.

Reality e “Lettore Modello”: il voyeurista curioso

Per capire il motivo per il quale i reality continuino ad avere un così grosso seguito nonostante la qualità discutibile dei contenuti che propongono, occorrerà riflettere sugli spettatori ai quali si rivolgono.

Prendendo in prestito un termine “semiotichese”, due sono i fruitori modello per eccellenza: il voyeurista curioso e l’empatico, colui che si immedesima con anima e corpo e che vorrebbe partecipare ad ogni costo.

Se i primi, forti del potere di osservare senza essere visti, si ergono a giudici critici delle vite esposte al fine di “dare un cinque” alla propria intelligenza e superiorità, i secondi o concorrenti mancati, si immedesimano completamente nelle storie degli altri, gioendo e soffrendo per gli eventuali fallimenti dei partecipanti.

Questa fantasia degli spettatori di poter far parte del programma è oro colato per registi e produttori, che non perdono tempo a sfruttarla per delegare l’illusione di una sorta di potere decisionale e di controllo degli spettatori stessi. Niente di più falso.

Altro che Reality Tv, sono i “Factual” a fare il BOOM

Da qualche anno ormai, sui canali italiani e non solo, ad invadere gli schermi sono proprio i programmi appartenenti al genere Factual. Non più solo i soliti reality quindi, ma un nuovo genere che racconta la realtà senza filtri e regole manipolatorie.

Niente giochi, eliminazioni, nomination, giurie ma semplice e pura osservazione di quel che succede. Talvolta anche in presa diretta come nel caso di Ginnaste – Vite Parallele o del simpaticissimo Boss delle Torte.

Rientrano nel calderone anche i cosiddetti “coaching” dove troviamo un esperto impegnato ad insegnarci a fare qualcosa e i “make over” dove altre categorie di esperti specializzati cercano di migliorare, per esempio, il look o la casa delle persone.

Data l’enorme proliferazione di tali programmi nei palinsesti, si pensi a Real Time, canale nato e basato sulla “tv della realtà”, si può far avanzare il genere Factual come simbolo di questa nuova era televisiva. Un’alternativa migliore dei soliti reality blasonati verrebbe da dire, ma forse è ancora troppo presto per sbilanciarsi.

Ciò che è chiaro però, è la perfezione del genere per il contesto multi-piattaforma in cui siamo immersi oggi. Ogni canale ha la possibilità di soffermarsi sul frammento di realtà più idoneo a catturare l’attenzione del proprio pubblico. Così facendo si otterrebbe un’offerta più diversificata, di nicchia certo, ma ben direzionata. Per dirla attraverso una metafora: perché indossare i soliti abiti di tendenza visti e rivisti quando è possibile con un piccolo sforzo creativo in più avere un vestito su misura?

La “Palma d’oro” del Trash: una gara contesa tra i peggiori (o migliori) Reality della TV

Peggiori o migliori, belli o brutti, quella che segue si propone come un elenco e non come una classifica dei reality maggiormente in grado di alimentare la discussione, il dibattitto e in molti casi anche lo sdegno. Il dovere e l’onere di esprimersi sulla moralità dei vari programmi rimane però a voi telespettatori e al vostro buon giudizio (spero).

Data la vastità (ahimè) dei potenziali materiali da inserire in questa raccolta, il campo di indagine è stato ristretto solamente ai Reality contemporanei e del recentissimo passato.

Grande Fratello VIP e NIP

Impossibile non partire questo incredibile percorso da uno dei capisaldi del genere sia in Italia che all’estero. In onda per la prima volta in Italia nel lontano 2000 nella versione dedicata ai “non famosi”, il Grande Fratello ha fatto registrare ascolti altalenanti.

In soldoni, il programma prevede la permanenza di un numero limitato di concorrenti all’interno della “casa” per un tempo che va da 1 settimana per i più sfortunati (o fortunati) ad addirittura 7-8 mesi, se pensiamo all’edizione in corso.

Il punto di forza del reality dovrebbe risiedere nel mostrare in diretta 24h su 24 la vita poco movimentata e piena di frivolezze ma assolutamente spontanea degli inquilini della casa di Cinecittà. Di spontaneità ce n’è però ben poca, soprattutto nella versione VIP.

Il Big Brother italiano ha difatti perso di vista il suo dichiarato obiettivo di esperimento sociale per diventare un mero trampolino di lancio o di rinascita per personaggi dello spettacolo in cerca di visibilità.

L’Isola dei Famosi

Sulla falsa riga del Grande Fratello ritroviamo qui più o meno il medesimo format. Ambientato su un’isola del meraviglioso Stato dell’Honduras, il Reality mostra un gruppo di concorrenti “naufraghi” alle prese con la falsa vita da selvaggi.

Da questa breve premessa iniziale ci si aspetterebbe la visione di gesta e avventure finalizzate alla sopravvivenza in un ambiente privo di qualsiasi comfort. Come ben si sa però la teoria è sempre molto diversa dalla pratica, e l’isola dei famosi è l’eccezione che conferma la regola.

Il reality “vip tra gli stenti” si riduce però, come spesso accade, ad essere un mero contenitore di litigate, dinamiche amorose e antifrasi trash. Giusto o sbagliato che sia viene da chiedersi: avrebbe comunque il medesimo successo se non fosse una sorta di psuedo-fiction romanzata?

Il Collegio

Punta di diamante delle stagioni autunnali RAI, “Il Collegio” giunto ormai alla sesta edizione, si consacra come il Reality più visto dell’intero palinsesto. Il docu-reality basato sul ritorno alla vita in convitto degli anni ’70-80-90 di ragazzi under 18, rende possibile così il massiccio avvicinamento dei giovanissimi al piccolo schermo, in un’era in cui i social raccolgono tutta l’attenzione.

Il tentativo di insegnare ai giovani del Duemila che è possibile vivere senza social e socializzando dal vivo però, predica bene e razzola male. Nella pratica infatti, il docu-reality di RAI2 si è trasformato in un trampolino di lancio nel vuoto di Instagram e Tik Tok. Difficile quindi trovare un messaggio che vada oltre il “saranno famosi” o il “basta apparire”.

Son ben 3 milioni i follewer dei 24 nuovi partecipanti, se sommiamo i dati dei vari profili Instagram. Tre che diventano trenta se prendiamo in considerazione anche i numeri delle edizioni precedenti. Una macchina da guerra in grado di far tremare anche Chiara Ferragni o giovani inconsapevoli dati in pasto ai leoni?

Ex On The Beach Italia

In questo Reality, 8 “ormonati single” vengono ingaggiati per vivere sotto l’occhio attento della telecamera, un’avventura in cerca dell’amore. Il sogno paradisiaco dura però solo 24h in quanto arriveranno a sorpresa, puntata dopo puntata, i vari ex dei concorrenti. Perchè no? Un modo interessante per alimentare le riflessioni autolesionistiche dei telespettatori che sono stati ex.

I contenuti sfiorano la denuncia. Bottiglie in faccia, lanci di sedie, insulti fin troppo coloriti e cattivo gusto sono all’ordine del giorno. A questo punto il telespettatore ignaro che si approccia alla visione per la prima volta può andare incontro a 3 conseguenze:
– assuefazione da Trash e relativa fidelizzazione al programma;
– attivazione immediata del “parental control” e cambio di canale repentino;
– visione del programma con occhio da “Moige bacchettone”.

Che dire, ogni generazione ha l’MTV e il Jersey shore che merita dopotutto.

Matrimonio a prima vista Italia

In questo format due persone decidono di sposarsi senza essersi mai visti, affidando le loro sorti ad un team di esperti che ne valutano la compatibilità perfetta attraverso test psicoattitudinali. Il Reality prosegue poi nel racconto del post matrimonio. Le coppie di novelli sposi avranno infatti, all’incirca un mese per decidere se divorziare o meno.

Per molti follia, per altri mero intrattenimento e gioco. Una cosa è certa però, il programma funziona solo se l’esprimento fallisce. Gli amanti del trash bramano liti, rancori, tradimenti. D’altronde che gusto ci sarebbe se fosse tutto rose e fiori?

Dunque, esperimento sociale alla Black Mirror o combinazioni dettate da meccanismi televisivi? Ciò che rimane è un format “no-sense”, un po’ folle per certi versi, che funziona solo ed esclusivamente attraverso la non realizzazione di quella compatibilità che in realtà dovrebbe garantire. Paradossale no?

Il fenomeno del “dating-reality”: quali funzionano e quali no

Partiamo dalle note “dolenti”. “Love Island”: fenomeno televisivo mondiale divenuto un vero e proprio cult e condotto, nella versione italiana, dalla chiacchieratissima influencer Giulia de Lellis. Lo show, come prevedibile per i cultori del genere, segue h24 le vicende di un gruppo di giovani ragazzi in cerca dell’anima gemella perfetta che gli permetta di portare a casa il montepremi finale. Molto poco romantico ma si sa, i soldi muovono il mondo in effetti.

La novità introdotta dagli ideatori del programma, che può entusiasmare o far rabbrividire, risiede però nella possibilità del pubblico di rimescolare le carte, in questo caso le coppie, tramite un app appositamente creata. Una novità non da poco quindi, se consideriamo che il punto di forza dello show e dei Reality attuali in generale è la capacità di generare engagement sui social ed essere interattivi.

Questo ci catapulta in un universo un pò alla Black Mirror che strizza l’occhio a quello che il regista della serie antologica inglese, Charlie Brooker, continua a ripetere: “the dystopia is here”.

Esiste però una nicchia di Reality che riescono ad intrattenere senza annoiare, pur rimanendo senza ombra di dubbio “trash”. Doppi sensi, battute maliziose, ridicolizzazione di personaggi tipo: è questo il caso del dating-reality “Il contadino cerca moglie” che con leggerezza, e senza prendersi troppo sul serio, riesce a strizzare l’occhio ad un pubblico social sempre più avido di commenti e frasi al vetriolo.

Love Is Blind e The Circle: il “trash” targato Netflix che è impossibile smettere di guardare (per gli appassionati ovviamente)

A metà tra una puntata del Grande Fratello e una di Black Mirror, The Circle può essere considerato un Reality perfetto per l’era dei social network. La chiave del suo successo risiede nel ribaltamento di tutte le dinamiche di un programma standard.

Niente persone rinchiuse in gruppo e seguite dalle telecamere 24h su 24 ,ma una programmazione a puntate dove i concorrenti non hanno alcun tipo di contatto, se non attraverso un social network interno. Il fatto di interagire a distanza permette ai partecipanti di “essere chiunque vogliano essere”. Estremamente attuale se pensiamo alla distopia digitale in cui siamo immersi grazie o a causa dei social network.

In un’era dove la cura del proprio profilo e della propria immagine è più importante di tutto il resto, The Circle riesce ad illuminare le dinamiche in cui siamo immersi. E lo fa attraverso personaggi, marionette stereotipate di ciò che troviamo ogni giorno aprendo i nostri social, giocando sull’oggi invece che sul possibile domani.

Una nuova interessante direzione per il mondo dei Reality che speriamo possa portare a riflettere, senza essere solo mero intrattenimento.

Dopo questa brevissima parentesi positiva torniamo, ahimè, alla nostra raccolta degli “MVP del Trash”.

La Pupa e il Secchione e “baci stellari”

Completamente rinnovato rispetto alla prima edizione del 2010, “La Pupa e il Secchione e viceversa” raccoglie in un unico calderone tutto il trash e i “piccoli mostri” dell’ultimo decennio. Se agli albori si poteva avanzare una sorta di ingenuità del programma, nonché una volontà di divertire senza troppe pretese, l’edizione condotta da Paolo Ruffini e Valeria Marini è quanto di più lontano.

Di “real” c’è ben poco, a conferma del fatto che i Reality sono diventati negli anni un mero calderone di caricature e personaggi cliché, studiati a tavolino e votati al trash e al successo social. D’altronde nemmeno un bambino poco avvezzo alla matematica crederebbe che un adulto non sappia fare 2×4.

Un mix di tanti Reality italiani che fallisce nell’assumere una veste più moderna e credibile, facendo leva solo ed esclusivamente su gare all’hashtag e situazioni trash, e stimolando un voyeurismo e un erotismo di bassa lega. Che dire, stendiamo un velo di baci stellari.

Tirando le somme

Eccoci qui di nuovo con la fatidica domanda che ci siamo posti all’inizio: perché la “Tv spazzatura” è così attraente?

Alla luce di questa breve analisi è possibile avanzare che dipenda da un mix di fattori tra i quali spiccano l’aver costruito un rapporto privilegiato con un pubblico giovane e l’interattività. Il programma televisivo diventa infatti spunto conversazionale all’interno dei vari gruppi social e solo in quel caso raggiunge il proprio successo.

Come scriveva Giovanni Sartori nell’ormai lontanissimo 2007, “siamo in piena era Homo videns”. La conoscenza non passa più attraverso testi e parole ma attraverso le immagini. Il suggerimento più lungimirante sembra essere quello di sfruttare i Reality come una grande lente di ingrandimento che ci permetta di mettere a fuoco il presente.

Non sfruttare questa occasione sarebbe come scegliere di non vederci proprio, né da vicino, né da lontano. In realtà infatti, basta imparare a guardare nel modo giusto. Ad eccezione di qualche programma scientifico o di qualche notizia riportata dai programmi d’informazione tutto nella televisione è finzione.

I Reality non sono altro che pseudo-fiction romanzate sapientemente costruite, dalle quali il telespettatore non deve aspettarsi nulla, tanto meno la rappresentazione di comportamenti spontanei di persone comuni. Solo così è possibile provare a godere di un intrattenimento leggero senza troppe pretese.

a cura di
Jessica Bondi

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