S16 di Woodkid: evoluzione sulfurea

S16 di Woodkid: evoluzione sulfurea
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Yoann Lemoine inizia la sua carriera come regista di video musicali per artisti come Rihanna, Drake, Katy Perry. Quando la telecamera smette di girare, Yoann si dedica alla musica e dà alla luce il primo disco: The Golden Age, anticipato dai due EP Iron e Run Boy Run. Il debutto ottiene grandi risultati e si rivela per alcuni versi unico nel suo genere: un chamber pop di cui cura testi, produzione e video, che canta e compone.

Il debutto annovera singoli importanti come Run Boy Run, I Love You e tracce meno popolari ma egualmente preziose come Boat Song e Ghost Lights. Woodkid si presenta all’industria discografica con uno stile ed un immaginario ben preciso: voce calda, storie dense di sentimento, corde e fiati d’orchestra.

Nei sette anni che intercorrono dal primo al secondo album, Woodkid non smette di lavorare sul gusto e sull’arte, passando dalla musica, al design, alla moda. Collabora con Luis Vuitton, con JR, con Jonàs Cuaron (figlio di Alfonso) per la colonna sonora originale del film Desierto.

Così, silenziosamente ed oscurato da un periodo burrascoso, il 16 ottobre esce la seconda opera dell’artista francese: S16. Il disco viene anticipato da Goliath, Pale Yellow ed Horizons Into Battlegrounds, tre singoli che lasciano presagire qualcosa di molto diverso rispetto al passato, ma che per certi versi ne sono molto legati. Un nuovo immaginario, suoni meno armoniosi, un nuovo concetto alla base del disco.

L’immaginario: S16

Si aggiunge sempre una certa curiosità nei confronti degli artisti che oltre al design della musica curano anche quello visivo, creando scenari e paesaggi che completano le loro produzioni e rendono il prodotto artisticamente completo. Alla base di tutto c’è lo zolfo, identificato sulla tavola periodica come S, seguito da 16, che altro non è che il suo numero atomico.

Lo zolfo è essenziale per tutti gli essere viventi ma che ad alte concentrazioni può essere letale: da questo contrasto nasce S16, dove vita e morte, distruzione e speranza, coesistono. “Le nostre vite sono fatte di contrasti, anzi, la mia convinzione è che più andiamo a fondo, più scaviamo per giungere al cuore di quei contrasti, più possibilità abbiamo di sperimentare il bello” racconta Woodkid in un intervista per The Rolling Stones.

Nel videoclip di Goliath, il primo assaggio di S16, lo scenario è distopico, industriale e apocalittico. Per l’ideazione del disco Woodkid crea una compagnia fittizia, la Adaptive Minerals, con una storia curata nei minimi dettagli: dal fondatore, ai dipendenti, ai progetti dell’azienda. Essa estrae Alternate Sulphur (phi-S16, come illustrato anche nei vari artwork) in ingenti quantità, sostenendo come esso porterà alla salvezza dell’umanità.

Nel sito incredibilmente dettagliato, in basso a destra vi è il modo di fare login come impiegato richiedendo password e mail. Un enigma che ha portato gli utenti a sviscerare il video musicale e a trovare le credenziali del giovane David Lehner, unico impiegato che prova ad opporsi all’industria, e a trovare una serie di file interessanti. David contro Goliath, l’uomo contro la macchina, uno scontro impari dal risultato inatteso.

In Pale Yellow, o nel live che ha registrato per COLORS, Woodkid mette in mostra le sue capacità di grafica 3D e motion design: nel primo replica sé stesso in versione robotica, nel secondo disegna, modella ed anima un cane robotico/metallico.

Tutto riconduce al rapporto di distruzione e necessità tra uomo e industria, che in S16 è la stessa sottile linea che divide l’amore dall’odio, il bene dal male. Lo zolfo per Woodkid rappresenta questo, il filo narrativo per raccontare di un’intimità nuova ed in uno scenario a tratti fantasy e sci-fi. 

La musica: un’evoluzione innaturale

In S16 si nota subito una discontinuità dall’opera precedente. Sono rinnovati infatti composizione e struttura dei pezzi, suoni e strumenti utilizzati. La tracklist è ben composta e vanta 11 tracce per un totale di 45 minuti.

La prima cosa che si nota è il sorprendente uso di percussioni metalliche, costruite su più livelli e che fanno sapiente uso di pause e riverberi. La sopracitata Goliath ne è un perfetto esempio, unito ad effetti e bassi potenti che ne amplificano l’effetto “industriale” e quasi disegnano col suono quello che Woodkid completerà poi la voce. “Where are you going, boy / When did you get so lost?“.

Sono i contrasti a rendere S16 unico e allo stesso tempo molto poco commerciale; basi epiche si intervallano a melodie emotive, brani violenti si completano con la sua voce dolce e calda. Se In Your Likeness è un inno alle fragilità, Enemy lo è dell’autodistruzione.

Highway 27 e So Handsome Hello sono i brani che si avvicinano più a essere due singoli musicali veri e propri, più semplici da ascoltare e canonici nella struttura, in cui Woodkid ci fa prendere aria. Shift, invece, è forse il brano più fuori contesto, dove una voce rotta alla Antony Hegarty viaggia da sola tra piano e archi.

Nella scrittura Woodkid lascia indietro una metrica serrata e catchy e decide di dare più ampiezza alle parole, dilatandole e dando loro più spazio, a sfavore di ritmiche che eravamo abituati a trovare in I Love You e altri suoi singoli di spessore. Horizons into Battleground in questo senso funziona da ponte verso il vecchio Woodkid: un arpeggio di piano lascia la voce di Yoann prendere forma e giocare sulle note basse e sulle alte.

Minus Sixty One chiude il disco, tornando alle atmosfere epiche dalla composizione orchestrale, condita dal coro del Tokyo’s Suginami Junior Chorus. L’assenza di batterie e percussione qui vuole chiudere il cerchio, e con esso la storia che racconta. Poi cala il sipario.

Musicalmente è quindi un disco coeso, coerente per quanto riguarda idee e scelte. Percussioni metalliche, arpeggi di piano, corde orchestrali, alcuni sample, cori e una voce più coraggiosa di Yoann costruiscono il genere Woodkid. Sono i contrasti tra il dolce ed il violento, tra l’epico e l’intimo, che fanno evolvere il disco dal precedente.

La recensione

Lo zolfo incarna per Woodkid tutto quello di cui vuole parlare. S16 nasce in bilico tra forze contrastanti, in lotta tra sofferenza e piacere. Nella copertina del disco l’abbraccio tra lui ed il sé sulfureo racconta di come il focus sia interiore. “Perché è un album che nasce da un processo d’introspezione profonda. Parla di dubbi e paure effettivamente molto intimi, privati e in certa misura ambivalenti”. 

Che Woodkid non crei solo musica è chiaro sin dal primo ascolto: c’è una struttura, un’idea e una storia. Questo già basterebbe a rendere il prodotto interessante; se ad esso uniamo una cura dei suoni di altissimo livello, una voce meravigliosa capace di note gravi e falsetti e dei brani di grande emotività il prodotto diventa imperdibile. L’evoluzione di Woodkid sotto alcuni aspetti è innaturale: nel disco sono assenti singoli che lo avrebbero aperto ad un pubblico più grande.

È chiaro come l’età dell’oro sia terminata e abbia lasciato posto a quella dello zolfo. In questo mondo distopico Iron diventa ruggine e gli anni dell’adolescenza vengono lasciati indietro. Il ragazzo che in Run Boy Run doveva correre e scoprire il mondo adesso deve scappare da sè stesso. Il metallo ha sostituito il tribale, la disillusione ha sostituito il sogno. 

S16 è un percorso, una storia, che si rivela sempre nuova a più ascolti, coesa nella composizione, interessante per cura dei dettagli ed intensità emotiva. Immaginazione e contrasto sono gli ingredienti principali dell’opera. Questo contrasto però non distrugge l’equilibrio, ne crea uno nuovo tra il bene e il male, tra l’uomo e la macchina. Solo che non sappiamo da che parte stiamo.

a cura di
Nicolò Angel Mendoza

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