Questa è immensità: Andrea Lazlo de Simone – Express Festival, Bologna

Questa è immensità: Andrea Lazlo de Simone – Express Festival, Bologna
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Venerdì 23 e sabato 24 ottobre il Teatro Auditorium Manzoni di Bologna ha accolto l’Express festival, progetto annuale ideato dal Locomotiv Club. Come ogni anno, il festival ha ospitato artisti nazionali e internazionali e stavolta la città emiliana ha avuto il piacere di farsi palcoscenico per l’artista Fatoumata Diawara (23 ottobre),una tra le voci più rinomate della world e african music, e per Andrea Lazlo de Simone (24 ottobre) uno tra i cantautori italiani che ne indossa le vesti senza arrivare a compromessi.

Dei due concerti ho avuto l’onore di prendere parte alla rappresentazione della seconda giornata dell’Express festival, quella dedicata ad Andrea Lazlo de Simone.

Comincerei facendo un grosso applauso alla meticolosità con cui il Teatro Manzoni non solo ci ha accolto, sempre tenendo ben a mente quelle che sono le norme igienico-sanitarie e distanziamenti, ma anche quanto lo staff di sala sia stata ben attento che nessuno ad un certo punto potesse per puro errore di distrazione abbassarsi la mascherina.

Io ero seduta in galleria e ho potuto scrutare dall’alto le sedute tenute vuote per evitare che, in un momento così magico come un concerto, a qualcuno potesse scappare un abbraccio di commozione. Insomma, posso dire con certezza che i teatri, così come immagino anche le sale concerti e i cinema, non sono poi dei focolai a cui è meglio apporre delle catene per evitare il proliferare dei contagi.

Ma torniamo al concerto, parliamo di cose belle

L’Auditorium mi ha messo molto a mio agio, e per me che Andrea Lazlo sono abituata ad ascoltarlo in piedi con in mano una birra, le poltrone super confortevoli quasi non credevo di meritarmele.

Calano le luci. Sul palco salgono uno alla volta nove (sì, proprio NOVE) artisti: due tastieristi, un chitarrista, un bassista, un batterista, una violoncellista, una violinista, un trombettista e infine Andrea, che si posiziona al centro del palco con la sua tastiera e chitarra, e immancabile, un posacenere enorme a portata di mano.

Per chi non lo sapesse, infatti, Lazlo ha questa capacità innata, che qualcuno chiamerebbe dono, di riuscire a fumare e cantare contemporaneamente per tutta la durata del concerto, ma non solo, riesce persino a girarsi le sigarette imbracciando la chitarra. Un mago che ha alla fine dello spettacolo ha reso tutto il pubblico degli accaniti tabagisti.

andrea laszlo de simone

Dunque, finalmente calano le luci e finalmente per due ore belle piene tra acclamazione, sempre composta, del pubblico e voglia dei musicisti di suonare fino al limite del tempo imposto dal precedente DPCM, si viene immersi nella suite Immensità prima e in Uomo Donna poi, senza neanche che ce ne si potesse accorgere.

Tu sei seduto sulla tua poltroncina e di fronte a te sta succedendo una catarsi musicale fatta di cerchi di luce, un ensemble magistrale, e un ritorno (grazie anche ai costumi di scena, permettetemi di chiamarli così per deformazione professionale) agli anni Settanta, che solo una faccia e nove volti come quella di Andrea Lazlo sa regalare a chi ha avuto la fortuna di apprezzarlo dal vivo.

Chiedo infatti, a chi ha avuto la possibilità di vedere il concerto, se almeno per un minuto non si sia sentito in un mood post-sessantottino. Ad un certo punto mi sono dovuta guardare intorno per ricordarmi che forse stavo sognando un po’ troppo, e che ero ancora nei ruggenti anni Venti.

Ormai per Lazlo posso dire di provare un amore conclamato, colpo di fulmine dalla prima volta in cui l’ho ascoltato dal vivo. E dopo vari live, non posso che riconfermare che sul palcoscenico di un teatro, luci spente, mascherine, posti distanziati, il calore e i brividi non sono mancati.

Mi rattrista solo una cosa: dover parlare di tutto ciò come un evento e una perla rara per la musica nel 2020, anno che sembra farci assistere “come un cane tirato” alle “misere esequie” e ad un “eterno riposo” della cultura.

a cura di
Ilaria Rapa

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