Metti una sera d’estate, o una domenica pomeriggio particolarmente pigra. Aggiungi che coi primi caldi – magari ancora costretti in città – venga la voglia di immergersi nell’atmosfera vacanziera della Romagna. Metti, ancora, che ne parlino tutti e decidi, così, di guardare Sotto il sole di Riccione.
Esistono commedie italiane divertenti e intelligenti, altre costruite esclusivamente su gag di pancia, altre ancora cucite attorno a un cast di caratteristi. Ci sono film comici di serie B, guilty pleasures più o meno dichiarati a cui tutti ci abbandoniamo volentieri.
Ci sono, infine, film semplicemente brutti e consapevoli di esserlo. E poi c’è Sotto il sole di Riccione, che non è niente di tutto questo. Sotto il sole di Riccione è una punizione, un’esperienza faticosa e a tratti criminale.
Prodotta da Lucky Red e distribuita da Netflix, questa commedia sentimentale segna l’esordio alla regia dei videomaker YouNuts!, al secolo Antonio Usbergo e Niccolò Celaia. Deus ex machina dietro al progetto, Enrico Vanzina, che firma la sceneggiatura insieme a Caterina Salvadori e Ciro Zecca.
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Più che un omaggio un insulto
La trama, se così possiamo chiamarla, è ben presto riassunta: un gruppo di ragazzi in vacanza a Riccione che cerca, più o meno romanticamente, di accoppiarsi e/o trovare l’anima gemella.
L’intento sarebbe quello di rendere omaggio a Sapore di mare, commedia leggera e godibilissima del 1983 scritta e diretta da Calo Vanzina. Peccato che, più che un omaggio, Sotto il sole di Riccione risulti a tutti gli effetti un’offesa; tanto nei confronti di Sapore di mare quanto ai sensi dello spettatore.
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Vecchia guardia, nuova guardia
Fatta eccezione per Isabella Ferrari, Andrea Roncato e Luca Ward, il cast è una giustapposizione di attori giovanissimi più o meno noti. E Tommaso Paradiso. Onnipresente in sottofondo, Paradiso ci delizia – come se non avessimo già sofferto abbastanza – con un cameo alla fine del film.
Probabilmente scelti sulla base dell’incapacità a recitare, gli attori interpretano personaggi che sono tutti un concentrato di vuoto, stereotipi e inutilità. Ci sono lo sfigato, il friendzonato, la sensibile, il buffone, i giovani adulti in crisi, la provocante, il ragazzo cieco tenero e romantico.
Nessuno di questi rappresenta un tipo umano in cui lo spettatore adolescente o giù di lì possa identificarsi. Tutti i personaggi sono la copia scialba e mai credibile della visione che un adulto buongiornista ha di loro.
Senza dubbio, alla prese con una sceneggiatura degna di tale nome, i giovani interpreti (o almeno una parte), avrebbero dato prove migliori, ma tant’è. Allo stato dei fatti il risultato è imbarazzante su tutta la linea.
Andrea Roncato, bollito più che mai, veste i panni dell’ex bagnino playboy semi-redento che la sa lunga sulle donne e dispensa consigli sul rimorchio; il tutto senza far ridere mai, manco per sbaglio.
Campione indiscusso dell’effetto comico involontario e dell’imbarazzo è invece Luca Ward nel ruolo del bodyguard che fa perdere la testa a un’Isabella Ferrari affaticata e fuori parte come non mai.
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Cringe
Tutti i dialoghi, le battute (non comiche, non fatevi illusioni) e le riflessioni sembrano scritte da qualcuno che non abbia mai avuto a che fare con un ventenne. I personaggi non sono credibili, non sono caricature, non sono né buffi né tantomeno profondi.
Se è vero che da un film come Sotto il sole di Riccione, nessuno pretendeva profondità o spessore, ci si aspettava come minimo intrattenimento, piacevolezza e magari qualche risata. Invece ci si ritrova a subire un’ora e quaranta di noia, sonno e vuoto, punteggiati qua è la da sconforto.
Una regia piuttosto anonima e una fotografia che potrete ricreare comodamente da casa vostra con i filtri di Instagram completano in quadro. Sotto il sole di Riccione ha tuttavia anche un grosso pregio: vi permetterà di guardare sotto un’ottica diversa altri prodotti Netflix Italia particolarmente sfortunati.
Ed ecco che vi ritroverete a rivalutare cose come Summertime, Baby o addirittura Luna Nera che confronto al film degli YouNuts! sembrano autentici capolavori. La paura, ora, è che Netflix Italia continui a sfruttare il filone teen e le sue declinazioni con prodotti come questo. Prodotti che noi, da esseri umani prima ancora che da spettatori, non ci meritiamo.
a cura di
Anna Culotta
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