Intervista agli Em4ncipation, l’Italia che guarda Oltreoceano

Intervista agli Em4ncipation, l’Italia che guarda Oltreoceano
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Gli Em4ncipation arrivano al traguardo del secondo disco con Blowing Time Away. Il quartetto italiano, ma che guarda Oltreoceano, ha collaborato per buona parte delle canzoni con il rapper Yah Supreme; l’artista statunitense permette al gruppo di ottenere una dimensione internazionale, in bilico tra jazz e hip hop.

Chi si aspetta dagli Em4ncipation un disco di difficile comprensione e pieno di virtuosismi musicali viene tradito sin dal primo ascolto. Una musica contaminata che mescola in sé le influenze musicali di una metropoli come New York; città che non si richiama solo con la presenza di Yah Supreme in molti pezzi, ma anche dal mood dei vari brani.

Non solo jazz quindi, ma anche hip hop old school e soul. Un disco dal respiro internazionale e apprezzabile su più livelli. Ottimo come sottofondo per una serata chillout, soprattutto in brani come Step Lively, ma anche eccellente per coloro che vogliono un ascolto più profondo e tecnico.

Abbiamo incrociato gli Em4ncipation per parlare di questa loro ultima fatica discografica e delle circostanze attuali che li hanno costretti, loro malgrado, a rivedere i piani nell’immediato.

Potete raccontare brevemente la storia degli Em4ncipation? E perché questo “4” nel nome del gruppo?

Il gruppo nasce come progetto leader del nostro batterista Alessandro Rossi ma evolve naturalmente in un collettivo nel giro di un paio d’anni. “Emancipation” era il titolo del primo disco e, per rendere unico lo spelling del nome della band, abbiamo inserito il 4 al posto della prima A, del resto siamo in quattro anche noi.

Nel 2017 avete pubblicato l’omonimo debutto. Quanto avete dovuto sgomitare per farvi conoscere?

Il primo disco è nato all’interno del circuito del jazz italiano, una piccola nicchia in cui abbiamo cominciato presto a non sentirci a nostro agio. Le incursioni all’estero ci dimostravano come un pubblico giovane, che in Italia -nel jazz- manca, era molto interessato alla nostra musica, per questo abbiamo deciso di fare un secondo lavoro non solo strumentale e di entrare nel circuito dei club.

Blowing Time Away vi ha visto collaborare con Yah Supreme. Come è nata questa collaborazione?

Il nostro bassista e produttore Andrea Lombardini aveva collaborato con lui ormai una decina di anni fa, rimanendo sempre in contatto in vista di un’occasione giusta per fare di nuovo musica insieme. Quando ci ha fatto sentire i suoi lavori solisti abbiamo tutti pensato fosse la persona giusta. 

In molti hanno definito gli Em4ncipation un collettivo jazz rap. Vedete il jazz come una musica “ingessata” in degli stilemi inamovibili o un genere che vive di contaminazione?

Qualsiasi musica trattata come specie da preservare di fatto ne decreta la morte. Noi la vediamo così: il disco di Miles Davis col produttore hiphop Easy Mo Bee (Doo-Bop) ormai ha 30 anni, per noi basta come “patente” per mischiare jazz e hiphop, è storia, non più una sperimentazione. 

Il singolo Step Lively apre l’album ed è anche protagonista di un videoclip. Che messaggio avete voluto trasmettere con questo video?

Step Lively è l’invito della voce registrata nella metropolitana di NYC a lasciare celermente le carrozze. E’ una metafora del muoversi in fretta ma con uno scopo, con vitalità. Il video mostra una situazione quasi simile a quella che stiamo vivendo ora, una quarantena alternata da dei momenti di esplorazione di un mondo contaminato. Rappresentava un invito a non dare nulla per scontato, con l’ottimismo di essere solo una situazione onirica, nel finale, un sogno distopico. 

Il disco lo avete registrato in Italia, avete collaborato anche con un artista tricolore (Davide Shorty), ma è innegabile che guardate molto all’estero. A quali nazioni guardate mentre componete la vostra musica?

Guardiamo principalmente a USA e UK ma non per mera esterofilia. Per noi tutta la musica afroamericana è un grande albero da cui non si possono togliere le radici. Quando sentiamo la musica che viene etichettata come “hip hop italiano” non riconosciamo queste radici, al contrario ci sembra più simile al cantautorato. Davide ha entrambe le anime, sa scrivere canzoni ma ha anche una passione e un rispetto autentici per la Black American Music.

Il Coronavirus ha sicuramente bloccato, almeno temporaneamente, la vostra attività live. Con l’occasione, e con la tecnologia che vi permette di lavorare “a distanza”, state già lavorando a dei brani inediti?

A dir la verità si, il nostro piano era di registrare il nuovo materiale quest’estate ma la situazione attuale ha rallentato un pochino i piani.

Quali sono i vostri piani di esibizioni dal vivo? E’ tutto in standby o avete già qualche conferma, magari durante l’estate?

Avremmo un tour a fine maggio ma purtroppo alcune date sono già saltate e le altre sono tutte sospese. E’ un colpo duro per noi anche perché dobbiamo gestire le logistiche di Yah che vive a NYC. Purtroppo in questo momento nessuno si senti di fissare concerti per l’estate. Ad ogni modo prima o poi finirà e torneremo!

A cura di
Nicola Lucchetta

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