TUM: la musica bella, è quella che esce dagli schemi

TUM: la musica bella, è quella che esce dagli schemi
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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con TUM, un atipico cantautore milanese di cui vi invitiamo ad ascoltare il suo album di debutto Take Off and Landing, un viaggio tra folk e rock in inglese

Questo è quello che ci ha raccontato, buona lettura!

Tum è sempre lo stesso di quel primo singolo, Darker, o è successo qualcosa nel frattempo?

“DarKer era una fase di decollo di questa “band” che si chiama TUM tutto maiuscolo. È un brano che mi girava in testa da anni e sono riuscito a chiudere in India con l’aiuto del mio amico indiano Vernon Noronha, non l’avrei chiusa altrimenti.”

“Poi nello scorso anno ho messo insieme tutti gli altri pezzi, li ho suonati e cantati fino allo sfinimento con Gabriele ed El Vis ed è uscito “Take Off and Landing” questo mio/nostro/loro primo dischetto.”

“Mi sono accorto che quasi tutti i testi di queste canzoni sono stati scritti con le note del telefono quando ero sugli aerei.”

Com’è andata in India? Che cosa c’è ancora di quel viaggio nel disco?

“A volte sono un po’ cinico, ti confido che ridevo spesso quando leggevo articoli con il taglio sensazionalistico in cui le persone descrivono l’India come l’esperienza della vita, quella cosa che ti cambia la prospettiva e il modo di vedere le cose.”

“Poi mi è capitato un’occasione di lavoro per poterci stare qualche mese e cosa ti devo dire, a conti fatti mi ha completamente ribaltato. Non parlo di svolte mistiche ma di confronti con le persone, discorsi, sguardi…scambi.”

“Stavo a Mumbai e nel weekend giravo spesso con il mio amico Abi che ho conosciuto per caso, Mi ha presentato la sua famiglia e ho passato molto tempo con loro, ci sono state situazioni in cui mi sono raccontato come mi capita raramente di fare.”

“Quando sono tornato ogni tanto mi prendeva una specie di “straniamento”, guardavo tutte le cose che avevo appoggiate sugli scaffali e che non usavo mai perché ero sempre di corsa (libri,videogiochi, cose) e mi saliva questo pensiero; “noooooo non mi serve nienteeee, mi fa schifo tuttoooo”.”

“Boh, adesso mi è un po’ passato e ogni tanto qualche partitella a NBA2K la faccio ancora… però quando penso a certi sguardi dei bambini di Colaba mi si stringe la gola e mi viene voglia di prendere un volo e tornare li con loro. Inevitabile che l’india si sia tuffata in questo disco qui, a bomba…”

Esiste una scena musicale milanese? Qual è il suo centro e chi ne fa parte?

“Vado ai concerti che mi piacciono e a Milano ce ne sono tantissimi e organizzati da persone che sanno fare questo mestiere. Mi piace quando la musica esce dagli schemi, dalle logiche del palco illuminato e delle persone che se ne stanno lì ferme a sorseggiare birrette con lo sguardo pallato nel vuoto.”

“Un buon esempio di come scardinare questa cosa l’ha messo in piedi Barnaba Ponchielli con la sua programmazione da Gattò che da lontano potrebbe sembrare un ristorantino gourmet di Porta Venezia ma ogni lunedì si trasforma in un posto magico di incontri, musica e zeppoline di pasta cresciuta.”

“Uno dei miei posti a cui sono molto affezionato resta il Magnolia, forse perché essendo a Linate mi da l’impressione di fare un “piccolo viaggio” per arrivarci.”

Quali sono le tue influenze musicali? Qualcosa che non ci aspetteremmo?

“Mettiamola sul cronologico. A 14 anni cantavo in una band punk-blues che distorceva le cover di Willie Dixon, l’ho fatto per 5 anni girando tutti i pub della Lomellina.”

“Poi ho scoperto gli Eels di Beautiful Freaks e i Death Cab di Transatlacticism e gli ho ascoltati in cuffia molte volte. Poi sono andato a vedere gli I am Kloot al Rainbow.”

“Era il 27 ottobre del 2003 e in quella serata sono successe delle cose che mi portano qui. Ho fatto amicizia con il gruppo spalla e sono diventati i miei amici di una vita.”

A chi ti definisce un artista country, cosa rispondiamo?

“There’s a snake in my boots…”

Cosa significa essere uno storyteller? Sei uno storyteller?

“È una bella domanda, non ci ho mai riflettuto sai? Scrivo d’istinto e spesso associo immagini/ricordi/sensazioni che in sequenza raccontano a loro modo una storia, a volte anche a me stesso…”

“Non mi sono mai seduto a tavolino a scrivere un pezzo su un tale argomento, non so nemmeno se ne sarei capace. Per me fare musica è stare con i miei amici, raccontarsi, ascoltarsi, condividere.”

“Questo disco senza Gabriele ed El Vis e tutti i miei amici che ci hanno suonato non sarebbe mai uscito. In questo periodo della mia vita riesco a far musica solo con le persone che mi danno fiducia e di cui mi fido. E’ uno scambio, continuo…”

Ci lasci con una playlist di cinque brani che per mood o genere si avvicinano a tuo disco?

  • Big Thief – Not ( Tensioni, tensioni, tensioni, tensioni )
  • Langhorne Slim – Spirit Moves (Guardare in alto e sospirare forte)
  • Pinegrove – Old Friends (gli abbracci degli “amici di una vita”, quelli che ci si capisce senza parlare)
  • Spencer Tweedy – Everyday Apostles (Stare uniti e superare le avversità insieme)
  • Vetiver – Swaying (Ondeggiare, ondeggiare sempre, ondeggiare comunque)

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a cura di
Conza Press

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