#GentEmergente – “La tuta di Goldrake” è il nuovo disco di Brilla

#GentEmergente – “La tuta di Goldrake” è il nuovo disco di Brilla
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La missione? Riportare il cantautorato alla sua natura originaria. L’intervista all’artista ligure

Si intitola “La tuta di Goldrake” ed è il nuovo disco di Brilla, in uscita oggi 25 ottobre, per Pioggia Rossa Dischi e Dischi Soviet Studio.
Si tratta del LP di debutto dell’artista a metà strada tra Liguria e Toscana, un esordio edizioni Metatron su lunga durata dopo l’esperienza dell’EP omonimo. Un lavoro, quello di Brilla, che punta a riportare il cantautorato nella sua dimensione naturale, dove echi e rimandi esistenziali incontrano atmosfere spensierate.

La Tuta di Goldrake racconta in nove tracce frammenti della vita in una giostra al contrario: l’opening track “Non siamo vergini” riflette le difficoltà della quotidianità adulta, mentre in “Ferite” a parlare è l’adolescenza. I brani rimandano alla tradizione cantautorale italiana, rinnovandola con sonorità e arrangiamenti avvicinabili a The War On Drugs.
Il titolo del disco e la traccia omonima descrivono quel mantello metaforico che ognuno di noi indossa ogni mattina per combattere le insidie grandi e piccole che avvolgono la vita: siamo tutti supereroi e Brilla ce lo ricorda.

“La tuta di Goldrake la indosso, la uso: in questo disco svelo i suoi poteri.”

E noi ci siamo fatti raccontare qualcosa in più su di lui e la sua musica.

Ciao Brilla! Raccontaci un po’ di te
“Ciao! Da piccolo ho sempre ascoltato la musica dei cantautori italiani: era ed è il mio genere musicale preferito. Ho iniziato a scrivere all’età di 14/15 anni: mi faceva stare bene, mi aiutava a passare i momenti di solitudine. A 16 anni ho preso in mano la prima chitarra classica, con l’intento di imparare a suonarla, per poi abbandonarla dopo poco. L’ho ripresa una volta superati i vent’anni e ricordo che scrissi subito una canzone mia.”

Non posso domandarti “perché Brilla?”, perché è il tuo cognome ma, ti chiedo, hai mai pensato ad altri nomi d’arte nella tua carriera? O magari li hai avuti…
“In realtà voglio confessarti che la scelta di Brilla si distacca parecchio dal mio cognome. Certo, lo è, ma quando lo scelsi mi convinsi proprio perché la parola porta con sé molteplici significati: mi piace pensare di non aver ancora deciso quello principale. Forse in questo periodo Brilla sta per “una ragazza che ha alzato un po’ il gomito”.
No, è l’unico nome che abbia mai avuto: ho suonato con altre band, ma il mio percorso solista ha sempre avuto lo stesso titolo.”

Oggi è uscito il tuo nuovo disco: raccontaci qualcosa a riguardo.
“La Tuta io ce l’ho e credo che ognuno di noi ne indossi una per i più svariati motivi: in primis per superare gli ostacoli del quotidiano. La differenza sostanziale rispetto all’EP precedente è che su “La tuta di Goldrake” avevo le idee chiare fin da subito. Volevo mandare un messaggio e volevo che quel messaggio suonasse esattamente in un modo. Di conseguenza mi sono pre-prodotto il disco prima in cameretta e poi in studio, con l’aiuto di Mattia Cominotto del Greenfog Studio di Genova.”

Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali e non?
“I miei punti di riferimento nella vita sono i miei genitori. Avere alle spalle due persone che ci sono sempre è fondamentale per me.
Nella musica ci sono molti artisti che mi piacciono, italiani e stranieri, ma se penso ad un punto di riferimento in particolare nelle mie produzioni è il mio gusto, che deriva dai dischi ascoltati negli anni. E poi l’emozione.”

Il 20 settembre scorso è uscito “Quel Senso di Sete” e nella copertina hai inserito una scritta in giapponese: perché proprio il giapponese?
“L’idea del giapponese è dei ragazzi di Pioggia Rossa Dischi: fa riferimento alle origini di Goldrake, giustamente. Io avevo solo un gran voglia di truccarmi! Invece la scritta in giapponese sul singolo “Quel senso di sete” voleva essere un indizio sul personaggio di riferimento nel disco.”

Viviamo un bel momento per la musica italiana ma, secondo te, è davvero tutto così indie?
“Secondo me più che indie ormai è proprio “musica italiana”. Credo che indie ormai sia un termine di cui tutti ci siamo appropriati un po’ per differenziarci.”

Che tipo di artista ti definiresti?
“Mi definirei “trasparente”, è lui il vincitore!”

E infine, siccome ci chiamiamo TheSoundcheck: che cosa non deve proprio mancare durante il Soundcheck prima di un concerto? Hai qualche rito scaramantico?
“Un po’ di vino, che come il basso serve ad amalgamare l’atmosfera.”

a cura di
Giovanna Vittoria Ghiglione

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Giovanna Vittoria Ghiglione

Giovanna, classe 1992, è un’instancabile penna incallita. Per lei, le cose importanti passano tra inchiostro e carta: tutto il resto è noia. Impulsiva come Malgioglio davanti a un negozio di pashmine floreali, ha sempre trovato nella scrittura il rimedio più efficace contro gli errori della vita: scrivere significa pensare e pensare – purtroppo – non è da tutti. La musica ha sempre giocato un ruolo primario nella sua vita e scriverne è diventato presto un obiettivo da raggiungere. E se è vero che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, a lei non piace proprio tutto: è passata, negli anni, da grandi classici della scena Pop dell’adolescenza, al Rock degli anni ‘90, fino all’Hip Hop – che sin da bambina ha amato grazie alla danza. Autentica sostenitrice della morte dell’Indie, oggi non ha un genere preferito nonostante le statistiche di Spotify evidenzino una grande tendenza Pop.

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